Post

Visualizzazione dei post da 2010

AIDS Sutra

Immagine
In questa antologia 16 autori indiani (o di origini indiane o affini) raccontano i molti volti della diffusione dell'Aids in India, che, inizialmente negata, sta ora espandendosi con preoccupante rapidità.  L'antologia è stata realizzata in collaborazione con Avahan , il progetto della Fondazione Bill & Melinda Gates (su cui ho sentito dire tutto e il contrario di tutto) che si occupa di prevenzione dell'Aids in India. Sono 16 saggi che ci portano a conoscere diverse comunità, la maggior parte "ad alto rischio", in diverse zone dell'India: da Bangalore a Calcutta, dall'Andhra Pradesh al Manipur. Kiran Desai ci porta nei villaggi di prostitute nell'Andhra Pradesh (uno degli stati a più alta diffusione dell'Aids), Salman Rushdie fra gli hijra (diciamo "transessuali" - semplificando molto) di Bombay, Sunil Gangopadhyay nei bordelli di Calcutta dove si rifugiava da giovane con gli amici per bere whisky di nascosto, William Dalrymple

Days and nights in the forest (Aranyer Din Ratri)

Immagine
di Sunil Gangopadhyay Il film di Satyajit Ray Days and nights in the forest proiettato la scorsa settimana al River to River è capitato proprio a fagiolo, visto che ho appena finito il bel romanzo da cui è stato tratto. Days and nights in the forest ( Aranyer Din Ratri ), scritto in bengali nel 1968 e tradotto solo ora in inglese, è il secondo romanzo di Sunil Gangopadhyay, scrittore e poeta osannatissimo in Bengala ma poco conosciuto da queste parti. Sunil Gangopadhyay è nato nel 1934 in un villaggio che oggi sta in Bangladesh e vive a Calcutta. Ha iniziato soprattutto come poeta fondando la rivista letteraria Krittibas , ma ha scritto poi anche decine di romanzi, vincendo il Sahitya Akademi Award nel 1985 per il romanzo storico Those days ( Sei Samay ), e oggi è il presitente della Sahitya Akademi (la rinomata accademia letteraria indiana). Chi è stato al Salone del Libro di Torino, lo ricorderà a presentare le letterature in lingue indiane e a recitare le sue poesie. Recen

Di ritorno dal River to River, 2010

Eccomi di ritorno dal weekend fiorentino trascorso al River to River , il bellissimo festival di cinema indiano. Molto belli i film di Satyajit Ray, il regista bengalese su cui quest'anno è incentrata la retrospettiva. Per me il suo capolavoro resta sempre la Trilogia di Apu , ma i tre film che ho visto al festival sono ugualmente memorabili, peccato non poter vedere anche The chess players che verrà proiettato mercoledì. Il primo dei tre, Charulata ( The lonely wife ), è la storia di Charu, una moglie sempre troppo sola, dedita alla lettura e al ricamo, che osserva il mondo con i suoi binocoli da dietro alla finestra. L'arrivo del cugino del marito sconvolgerà in modo sottile l'atmosfera familiare e le dinamiche fra i membri della famiglia. Jalsaghar ( The Music Room ), il film che mi ha più emozionato, descrive invece la passione per la musica di un proprietario terriero: nonostante ormai la sua proprietà stia ormai cadendo a pezzi, la sua famiglia sia distrutta e s

Aftertaste

Immagine
di Namita Devidayal È tutta una questione di soldi Non so se questo libro sia poi diventato un bestseller. Nelle librerie di romanzi in lingua inglese, questa estate a Mumbai come bestseller troneggiavano i libri di Chetan Bagat, ma Aftertaste è stato sicuramente il libro più venduto durante le ore che io ho passato a spulciare le pile orizzontali di libri della Strand Book Stall , tanto che il commesso continuava a portarne nuove copie giù dalle scale e che alla fine l'ho comprato anche io. Aftertaste è il secondo libro di Namita Devidayal, autrice della Stanza della musica . Non è (ancora) stato tradotto in italiano ed è molto diverso dal primo: La stanza della musica era un libro a metà fra autobiografia e reportage sulla storia della musica, fatto di magica intimità e di canto sublime, Aftertaste è un romanzo vero e proprio, che descrive le relazioni, tutte basate sui soldi, di una famiglia indiana benestante.  Si apre in una stanza di ospedale nel 1984, durante Diwal

River to River 2010

Immagine
Anche quest'anno sarò per due giorni al River to river , il festival di cinema indiano che si tiene a Firenze dal 3 al 9 dicembre. Spero sia l'occasione per rivedere gli amici appassionati d'India che ho conosciuto negli ultimi due anni e per conoscerne nuovi. Il programma è sul sito del Festival e quest'anno la retrospettiva è su Satyajit Ray, il grande regista bengalese: scelta molto gradita, visto che ho ancora il Bengala nel cuore e che sto leggendo alcuni libri da cui i suoi film sono stati tratti. Dei film di Satyajit Ray proiettati a Firenze, per esempio, Aranyer Din Ratri ( Days and nights in the forest ) è tratto dal romanzo omonimo di Sunil Gangopadhyay, rinomatissimo autore bengalese che forse alcuni di voi hanno conosciuto al Salone di Torino. Jalsaghar ( The Music Room ) viene da un romanzo di Tarasankar Bandyopadhyay (1898-1971) e Charulata ( The lonely wife ) da Nashtaneer , un racconto di Tagore ora tradotto in inglese e in uscita in In

Le ragnatele di Bombay

Immagine
Agosto 2010: Bombay, Mumbai. Erano un po' che non tornavo. La volta scorsa, prima di partire, avevo letto qualche libro, soprattutto Maximum city di Suketu Mehta, per farmi un'idea della città. Ero partita per andare a insegnare ai bambini degli slum, con Akanksha , una associazione indiana che segue progetti scolastici per l'infanzia. E così, avevo visto soprattutto baraccopoli e povertà urbana, perché era quello che dovevo vedere.  Avevo visto anche mercati, vicoli, ristornati, spiagge, grattacieli, templi, moschee, scrosci di monsone, musei, banche, cavalcavia, librerie, corvi, treni affollati e tutte le mille e una meraviglie che si possono vedere a Bombay. Nel frattempo, fra una visita e l'altra, ho letto altri libri, sempre con le strade di Bombay bene impresse in mente. Primo fra tutti, Giochi sacri (" epico nella sua ampiezza e definitivo nella sua precisione ", scrive qui un entusiasta Altaf Tyrewala che si è convinto a leggerlo su un

Tagore e i Baul

Immagine
"Mi accadde un giorno di ascoltare il canto di un mendicante appartenente alla setta bengalese dei Baul. Ciò che mi colpì nel semplice canto di quel mendicante fu la religiosità che esprimeva, né grossolanamente concreta per l'eccesso di crudi dettagli realistici, né resa metafisica da una troppo rarefatta trascendenza.  Inoltre quel canto era vivo di una amicizia sincera. Esso parla dell'intenso desiderio del cuore per quanto di divino risiede nell'Uomo e non nel tempio, in scritture, immagini e simboli. Il credente rivolge il suo canto all'Uomo ideale dicendo: Templi e moschee ti sbarrano il cammino, ed io non posso udire il tuo richiamo, e non mi posso muovere, quando maestri e preti stanno rabbiosi tutti intorno a me. Egli non segue alcuna tradizione cerimoniale, piuttosto crede semplicemente all'amore. Secondo lui L'amore è pietra magica, che muta col suo tocco la brama in sacrificio. E prosegue: A causa dell'amore vuol far

Una stanza, una sera, a Calcutta

Immagine
A Calcutta dormivo in una stanzetta al secondo piano della casa di Dhananjay Ghosal , il poeta bengalese che mi ha molto gentilmente ospitato nella sua città e nel suo mondo. Mi facevano compagnia libri, riviste, i mille fogli e manoscritti di Dhananjay, e la statua di Saraswati, la dea delle arti. Mentre dormivo sotto la zanzariera, mi guardavano da un quadro appeso al muro anche Einstein e Tagore, immortalati insieme in una famosa foto scattata nel 1930 in Germania, dove i due premi Nobel si incontrarono per discutere di fisica, filosofia, religione e musica. Trovare questa foto - a cui sono molto affezionata - nella "mia" stanza a Calcutta è stato per me, una fisica appassionata di letteratura indiana, il massimo della vita. Solo l'ultima sera trascorsa a Calcutta, ho scoperto che quella stanza, oltre a essere lo studio di Dhananjay, è anche qualcosa di più: è il luogo di incontro per vere e proprie serate letterarie. Mi sono ritrovata in mezzo a vari amici poeti,

I giorni dell'amore e della guerra

Immagine
di Tahmima Anam Era da un po' che avevo visto questo libro in libreria, ma il titolo terribile, la copertina rosa (non la foto in sé, che era bellissima) e la frase " la battaglia di una madre per salvare i propri figli " mi avevano finora intimorita. Poi ho scoperto che il titolo originale è A golden age e che è uno dei pochi romanzi in lingua inglese scritti da autori originari del Bangladesh (anche se Anam Tahima, nata a Dacca, ha studiato all'estero e vive a Londra). Non che ci tenga che sia in inglese, mi andrebbe bene - anzi meglio - anche una traduzione dal bengali, ma ce ne fossero... Il romanzo è ambientato nel 1971, durante la sanguinosa guerra di liberazione che ha portato alla creazione dello stato del Bangladesh. Prima di quell'anno, come effetto della Partizione del 1947, il Pakistan era formato da due entità territoriali distinte, il Pakistan Occidentale (cioè il Pakistan odierno) e quello Orientale (cioè l'attuale Bangla

Omaggio a Mahasweta Devi

Immagine
Proprio nei giorni scorsi, a proposito di scrittori che scrivono in bengali, si parlava qui sul blog di Mahasweta Devi. Delle sue storie, dure e spietate, avevo raccontato anche qui qualche anno fa. Ricevo oggi quest'invito per un pomeriggio di fine ottobre a Roma con la grande scrittrice.  Purtroppo io non potrò andare, ma inoltro volentieri per tutti quelli che vorranno conoscere Mahasweta Devi e il mondo che lei racconta. Sabato 30 ottobre, alla Casa internazionale delle donne ore 16.30, Sala Tosi, Via della Lungara, 19 - Roma Mahasweta Devi, scrittrice e attivista sociale, da oltre mezzo secolo combatte, con l’attenzione, la trasmissione e il racconto, contro le violenze di cui sono oggetto soprattutto le donne delle popolazioni tribali dell’India, gli adivasi . Devi, di cui in Italia conosciamo La preda e altri racconti , La cattura , Invisibili e La trilogia del seno , usa la memoria e l’infinita ricchezza delle lingue del subcontinente per rendere v

Killing the water

Immagine
di  Mahmud Rahman Più acqua che terra Più acqua che terra: così appare il Paese di origine di Mahmud Rahman, visto dall'alto, dall'aereo che lo riporta a casa, a Dacca. Un labirinto grigio-blu di fiumi zigzaganti in mezzo a un mosaico di campi verdi. Eppure proprio quell'acqua, fonte di vita come una madre, come le madri e le donne di queste storie, viene maltrattata e uccisa, come suggerisce il racconto che dà il titolo al libro. Mahmud Rahman è un autore nato a Dacca nel 1953, rifugiato a Calcutta durante la guerra del 1971 e poi emigrato negli Stati Uniti. Killing the water è il suo primo libro, scritto in lingua inglese, per il momento pubblicato solo in India e nel subcontinente. Ed è il primo libro del mio viaggio alla scoperta del Bangladesh.  In questi racconti, l'immagine del Bangladesh e dei suoi abitanti rispecchia quella delle sue acque: liquida, mutevole, sempre in divenire, sempre in esilio nella propria terra, intrisa di separazioni e

Il Bangladesh al di là del fiume

Immagine
Taki è una piccola città indiana sull'Ichamati, il fiume che segna il confine fra India e Bangladesh. In sé non ha vere e proprie attrazioni turistiche, ma visitarla con Pradeep, un pittore amico di Dhananjay, è stata un'esperienza memorabile, alla scoperta del busto di Chandra Ray (lo scienziato bengalese), del crematorio e dei chioschi di chai, della scuola dove tutti mi chiedono se per favore possiamo parlare per 5 minuti in inglese, delle barche di pescatori lungo il fiume. Per poi addentrarci nei dintorni: rurali, verdissimi e poveri, dove piccoli tempietti dedicati a Kali e a Durga spuntano come funghi sotto gli altalenanti scrosci del monsone, e dove gli uomini si lavano nella fitta ragnatela di ruscelli che imprigiona e nutre la vegetazione. Per chi l'ha visto, sembra di essere dentro Pather Panchali , lo splendido film di Satyajit Ray (e per chi non l'ha visto, consiglierei di farlo - intanto mi sto leggendo il libro). Per Pradeep quest

Baulsphere

Immagine
di Mimlu Sen Parigi, 1982. Mimlu Sen, l'autrice di questo libro, assiste al concerto di un gruppo di Baul, i menestrelli bengalesi approdati per quell'occasione fino alla capitale francese. La loro musica è per lei quasi magnetica: quelle canzoni la riportano immediatamente alle sue origini indiane, alla casa natale di Shillong quando sua madre le cantava le stesse melodie, a tutto il mondo bengalese che si è lasciata alle spalle per vivere una vita diversa e anticonformista a Parigi. E' da qual momento che inizia il suo viaggio nel mondo di questi menestrelli vagabondi e liberi come il vento, a fianco di Paban, uno dei musicisti conosciuti a Parigi. Un viaggio che durerà per il resto della sua vita e la porterà in giro per il Bengala rurale, seguendo festival religiosi, fiere agricole e visite agli ashram, sulle orme erranti della musica dei Baul. La narrazione che esplora il mondo dei Baul attraverso le esperienze personali ricorda alla lontana La stanza della mus

Una sera nel mondo dei Baul

Come il suono del violino. Lirico e struggente, malinconico, mistico, classico e notturno. Ma che quando vuole diventa folk, gitano, scanzonato e un po’ pazzerello. Musicalmente non ha niente a che fare con il violino, che è solamente una metafora, ma la musica che ho sentito cantare da un Baul (menestrello bengalese) mi ha ricordato, nell’anima, quella di un violino. Folle e lirico, popolare e mistico. E’ notte fonda quando arriviamo con Dhananjay Ghoshal a Shantiniketan, il villaggio dove Rabindranath Tagore fondò un campus scolastico e universitario, ancora oggi molto attivo. Dhananjay, poeta e scrittore bengalese, è la mia guida letteraria e spirituale per il Bengala Occidentale: è lui che mi traduce dal bengali, è lui che mi introduce nel mondo dei Baul, che mi presenta ad altri amici scrittori, poeti e cantori di questo mondo bengalese in cui tutti sono poeti, in cui non esiste parlare per più di due minuti senza aver citato "Radindranath": il premio Nobel indiano,

Grazie

Immagine
Ormai che anche questa avventura è giunta al termine, un enorme grazie a tutti gli indiani che hanno reso il mio viaggio assolutamente fantastico, che mi hanno aperto le loro case, le loro cucine, i loro armadi e i loro cuori, che mi hanno scarrozzato in giro, che hanno cucinato i loro piatti migliori, che hanno condiviso con me i loro sari, i loro gioielli e le loro bindi adesive, che mi hanno accompagnato a visitare le loro città, i loro templi, i villaggi dove sono nati, i luoghi in cui sognano e scrivono, che mi hanno fatto scoprire posti che sulle guide neanche esistono, che mi hanno fatto partecipare alle loro serate poetiche e letterarie e che, come se non bastasse, mi hanno riempito di regali e trattata come un pascià. Questa volta non ho fatto tour turistici, non ho praticamente mai dormito in albergo se non a Bombay dove i bambini di Akanksha non potevano certo ospitarmi, ho esplorato più le case che i monumenti e sono diventata familiare con gli oggetti della vita quoti

Al Vodafone Crossword Book Award

Immagine
Grazie a Arunava Sinha, traduttore dal bengali all'inglese che ha tradotto, fra gli altri, La ragazza del mio cuore , venerdì sera mi sono intrufolata alla premiazione del Vodafone Crossword Book Award , uno dei piu' importanti premi letterari indiani. La cerimonia si è tenuta nel teatro del National Centre for Perfoming Arts al Nariman Point, un estremo sul mare della grande Mumbai, in una serata calda e piovosa. Il premio è stato istituito nel 1998, sponsorizzato da Vodafone e da Crossword Bookstores, la più grande catena di librerie indiana. L'intento è quello di dare alla produzione lettararia indiana, che vince premi all'estero, un premio indiano che possa competere con altri premi internazionali come il Booker o il Pulizer Prize. Per esempio, alcuni vincitori (noti anche in Italia) degli anni scorsi sono stati: Giochi sacri, Mare di papaveri, Maximum city, La stanza della musica, Hotel Calcutta, Eredi nella sconfitta . Il premio si divide in quattro

Ritorno a Bombay

Immagine
Bombay, di nuovo. Eccomi qui dopo 3 anni, in questa assurda citta'. Dopo aver camminato nei suoi vicoli in molti libri , sono tornata a camminarci con le mie gambe. Niente e tutto e' cambiato. Sento oggi sulla pelle umida di monsone perche' i libri che sono ambientati qui hanno quel fascino particolare: ogni storia e' possibile, ogni storia si intreccia con tutte le altre. Ogni storia, anche la mia.

Tagore a Shantiniketan

Immagine
Primo post di questo blog scritto dalla terra indiana (anche se dopo un bel po' di tempo dal mio arrivo in India). Immediatamente arrivati a Calcutta e conosciuta la sua famiglia, Dhananjay Ghosal, il poeta che ci ospita nella città della gioia, ha affittato per noi una macchina e ci ha portato a Shantiniketan, villaggio universitario fondato da Tagore. Inizia qui il mio viaggio nella letteratura bengalese. Tagore è immenso, ma è solo la punta di un iceberg di un mondo che risuona di poesia e musica.  Di questo mondo incontriamo un amico di Dhananjay, un Baul, un "menestrello" (menestrello! che parola antica e sognante) che ci canta "canzoni folk bengalesi", appassionato e preciso. Assaporo l'intensità della musica, non capisco le parole e le scambio mentalmente con una delle mie poesie preferite di Tagore. La meraviglia che risveglia la vita. Credevo che il mio viaggio fosse giunto alla fine mancandomi oramai le forze. Credevo che l

Ritorni, partenze

Immagine
Dall'ultimo viaggio in India a oggi, ho scritto migliaia di parole, su questo blog e in centinaia di email, per stare in contatto con un mondo che amo.  Ne ho lette sicuramente molte di più, di parole, nelle pagine dei libri che ho divorato, famelica. Ho fatto tanti sogni. Tutto il resto, quello che non si può né scrivere né leggere e neanche sognare, torno a viverlo laggiù. Torno da persone care e vado a conoscerne di nuove, alcune incontrate anche nel piccolo mondo di questo blog e delle sue diramazioni. Torno sulle orme di libri letti e sognati, inseguendone altri. E poi, soprattutto, torno ad Akanksha , l'associazione per i bambini degli slum di Bombay dove ho lasciato il cuore. Se riuscirò, scriverò qui sopra, altrimenti ci sarà settembre per raccontare. Una dolce estate a chiunque passi di qui.

Fra due omicidi

Immagine
di Aravind Adiga "I personaggi di Maupassant non fanno altro che volere: vogliono, vogliono e vogliono. Soldi, donne, successo. E poi di nuovo: più soldi, più donne, più successo. I tuoi personaggi non vogliono niente!" Così si sente rispondere dal suo editore il protagonista di un racconto di Fra due omicidi , per sentirsi replicare che non si possono pubblicare le storie di chi non vuole niente. Così sembrerebbero essere anche gli stessi personaggi di questa serie di racconti dell'autore della Tigre bianca , ambientati nell'immaginaria città di Kittur, sulla costa fra Calicut e Goa, nel periodo di tempo compreso tra l'omicidio di Indira Gandhi e quello di suo figlio Rajiv, cioè tra il 1984 e il 1991. I personaggi, in realtà, vorrebbero. Ma non possono. Ci provano. Ma non riescono.  Vorrebbero anche poco: un lavoro dignitoso, un minimo di giustizia, un pranzo decente al giorno, un tetto sopra la testa, il superamento discriminazioni di casta o

Fiume di fuoco

Immagine
di Qurratulain Hyder Questo maestoso e grandissimo romanzo è, almeno a prima vista o prima approssimazione, un romanzo sulla Storia. La Storia che corre con il suo flusso incessante, inarrestabile, non lineare, fotografata in quattro episodi distinti e fra loro cronologicamente distanti. Quello che collega un momento storico all'altro sono i nomi dei personaggi, che ricorrono nei vari episodi, senza che siano in realtà reincarnazioni di vite successive, né che ricordino in alcun modo quello che è successo nei secoli antecendenti. Ovvero senza il senno del poi, di cui il lettore è l'unico depositario. Il primo dei quattro periodi è il quarto secolo avanti Cristo, in cui seguiamo un giovane "studente", un brahmachari errante nei boschi fra privazioni fisiche e meditazione, nel periodo in cui il buddhismo conquistava pacificamente adepti nelle foreste e fra le famiglie reali dell'India. Con un salto vertigionoso ci troviamo nel 1400 a seguire Kamal, un pers

La ragazza del mio cuore

Immagine
di Buddhadeva Bose (1908-1974) Se una notte d'inverno quattro viaggiatori I ricordi della felicità passata sono tristi o lieti? Nessuno dei quattro personaggi di questo romanzo risponde in modo esplicito a questa domanda. Nessuno risponde, ma ognuno invece inizia a raccontare una storia per vincere il gelo, il sonno e la notte della sala d'aspetto della stazione di Tundla, dove si incontrano per caso quattro viaggiatori bloccati da una interruzione della linea ferroviaria, in attesa del mattino e del prossimo treno. La risposta, che corre nei fili che collegano le storie raccontate dai viaggiatori, è proprio come la  lettura stessa del libro: triste e lieta, malinconica e romantica, ma anche semplice e colloquiale nel descrivere quattro storie, tutte maschili, delle pene d'amor perdute di altri tempi, quando si era giovani e l'amore divorava il cuore, quando bastava uno sguardo per sentirsi svenire e fremere, quando bastavano le parole frettolose scambiate una sera