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Visualizzazione dei post da gennaio, 2010

Corruzione, baraccopoli, telefonini

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Il secondo libro di Vikas Swarup, I sei sospetti ,  mi ha fatto pensare a certe situazioni ricorrenti che spesso vengono descritte dagli scrittori indiani che ambientano i loro libri nelle metropoli e che raccontano il ribollente mare di intrecci e di storie. Penso per esempio a Giochi sacri , La tigre bianca , Nessun Dio in vista , lo stesso Le dodici domande di Vikas Swarup e via dicendo. A scanso di equivoci, non voglio dire che questi siano situazioni di tutta la letteratura contemporanea indiana: ho solo notato alcune situazioni consuete fra i libri di successo in lingua inglese pubblicati all'estero e diventati successi internazionali. Sempre a scanso di equivoci, non voglio neanche dire che questi siano, o stiano diventando, nuovi stereotipi. Per ora mi sono solo divertita ad annotarli. Eccone alcuni, e invito ad aggiungerne altri. Le star del cinema (attrici o produttrici) ricevono migliaia di lettere al giorno da tutta l'India che chiedono di recitare

I sei sospetti

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di Vikas Swarup Insoliti sospetti Tiene incollati alle pagine, con il suo ritmo veloce come quello di una serie tv, con i suoi toni ironici, le sue situazioni esilaranti, i suoi personaggi bizzarri, con tante micro-idee, tutte geniali, disseminate per le pagine. I sei sospetti , il secondo libro di Vikas Swarup dopo Le dodici domande (da cui è stato tratto il pluripremiato film The Millionaire ), parte da un omicidio per attraversare tutta l'India da nord a sud, dalle baraccopoli ai palazzi dei ministeri, dalle case lussuose delle dive di Bollywood agli squallidi quartieri di periferia di Lucknow. I sei sospetti del titolo sono i sei protagonisti che ci portano a spasso tra diverse classi sociali, situazioni e mentalità, quasi a rappresentare un'India multipla e mai univoca, in cui tutto si intreccia e si amplifica. Eccoli: 1. il ministro dell'interno dell'Uttar Pradesh, pronto a sacrificare qualsiasi cosa per la sua carriera politica, dal partito a suo fig

Il paese delle maree

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di Amitav Ghosh Ha il ritmo dolce e altalenante delle maree, questo romanzo di Ghosh, diviso fra presente e passato, fra alta e bassa marea, fra ricerca scientifica ed emozioni primordiali, fra mare e fiume, fra le storie dei due protagonisti, Piya e Kanai, che si alternano pagina dopo pagina. Fino a quando l'alta e la bassa marea non si confondono, fino quando anche queste due storie si incontrano, si fondono insieme come fa l'acqua dolce con quella salata, quella che viene dal Gange con quella del golfo del Bengala, proprio là dove il fiume sacro incontra il Brahmaputra prima di sfociare in mare e si trasforma in un labirinto di corsi d'acqua, isole e canali, in mezzo alle foreste di mangrovie, dove le tigri attaccano gli uomini, dove gli uomini pescano granchi e dove anche il passato doloroso e il fluire della storia danno un senso al presente. E' in questo luogo particolare, i Sundarbans, che Piya, una cetologa americana di origini indiane, è venuta

Hotel Calcutta

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di Sankar "Gente che va, gente che viene." Descrivere la vita attraverso gli eventi e i personaggi che si incontrano in un grande albergo è un sicuramente un'idea suggestiva e intrigante. Ma tutto diventa ancora più interessante, almeno ai miei occhi, se l'hotel in questione è lo Shahjahan della Calcutta degli anni Cinquanta, e se gli occhi che guardano la gente che viene e che va sono quelli di Shankar, giovane impiegato - quasi per caso - nell'albergo più prestigioso della città, "un palazzo in cui avrebbero potuto risiedere il nimaz o il maharaja di Baroda senza sacrificare la propria gloria o la propria magnificenza ". Lo Shahjahan diventa per Shankar un luogo di lavoro e di crescita, dove abbondano le occasioni di incontrare persone particolari: ballerine e nani per le serate di cabaret, grandi industriali che combattono giochi d'amore e di potere fra le suite numero uno e la suite numero due, star del cinema in crisi con il marito, res