Viva i cinesi!



Lo so. Avevo promesso di parlare della Cina e poi non l'ho più fatto.

Ormai è passato più di un mese dal ritorno e io mi sono persa fra Gandhi e Bombay, fra passato e futuro, nei meandri di una sensazione inespressa fra il sogno e il rimpianto. Ho fatto tutto da sola. D'altra parte, mica facile parlare della Cina, millenni di cultura e un miliardo di persone: dovrei aprire un altro blog per raccontare dei posti visti, degli incontri fatti.

Ora però mi sembra giunto il momento di parlarne, anche se solo per un breve e limitato contributo. Non voglio raccontare dei monumenti storici, dei musei, dei posti turistici che ho visitato, di cui si troveranno numerosi e migliori racconti in rete.

Parlo solo di loro: i cinesi. Parlare di loro si sposa anche benissimo con il ricordo di Gandhi, con il ricordo che tutti gli uomini, in tutto il mondo, sono uguali. Perché invece oggi ce l'hanno tutti con i cinesi, con un sottile e diffuso razzismo anti-cinese: cinesi che sfruttano i bambini, cinesi che pensano solo ai soldi, cinesi che taroccano tutto, cinesi che fanno concorrenza sleale e ci fanno perdere i nostri posti di lavoro, cinesi cattivi e da odiare (tutti!) perché se la prendono con i tibetani. Cinesi sempre chini sul lavoro, chiusi e insensibili. E anche antipatici.

Ma stando in mezzo a loro, ho imparato che questi sono tutti pregiuzi (che, lo ammetto, avevo anche io prima di partire, inconsapevolmente).

I cinesi sono come noi. Molto più simili a noi degli indiani, sicuramente.
Sono incredibilmente simpatici. Ma proprio simpatici, sempre pronti a festeggiare, a mangiare e bere insieme, a divertirsi, a cantare e ballare in compagnia. Sempre gentili e disponibili. Forse un po' timidi, all'inizio, con chi non parla la loro lingua, ma incredibilmente estroversi quando da entrambi i lati si capisce che la comunicazione non passa solo per l'inglese ma anche per altre forme.

Entusiasti di poter viaggiare e scoprire nuovi luoghi, città, montagne, culture diverse.
Sempre pronti a sorridere, sempre pronti a condividere.
Come noi. Forse molto più di noi.

Viva i cinesi.

Commenti

  1. Me ne vado via un attimo e tu finalmente sveli qualcosa della Cina... anzi dei cinesi...
    In effetti, se ci penso, è vero, anche io ho dei pregiuzi sui cinesi, anche se mi autodefinisco anti-razzista e super-tollerante...
    E' vero, solo viaggiando e conoscendo le persone, ci si rende conto di quanto tutti, nella diversità siamo esseri umani!

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  2. Molto interessante questa cosa che dici dei cinesi, che sono come noi, molto più simili a noi degli indiani.

    Ho sempre pensato tutto il contrario, e cioè che i cinesi fossero completamente diversi da noi e invece gli indiani molto più simili. Non sono mai stata né in Cina né in India, ma negli Stati Uniti, alle conferenze o nei laboratori, ho conosciuto diversi cinesi e indiani e questi ultimi mi sembravano più affini, un po' per l'aspetto fisico ovviamente, ma anche per l'approccio. I cinesi mi sembravano sempre dei robot. Ma erano cinesi e indiani americanizzati...

    Ma tu pensi che gli indiani sono così diversi da noi perché sono così spirituali, mentre i cinesi lo sono pochissimo?

    un abbraccio cris

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  3. Il discorso è lunghissimo... provo solo a mettere insieme alcune impressioni.
    Già da quando si atterra in India, per i primi giorni si ha la sensazione di essere atterrati su un altro pianeta, oppure che siano tutti pazzi. Ad arrivare in Cina non si ha questo effetto, ci sono diversità, ma ci si ritrova, il nostro mondo non viene messo in discussione.
    Non è solo la povertà (in India molto più diffusa e impressionante che in Cina), le mucche per la strada, la sensazione di anarchia.

    Il fatto è che la tradizione in India è molto più forte che in Cina
    e la società molto più rigida.
    Cose che a noi (e ai cinesi) sembrano normali, se le racconti in India, tutti sgranano gli occhi. Il fatto che uno possa essere figlio unico (mi hanno chiesto se uno dei miei genitori era morto o malato), che uno vada a visitare un paese straniero solo per il gusto di farlo, che uno quando si sposa viva con il proprio coniuge e figli ma non con i genitori (non dico poi vivere da solo, o da sola, pura pazzia!), che uno faccia dello sport, che uno esca con gli amici.

    Poi l'aspetto edonistico: ai cinesi (nonostante gli emigrati sembrino dei robot) piace molto tutto ciò che è divertimento, mangiare e bere in compagnia, giocare a carte. Gli indiani spesso vedono il divertimento come qualcosa di contaminante.

    Poi le donne: in India non si vedono quasi in giro, vestono quasi tutte in abiti tradizionali, stanno spesso fra loro, gli ambienti misti sono pochi, le amicizie fra uomini e donne sono rarissime. Le donne cinesi, anche nelle zone rurali, sono più emancipate, dai vestiti alle interazioni nella società.

    Non so se gli indiani, presi nella loro totalità, siano più spirituali. Alcuni lo sono, indubbiamente, ma quando si parla di grandi masse direi che sono più religiosi, piuttosto che spirituali.

    Ma forse tutto il succo è questo:
    gli indiani credono in un ordine prestabilito, in un dharma che è giusto e sacro preservare, accettare.
    I cinesi (come noi), al contrario, pensano che il valore del tutto stia proprio nell'intervento dell'uomo.

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  4. Perchè dici che le donne non si vedono quasi in giro in India? E' vero che gli ambienti misti non sono molti e che, comunque, tendenzialmente si mantiene una certa divisione, ma francamente ho sempre trovato indiane ovunque, per strada, nei mercati, nei negozi. Ne ho trovate poche a lavorare. Ad esempio nei mercati c'erano uomini a vendere e l'ho trovata una cosa strana. Però nei lavori edili sono quasi tutte donne, e nei lavori tessili, se chiedi, ti risponderanno che le donne che lavorano al telaio sono in stanze non esposte alla vista, ma ci sono. Questo soprattutto nel Nord. Nel Sud invece le ho viste ancora più libere. Probabilmente nel Nord la Tradizione Mughal e mussulmana è forte. Quanto al divertimento, bhè, mi è capitato spesso di trovare gente che danzava ovunque, appena si sentiva una musica, anche per strada e poi feste a ogni occasione e per qualunque ricorrenza.
    In Cina invece non sono stata e sono certa che il contatto con la popolazione sia molto diverso dalla impressione che la Cina dà nel suo modo di porsi nei confronti del mondo. Di fatto però, ho visto gli effetti deleteri della presenza cinese in molti luoghi. Ma il peggiore è in Birmania, dove la giunta militare è connivente con gli sfruttatori cinesi. Quello che accade lì di sicuro non può essere generalizzato, di sicuro i poveri contadini dello Yunnan non c'entrano nulla, ma ti assicuro che è suffciente vedere la povertà dei Birmani, le condizioni estreme in cui vivono, mentre cinesi senza scrupolo tagliano intere foreste di tek, facendo scempio del patrimonio naturale del Myanmar, così come sfruttano le miniere di Rubiland, oppure detengono il monopolio delle fonti energetiche alternative a quelle governative (ovviamente facendosele pagare), per non provare più alcuna simpatia.
    Certo che i cinesi ci assomigliano di più, ma non lo trovo un lato positivo. E' la autodistruzione della loro tradizione che li ha portati ad essere più simili a noi, più conformi allo schema, a noi tristemente noto,che consente i maggiori guadagni. Ma magari un giorno visiterò la Cina e cambierò idea... :)

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  5. Grazie mille per il tuo commento. E' molto bello poter scambiare idee ed opinione su questi temi che mi sono molto cari!

    Per quanto riguarda le donne, è vero, ci sono. Ma in molti luoghi (a parte quelli più femminili tipo i mercati) si nota proprio che la percentuale di donne rispetto agli uomini è molto meno del 50%: in molte strade (dove ci sono grandi compagnie di ragazzi e di uomini "a spasso" ma non di donne o miste), sui mezzi pubblici (a Mumbai sui treni locali c'è una carrozza per le donne e tutte le altre per gli uomini, ed è sufficiente), nei cinema, anche nelle università.
    In molte situazioni mi sono trovata a "contare" le donne: erano sempre meno degli uomini.
    Quando il mio amico in Kerala mi ha portato a fare il giro delle case di tutti i suoi amici, le mogli e le figlie femmine stavano in disparte, in un'altra stanza, mentre i figli maschi o gli altri parenti maschi invece partecipavano all'incontro. Ci sono, ma stanno più in casa, vanno meno in giro, sono più nascoste.
    In Cina invece le vedi ovunque, anche di sera, la percentuale in ogni luogo è del 50%.

    Per quanto riguarda il divertimento, è vero che in India ci sono grandi occasioni (festival, matrimoni) in cui divertirsi. Però ci sono dei limiti, per esempio non è usuale fare delle grandi cene dove ci si ingozza o si beve, almeno non al di fuori dei momenti prestabiliti.

    In Cina alla sera c'è la coda per andare al ristorante a mangiare con gli amici (in particolare la loro cultura del cibo è fortissima, un po' come per noi italiani), certe strade sono piene di bar e ristoranti all'aperto dove si passano le serate, spesso cantando e facendo casino. Non sono feste o ricorrenze, è proprio ogni sera così.
    In India questo non succede e spesso la parola "bar" è sinonimo di luogo peccaminoso per alcolizzati.
    Poi c'è gente che gioca per strade a tutte le ore, ogni giorno (ma proprio ogni giorno!) ho visto gente ballare in cerchio in occasioni diverse.
    Mi ha molto sorpreso questa cosa, perché non me l'aspettavo affatto. Sono un popolo veramente gioioso, molto più degli indiani, nonostante l'immagine che abbiamo sia tutta l'opposto.

    Capisco quello che dici sul fatto dello sfruttamente cinese in molti posti. Però non giudico una popolazione dalle scelte del suo governo (fra l'altro non eletto!), anche perché se no ben pochi popoli sulla terra si salverebbero.
    I cinesi in Cina non ne sanno mezza della Birmania o del Tibet.

    Anche io avevo questa immagine negativa dei cinesi tutti volti al profitto e al guadagno, ma quando li incontri personalmente ti assicuro che non è così.
    Ma non li vedo uguali a noi solo perché mirano al profitto, ma per questa maggiore importanza che danno alla centralità dell'uomo, al costruirsi il proprio destino con le proprie mani (di cui il guadagno può anche essere una conseguenza, ma non si riduce tutto a quello).

    Riguardo alla tradizione, non è detto che la tradizione sia sempre meglio (per esempio soprattutto per le donne).
    In molti (amici, conoscenti) dicono che le tradizioni indiane sono una cosa positiva, ma poi nessuno andrebbe a vivere in India secondo i loro schemi tradizionali...

    Ci vorrebbe forse un compromesso, una via diversa, ma non penso che tutto il negativo sia da una parte e tutto il positivo dall'altra (lo so, neanche te), ma spesso è difficile trovare chi non sia schierato o tutto di là o tutto di qua...

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  6. Come ti ho detto, sono sicura che l'incontro con un popolo ti mette in contatto anche con il lato migliore. Io che mi lascio sempre incantare dalle immagini, guardo le foto dello Yunnan e mi immagino che meraviglia deve essere e sono certa che se ci andassi mi innamorerei del poto e della gente. Però... lo sfruttamento cinese in Birmania non dipende dal governo non eletto cinese, ma da privati e spregiudicati opportunisti che trafficano con la Giunta Birmana. E così per il resto, elettricità, gioiellerie, ristoranti... Sono persone e non "il governo cinese". Se questo fosse un caso paricolare potrei pensare che non si può fare di tutta l'erba un fascio, ma non è particolare affatto. Insomma, in troppi casi, in troppe situazione, l'autorealizzazione passa attraverso la soppressione degli ostacoli, senza troppi dubbi morali. Ma questo forse è tipico di molte persone anche in altre popolazioni. Io però credo che l'accentuarsi dello spirito laico, della sitematica distruzione delle proprie radici storiche avvenuta negli anni passati in Cina, ha acuito certi aspetti. Magari il passaggio dalla povertà alla possibilità di "soldi facili" elimina alla svelta gli scurpoli morali e noi, laici, industrializzati da secoli, con una cultura del tutto diversa, non siamo forse nelle migliori condizioni per capire (capire, anche se non approvare).

    Quanto alle donne indiane, non mi è mai capitato di trovarmi in situazioni come quelle che dici. Certo, non sono andata al cinema, visto che l'Hindi non lo conosco e il mio inglese è pessimo. Però non ho mai notato tutta questa differenza numerica. Anzi, sono stata accolta in case dove le donne erano in prevalenza e tutte presenti e curiosissime. Rigordo un famoso posto a Jodpur dove si va a bere il Machania Lassi dove c'erano compagnie intere di donne a mangaire quel lassi libidinoso. E' vero però che c'era anche la saletta per le signore. Di sicuro, comunque, la tradizione è decisamente contro di loro e sicuramente fanno fatica a fare quello che fanno gli uomini.

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  7. Quando ho scritto dei cinesi parlando di autodistruzione delle loro tradizioni, non intendevo che la tradizione sia sempre ed a priori il meglio. Di sicuro certe tradizioni indiane sono abominii: la sati o la condizione in cui vivono le vedove sono ricordi solo fino ad un certo punto, dal momento chel'ultima sati non è poi così lontana nel tempo e le comunità di vedove le ho viste io stessa. Ma l'abbandono di certe tradizioni deve essere, credo, graduale e spontaneo, deve essere il frutto della evoluzione di un popolo e in questo l'India è forse un esempio, erchè riesce a restare fedele a sè stessa nonostante la graduale avanzata del progresso. Quello che è successo in Cina è stato un taglio netto delle radici e della cultura. E lo stesso trattamento lo sta ora subendo il Tibet come anche altre regioni cinesi di minoranze etniche. Questo non dipende dai singoli di sicuro, ma dai governi. Però le conseguenze di questa violenta eradicazione, alla fine sono i singoli che le subiscono e le pagano. Detto questo, ripeto, non ho dubbi che il tuo incontro con questo popolo sia stato sicuramente positivo.

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  8. Cara Luisa,
    sì, è vero, sono poi sempre i singoli a mettere in pratica atti di sfruttamento, ma io penso che spesso siano facilitati dalle condizioni create dalle situazioni o alla politica.
    Non credo che i cinesi siano più pronti a sfruttare gli altri di quanto non lo siano altri popoli. Probabilmente adesso sono solo nella situazione migliore per farlo (dovuta alla loro politica, economia e a quello che si trovano attorno).
    Penso anche che spesso la tradizione per molti sia stata sinonimo di sfruttamento come lo è adesso lo sviluppo enomico (i proprietari terrieri che facevano morire di fame i contadini...), al di là dei valori.
    Solo che i mezzi erano minori (e noi non conoscevamo per niente la Cina), allora forse sembrava che sfruttassero meno.

    E' vero per esempio che stanno distruggendo la cultura tibetana (a cui fra l'altro sono molto legata dopo un viaggio in Ladakh). Però è anche vero che mi sono commossa durante la visita a un monastero tibetano a Shangri La in Yunnan: ero con un gruppo di 10 turisti cinesi con cui dividevo un pulmino e durante la visita loro erano ancora più commossi di me nel vedere le preghiere e i monaci pregare, hanno acceso candele e fatto offerte, si sono messi a pregare davanti alle statue di Buddha, restando assorti in meditazione, sembravano rapiti spiritualmente, facevano domande ai monaci sulle loro scritture.
    Ci sono i singoli che sfruttano e ci sono i singoli che rispettano, e sono tutti cinesi.

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  9. Per quanto riguarda le donne in India, è vero che io sono sempre stata accompagnata da vari amici indiani, tutti maschi, e quindi sono spesso finita in situazioni "maschili" (ma non erano cose strane, erano solo luoghi che qui sarebbero stati "unisex").
    Le donne mi hanno accolto in casa solo quando ero da sola e non c'erano uomini con me: in quel caso mi è sembrato invece che fossero gli uomini a dover restare fuori.
    Sicuramente direi che i luoghi "misti" sono veramente rari, così come anche i contatti e le amicizie.

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