Il caso dei manghi esplosivi

di Mohammed Hanif

Avvincente. Fino dalle prime pagine, fin dalla copertina. Ed esplosivo. Tanto che, nonostante mi fossi imposta di staccare completamente dai libri indiani (e pakistani) almeno per le ferie estive, quando ho visto A case of exploding mangoes in una libreria indonesiana, non ho saputo resistere e l'ho subito comprato.

Anche se la regola d'oro (anche questa auto-imposta con scarsi risultati) mi impone di evitare libri con le parole "odori e colori", "spezie", "matrimonio combinato", "mango", non dico in quarta di copertina ma almeno del titolo, ho pensato che se i manghi erano esplosivi forse un'eccezione alla regola si poteva anche fare.

Non sarà un capolavoro immortale della letteratura, ma Il caso dei manghi esplosivi è uno di quei libri ben scritti, ben costruiti, con intelligenza e sarcasmo, che sono difficili da abbandonare, che si leggono tutti d'un fiato e che poi si ricordano per un po' (tanto per dirne uno, un po' come Le dodici domande, che non a caso gli stava proprio accanto in libreria).

Fin dalla prima pagina non vediamo l'ora di scoprire che cosa lega il protagonista Ali Shigri, giovane sottoufficiale dell'esercito, al Generale Zia, presidente (dittatore) del Pakistan e all'incidente aereo che ne causò la morte il 17 agosto 1988.
Lo scopriamo a poco a poco, come in un conto alla rovescia, seguendo le vicende alterne del generale e quelle di Ali, alle prese con interrogatori, accuse e reclusioni in prigioni di massima sicurezza in seguito alla scomparsa del suo amico di accademia Obaid.

Contraddittoria e grottesca, emerge la figura del dittatore, alle prese con la stampa straniera, con le paranoie sulla sua sicurezza personale da Codice Rosso, la lapidazione di una donna cieca, i vermi nell'intestino, con la stretta alleanza con l'ambasciatore americano per "liberare l'Afganistan" dall'invasione russa e poter così aspirare al Nobel, con le sue cinque preghiere giornaliere e una nazione che non conosce e che, minacciosa, gli è distante e ostile.

Entriamo così nel mondo militare pakistano, che evidentemente l'autore conosce di persona (prima di diventare giornalista era un ufficiale dell'aeronautica), e seguiamo la farsa recitata ogni giorno dal dittatore e dai suoi generali, scoprendo che "gli altri Paesi hanno un esercito, mentre l'esercito pakistano ha un Paese".

Il tutto con ironia e spirito provocatorio e, come ci aspettavamo, con un finale esplosivo.

Commenti

  1. La tua libreria indonesina è molto meglio della libreria di lingue di Ca' Foscari, che in inglese non aveva nessuno dei due titoli. Hanno fatto uno scaffalino con tutti i libri "indiani" in italiano e poi in inglese non hanno quasi niente.

    Comunque conconrdo con tutto quello che hai scritto su "A Case of Exploding Mangoes". Avvincente, un po' strano, sicuramente da leggere.

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  2. Non c'entra niente con i manghi esposivi, ma ci sono questi due articoli sul La Stampa di oggi, uno è un'intervista a Vikas Swarup e l'altro è una recensione di un libro giallo scritto da un inglese e ha per protagonista un investigatore indiano (se è sul genere di Alexander McCall Smith è poco pretenzioso ma carino). Enjoy!

    http://www.lastampa.it/_settimanali/ttL/default_pdf.asp?pdf=3

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  3. C'è da dire che il resto dei libri presenti non era propriamente all'altezza: best-seller indonesiani che dalla copertina non promettevano niente di buono!
    Fra l'altro, ho notato che il libro di Swarup non si chiamava più "Q&A", ma "Slumdog millionaire (first published as Q&A)": che sia ben chiaro che è proprio quello del film!

    Grazie per gli articoli: attendo il nuovo romanzo di Swarup e sembra interessante anche l'altro (anche se di Alexander McCall Smith non ho letto niente e quindi non ho il termine di paragone, ma sembra carino)!

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  4. ciao, ho trovato il tuo blog per caso perchè, come te, sono un'assidua lettrice di letteratura indiana. mi fa piacere leggere che altri abbiano i miei stessi interessi. quando si pensa alla letteratura indiana i più pensano a Bolliwood e ciò è deprimente. L'India è ben atro.
    Il caso dei manghi esplosivi l'ho letto in italiano. credo che sia utile per capire la storia recente del Pakistan, spessa posto in secondo piano rispetto all'Afghanistan e il terrorismo islamico.
    complimenti ancora per il blog, ti verrò spesso a trovare
    Sonia da Venezia

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  5. Ehi, Sonia da Venezia! Anch'io sono un'assidua lettrice di letterata indiana (più o meno) e siamo vicine geograficamente perché sono di Treviso (e in questo periodo sto cercando casa a Venezia). E' bello sapere che c'è qualcun'altro a cui piaccia questa letteratura "altra" nella zona!

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  6. cara stefania, scusaSilvia se mi permetto, avevo letto che sei in zona. si, è bello sapere che qualcuno ama intensamente l'india....in queste zone non è poi così difficile dai.
    a presto
    sonia, Venezia

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  7. Ciao Sonia, benvenuta da queste parti, torna a trovarci: è bello poter condividere questa passione indiana con qualcuno!

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  8. Anche io, pur non essendo una estimatrice della letteratura asiatica in particolare, ho letto "Il caso dei manchi esplosivi" attratta da una recensione favorevole pubblicata sulla rivista "Internazionale", e non sono rimasta delusa. L'ho letteralmente divorato e l'ho consigliato a tutti i mie amici. Per quanto riguarda Alexander McCall Smith, trovo i suoi libri (la "saga" della prima ed unica detective donna del Botswana, precious Ramotzwe) piacevoli e ben scritti, percui non posso far altro che consigliarveli, anche se non abbiano veramente niente a che fare con i manghi esplosivi: tutt'altro genere. LAURA

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  9. Ciao Laura!
    I manghi esplosivi si fanno proprio divorare, una pagina tira l'altra!
    Magari può essere un punto di partenza per appassionarti alla letteratura del subcontinente, chissà.

    Il libro di cui parlava Stefania che assomiglia (forse) a Alexander McCall Smith è "Vish Puri e il caso della domestica scomparsa" di Tarquin Hall.

    Ho capito, comunque, mi devo leggere Alexander McCall Smith... (ma ho un po' paura che non sia il mio genere...)

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  10. Questi manghi mi sono piaciuti parecchio. Lo stile è accattivante e ironico. La colorita ricostruzione della misteriosa morte del generale Zia è davvero ben congegnata. Il dittatore pakistano mi ha ricordato la figura del "patriarca" di Marquez e sarebbe stato interpretato perfettamente da Peter Sellers.
    Bellissima la scena finale dove assassini ed assassinati condividono la stessa morte.

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  11. Ciao Graziano,
    in questi manghi ci sono trovate geniali, e poi la storia scorre che è un piacere...
    Anche a me ha ricordato L'autunno del patriarca, nella solitudine e paranoia dell'uomo dedito al potere personale. (e Peter Sellers ce l'avrei visto bene anche io!)

    A proposito di Zia, recentemente ho visto il film documentario "Bhutto", che è estremamente elogiativo di Benariz Bhutto, ma per lo meno si vede un po' di storia del Pakistan con tanto materiale video originale, compreso anche il nostro patriarca pakistano.
    (si parla anche della cassa di manghi... fra l'altro, nel titolo inglese "A case of exploding mangoes", case può anche stare per "cassa, contenitore"!).

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  12. Cara Silvia, avevo comprato questo libro anni fa, grazie al tuo blog, e l'ho letto adesso. Mi riconosco nella tua recensione e anche io l'ho apprezzato. Per il resto mi piace tornare ogni tanto su queste pagine e rileggere i tuoi vecchi post... ma sono anche curioso di sapere come continuano le tue letture indiane. Un saluto

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  13. Caro Gianni, è sempre un piacere ricevere un tuo commento!
    Mi fa piacere che i manghi esplosivi ti siano piaciuti!
    Purtroppo è da un po' che non aggiorno il blog: le mie letture indiane in realtà procedono, anche se a ritmo più lento. Al momento tutte le mie energie scribacchine sono concentrate su un nuovo progetto, molto più locale e meno esotico dell'India... ma vi farò sapere presto!
    Un carissimo saluto anche a te!

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    1. Sono felice di sapere che le tue letture indiane procedono. Prima o poi sono sicuro che arriveranno anche i tuoi post su questo blog. E sarà un piacere.

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