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Visualizzazione dei post da novembre, 2010

Aftertaste

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di Namita Devidayal È tutta una questione di soldi Non so se questo libro sia poi diventato un bestseller. Nelle librerie di romanzi in lingua inglese, questa estate a Mumbai come bestseller troneggiavano i libri di Chetan Bagat, ma Aftertaste è stato sicuramente il libro più venduto durante le ore che io ho passato a spulciare le pile orizzontali di libri della Strand Book Stall , tanto che il commesso continuava a portarne nuove copie giù dalle scale e che alla fine l'ho comprato anche io. Aftertaste è il secondo libro di Namita Devidayal, autrice della Stanza della musica . Non è (ancora) stato tradotto in italiano ed è molto diverso dal primo: La stanza della musica era un libro a metà fra autobiografia e reportage sulla storia della musica, fatto di magica intimità e di canto sublime, Aftertaste è un romanzo vero e proprio, che descrive le relazioni, tutte basate sui soldi, di una famiglia indiana benestante.  Si apre in una stanza di ospedale nel 1984, durante Diwal

River to River 2010

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Anche quest'anno sarò per due giorni al River to river , il festival di cinema indiano che si tiene a Firenze dal 3 al 9 dicembre. Spero sia l'occasione per rivedere gli amici appassionati d'India che ho conosciuto negli ultimi due anni e per conoscerne nuovi. Il programma è sul sito del Festival e quest'anno la retrospettiva è su Satyajit Ray, il grande regista bengalese: scelta molto gradita, visto che ho ancora il Bengala nel cuore e che sto leggendo alcuni libri da cui i suoi film sono stati tratti. Dei film di Satyajit Ray proiettati a Firenze, per esempio, Aranyer Din Ratri ( Days and nights in the forest ) è tratto dal romanzo omonimo di Sunil Gangopadhyay, rinomatissimo autore bengalese che forse alcuni di voi hanno conosciuto al Salone di Torino. Jalsaghar ( The Music Room ) viene da un romanzo di Tarasankar Bandyopadhyay (1898-1971) e Charulata ( The lonely wife ) da Nashtaneer , un racconto di Tagore ora tradotto in inglese e in uscita in In

Le ragnatele di Bombay

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Agosto 2010: Bombay, Mumbai. Erano un po' che non tornavo. La volta scorsa, prima di partire, avevo letto qualche libro, soprattutto Maximum city di Suketu Mehta, per farmi un'idea della città. Ero partita per andare a insegnare ai bambini degli slum, con Akanksha , una associazione indiana che segue progetti scolastici per l'infanzia. E così, avevo visto soprattutto baraccopoli e povertà urbana, perché era quello che dovevo vedere.  Avevo visto anche mercati, vicoli, ristornati, spiagge, grattacieli, templi, moschee, scrosci di monsone, musei, banche, cavalcavia, librerie, corvi, treni affollati e tutte le mille e una meraviglie che si possono vedere a Bombay. Nel frattempo, fra una visita e l'altra, ho letto altri libri, sempre con le strade di Bombay bene impresse in mente. Primo fra tutti, Giochi sacri (" epico nella sua ampiezza e definitivo nella sua precisione ", scrive qui un entusiasta Altaf Tyrewala che si è convinto a leggerlo su un

Tagore e i Baul

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"Mi accadde un giorno di ascoltare il canto di un mendicante appartenente alla setta bengalese dei Baul. Ciò che mi colpì nel semplice canto di quel mendicante fu la religiosità che esprimeva, né grossolanamente concreta per l'eccesso di crudi dettagli realistici, né resa metafisica da una troppo rarefatta trascendenza.  Inoltre quel canto era vivo di una amicizia sincera. Esso parla dell'intenso desiderio del cuore per quanto di divino risiede nell'Uomo e non nel tempio, in scritture, immagini e simboli. Il credente rivolge il suo canto all'Uomo ideale dicendo: Templi e moschee ti sbarrano il cammino, ed io non posso udire il tuo richiamo, e non mi posso muovere, quando maestri e preti stanno rabbiosi tutti intorno a me. Egli non segue alcuna tradizione cerimoniale, piuttosto crede semplicemente all'amore. Secondo lui L'amore è pietra magica, che muta col suo tocco la brama in sacrificio. E prosegue: A causa dell'amore vuol far