Tagore e i Baul

"Mi accadde un giorno di ascoltare il canto di un mendicante appartenente alla setta bengalese dei Baul. Ciò che mi colpì nel semplice canto di quel mendicante fu la religiosità che esprimeva, né grossolanamente concreta per l'eccesso di crudi dettagli realistici, né resa metafisica da una troppo rarefatta trascendenza. 
Inoltre quel canto era vivo di una amicizia sincera. Esso parla dell'intenso desiderio del cuore per quanto di divino risiede nell'Uomo e non nel tempio, in scritture, immagini e simboli. Il credente rivolge il suo canto all'Uomo ideale dicendo:

Templi e moschee ti sbarrano il cammino,
ed io non posso udire il tuo richiamo, e non mi posso muovere,
quando maestri e preti stanno rabbiosi tutti intorno a me.

Egli non segue alcuna tradizione cerimoniale, piuttosto crede semplicemente all'amore. Secondo lui

L'amore è pietra magica, che muta col suo tocco la brama in sacrificio.

E prosegue:

A causa dell'amore vuol farsi terra il cielo, e Dio vuol farsi uomo.  

Da allora ho spesso cercato di incontrare dei Baul, allo scopo di conoscerne la spiritualità attraverso i canti, che sono la loro unica forma di culto."


È così che Tagore parla dei Baul, gli erranti menestrelli bengalesi. La citazione viene da La religione dell'uomo, che raccoglie e approfondisce le conferenze che il premio Nobel indiano tenne a Oxford nel maggio del 1930, nel programma delle Hibbert lectures (conferenze annuali su vari temi teologici e religiosi). 

Il richiamo ai Baul compare diverse volte in questo libro e in particolare nell'edizione inglese di The religion of man c'è un'intera appendice dedicata ai Baul. Purtroppo nell'edizione italiana (almeno in quella che conosco) le appendici sono state tagliate, ma comunque si possono leggere in inglese a questo link
Fra l'altro, anche la seconda appendice era molto interessante: Note on the nature of reality, in cui Tagore riporta la discussione avuta con Einstein durante il loro incontro in Germania, sempre nel 1930. Anche questa, in inglese, si può leggere qui.

L'appendice sui Baul, The Baul singers of Bengal, è un resoconto curato da un amico e collega di Tagore, il professore Kshiti Mohan Sen, che (per la cronoca) era il nonno di un altro premio Nobel, Amartya Sen.
Kshiti Mohan Sen, professore di sanscrito a Shantiniketan, descrive il sentimento di assoluta libertà tipica dei Baul, che non riconoscono padroni a cui obbedire, fierissimi di non seguire nessun canone, prescrizione o consuetudine, liberi di seguire solo l'Amore. 

Allo stesso modo, i Baul non seguono simboli, libri o templi, perché il tempio più sacro in cui risiede il divino altro non è che il proprio corpo.
Così la loro via non è quella della rinuncia, dell'abbandono o del distacco, ma è invece ispirata alla comunione con il divino, alla ricerca di quella luce che ci illumina interiormente, alla ricerca "dell'Uomo del mio cuore", che nasce dentro di noi e che non discende da un cielo lontano e altissimo. 

Anche Kshiti Mohan Sen racconta come, quando chiederai di parlarti un po' di loro, i Baul non risponderanno ma attaccheranno a cantare: esattamente la stessa identica esperienza che ho provato anche io con il Baul che ho incontrato a Shantiniketan.

È evidente che ciò che sto facendo io, cercare in ogni dove qualcosa da leggere su di loro, è l'approccio più sbagliato possibile, in questo dolce mare di canti e poesie tramandate oralmente. 
Ne sono consapevole, ma è anche un modo per ricordare quella loro musica sublime, quel loro continuo e appassionato inno alla gioia.


Commenti

  1. gia' i tuoi articoli precedenti sui baul mi avevano incuriosita parecchio, questo ancora di piu'! purtroppo non so se potro' mai vederli dal vivo, nel frattempo pero' ho guardato i video da te consigliati.
    sai che anch'io quando mi appassiono di un argomento cerco di leggere il piu' possibile al riguardo? mi capita soprattutto al ritorno da un viaggio in qualche posto meraviglioso di voler approfondire le esperienze fatte per prolungare le emozioni provate in quei luoghi.
    non credo quindi che leggere sia un approccio sbagliato, anche se capisco quello che intendi dire!!!
    aggiungo che ho letto "giochi sacri" e che l'ho apprezzato tantissimo. e' un vero capolavoro! avevo provato a mandarti un commento a proposito ma il server l'ha fatto sparire!
    speriamo non riaccada piu'!

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  2. Grazie Karachan,
    mi riempi di gioia per due motivi:
    1) mi fa piacere che questa storia dei Baul ti abbia incuriosito.
    2) hai letto e ti è piaciuto Giochi sacri!

    E' esattamente ciò che dici tu, questa ricerca di testi che parlino dei Baul è un modo per approfondire qualcosa che ho visto e per prolungare le emozioni vissute, e dar loro un corpo, un verso... D'altra parte dovrei stare un po' più a lungo là per imparare qualche cosa di più, ma al momento non è possibile...

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  3. molto interessante il passo di Tagore che riporti.

    Mi interessa in particolare il fatto che il baul -come gli altri artisti, pittori, scultori, danzatori, poeti- a causa dell'amore di dio si fanno strumenti per esprimerlo.

    Viceversa, anche il cielo si fa terra e dio si fa uomo: in qualche modo si limita per esprimere fin dove può il suo amore per lui.

    In questo modo è come se l'arte (il canto e tutte le altre) diventasse il punto di incontro tra l'uomo e dio, o una sorta di specchio in cui l'uno e l'altro si confondono.
    :-)

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  4. Molto bella questa immagine di specchio come incontro e fusione, grazie Elisa!
    Fra l'altro, questo dio è molto più un Uomo Divino che non un dio assoluto, e non si fa problemi a farsi terra o uomo.
    Esattamente come dici tu, Tagore infatti prosegue il discorso proprio parlando dell'incontro e della reciprocità e scrive, poco dopo:

    "Ravindas, un altro poeta del medesimo periodo [cioè medioevale], così canta:
    Tu mi vedi, o Uomo Divino, ed io vedo Te, e il nostro amore diventa reciproco."

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