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Visualizzazione dei post da novembre, 2008

Parole per Mumbai

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In questi giorni di attentati a Mumbai si è tanto parlato di India che a me invece sono mancate le parole. Ho provato a cercarle, fra gli articoli dei giornali, fra i blog indiani, fra le email di chi, da laggiù, mi ha scritto. Non ho trovato parole da fare mie. Eppure ce n'erano tante, di parole. A volte forse troppe, e inevitabilmente confuse. Le ho cercate fra i miei ricordi, fra le strade di Mumbai della mia memoria. Fra i miei diari di viaggio di un anno fa. Le ho cercate ancora di più nel libro che sto leggendo in questi giorni, La morte di Vishnu di Manil Suri, ambientato proprio in un caseggiato di Mumbai, dove convivono famiglie di religioni diverse. E dove ogni scusa è buona per ribadire che io sono musulmano e tu indù, dove ogni scusa è buona per sfociare in un conflitto. Le ho cercate, elemosinandole dai libri, dalle interviste, dai video, dai racconti dei giornalisti. Non ne ho trovate. Non ce n'è, almeno per me. Come non ce n'è ogni volta che simili

River to river: chi viene?

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Il weekend del 6 e 7 dicembre sarò a Firenze al River to River , festival di cinema indiano. Non vedo l'ora di andarci per due motivi: 1. per cercare di rimediare in qualche modo alla mia abissale ignoranza riguardo al cinema indiano; 2. per incontrare alcune persone che ho conosciuto virtualmente tramite questo blog o tramite email e che, come per magia, si ritrovano tutte a Firenze per il festival. Al momento, il secondo motivo sta superando ampiamente il primo. Non avrei mai immaginato che tutto questo scrivere potesse avere un riscontro reale, non avrei mai immaginato di uscire dalla tastiera e dallo schermo. Non che non creda nel potere di internet, anzi, il mio legame con l'India e con la letteratura indiana è nato proprio da un'email (prima o poi mi devo decidere a raccontare per filo e per segno questa storia, ma ci vorrebbe un romanzo...). Però non avrei mai immaginato di conoscere persone con questo mio stesso interesse e di poterle incontrare, tutte ins

I figli della mezzanotte sullo schermo

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Ho or ora appreso che il mio romanzo preferito, I figli della mezzanotte , diventerà un film, o almeno così è nelle intenzioni del suo autore e di Deepa Mehta, la regista indo-canadese della trilogia Earth, Fire, Water . Complice una cena fra i due a Toronto. Rushdie parteciperà alla sceneggiatura (mi sembra il minimo) e anche come interprete (l'andrò a vedere solo per questo motivo). Comunque fino al 2010 non se ne parla. Non ho la più pallida idea di come un romanzo così complesso, lungo, intricato, sovrabbondante e suggestivo possa essere reso sullo schermo. Di fronte a questa obiezione Deepa Mehta ha sottolineato che anche dalle mille pagine di Guerra e pace è stato tratto un film. Il ragionamento in effetti non fa una piega. Ma a me, che mi sono persa fra le 600 pagine dei Figli della mezzanotte , che ci ho fantasticato, sofferto, amato, sognato fino in fondo all'anima, il dubbio resta.

Lo specchio si fa verde a primavera

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di Selina Sen Prima di iniziarlo a leggere, di questo libro mi avevano suggestionato il titolo (preso in prestito da una poesia) e la quarta di copertina che parlava dell'ambientazione a Delhi durante le sommosse anti-sikh del 1984. Storicamente, le sommosse seguirono all'assasinio di Indira Gandhi, uccisa da due delle sue guardie del corpo sikh, che vendicavano la strage di Amritsar (confesso che ho una certa simpatia nei confronti dei sikh, nata da un fantastico incontro in India...). Mi suggestionava anche l'idea della storia di una famiglia di esuli bengalesi, scappati dal loro amato Bengala dopo la Partizione. Sono partita quindi con l'idea di un romanzo storico o vagamente tale. Non è così e devo ammettere che questa storia mi ha un po' deluso. La vicenda è incentrata su una famiglia di quattro donne: la nonna Dida, energica e comprensiva, le due sorelle Sonali e Chhobi, una tutta timida, l'altra tutta esuberante, e la madre, tutta vedova e malinconi

Il tappeto rosso

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Storie di Bangalore di Lavanya Sankaran In questi racconti ambientati a Bangalore, capitale del sof tware mondiale, Silicon Valley dell'India e mecca indiana dei lavori hi-tech, si respira aria di party alla moda, di software, di copywriting, di informatica, di inglese con accento e slang americani, di consulenza finanziaria, di automobili nuove e luccicanti e di lavoro per (e, idealmente, come) gli americani. C'è chi arriva da tutta l'India per lavorare nella nuova e moderna Bangalore. Ma accanto al nuovo che avanza è rimasta però anche l'India tradizionale, quella delle case fatiscenti, dei bramini che rispettano le regole castali, dei matrimoni combinati, delle madri, degli autisti dei nuovi ricchi, degli anziani vicini di casa. Di chi a Bangalore ci è nato, prima di internet e dei computer, di chi non ha mandato curriculum e fatto corsi di ingegneria informatica per approdarvi. L'aspetto più interessante di questi racconti è proprio il contras

Eredi della sconfitta

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di Kiran Desai Kiran Desai l'ho conosciuta (letterariamente) in Inghilterra nel 2002, in una libreri a dove ho trovato, appena pubblicato, il suo primo romanzo La mia nuova vita sugli alberi . Il libretto non era un capolavoro, ma era simpatico e carino e ne avevo proposto una recensione a un sito su cui scrivevo, ma la titolare del sito mi aveva risposto che era un'autrice troppo sconosciuta e quindi non valeva la pena recensirla. Se avesse saputo che avrebbe vinto il Booker Prize pochi anni dopo, forse l'avrebbe recensita con molto piacere (l'ho sempre detto, dovrei fare la talent scout, ma nessuno mi considera...). Poi l'ho conosciuta al festival di Mantova (di persona), ma l'ho vista subito dopo Vikram Chandra e, poverina, non ha retto neanche lontanamente il paragone con il mio idolo letterario. L'ho poi rincontrata a Shanghai (questa volta di nuovo letterariamente), in una libreria internazionale dove cercavo disperatamente un libro per affr

La Tigre Bianca, letto da Roberto

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Non sono ancora riuscita a entrare in possesso della Tigre Bianca di Aravind Adiga. Però ho ricevuto un'email, scritta a caldo subito dopo la lettura, da Roberto , un caro amico "di penna" con cui condivido il folle amore per l'India, che è stato più veloce di me a leggere il libro e più bravo a scriverne. Mi ha terribilmente invogliato a leggerlo. Eccola qui. Carissima Silvia, ho appena finito di leggere La Tigre Bianca. E' un libro duro, per stomachi forti, che effettivamente avvince quelli, come noi, che conoscono i luoghi dove si svolgono i fatti del romanzo e che hanno vissuto le stesse esperienze a Bangalore o a Delhi. L'endemica sporcizia, le fogne a cielo aperto, le baraccopoli, e tutte le altre cose che ormai associamo all'India come cose scontate, naturali e folcloristiche; però non ci si può rassegnare anche alla corruzione dei politici e della polizia e se ne rende conto il protagonista del libro, la Tigre bianca. Colpevole di un