Paura del vuoto

di Raj Kamal Jha 

La scorsa settimana stavo cercando di raccontare a un'amica il libro che stavo leggendo e la sua reazione è stata: "ah, ho capito, non è un libro normale, è un libro strano!"
E in effetti è proprio così, questo è un libro strano.

Piccola parentesi (si era capito che mi piacciono le parentesi?): ogni volta è straordinario notare che quando racconto agli altri quello che sto leggendo, loro capiscono di quel libro che non hanno mai letto molto più di me.  Chiusa piccola parentesi.



Paura del vuoto è "strano" perché intreccia tre storie apparentemente indipendenti con rimandi e indizi, con specchi di personaggi immaginari che in realtà sono reali, con sogni che si riflettono da una storia all'altra e ricordi che stanno nel passato ma che forse sono il presente. 
Strano perché c'è un narratore che vola sopra un corvo e personaggi con nomi simmetrici (Rima e Amir, Mala e Alam) che si chiamano e richiamano, perché c'è una bambina con il vestito rosso che sta sulla copertina e che ritroviamo anche dentro a libro, in un bicchiere d'acqua di un sogno, in fondo a un canale o nella sua camera da letto.  

La prima storia racconta dell'incidente di un impiegato delle poste, che viene soccorso da una donna misteriosa e portato a casa sua, a Paradise Park, un grattacielo di vetro attraverso le cui lenti-finestre si vede tutta la città, e molto più lontano.
Nella seconda, una giornalista cerca di investigare sulla morte di una bambina ritrovata in un canale e ripiomba nei suoi ricordi di infanzia, mentre nell'ultima il nostro narratore sul corvo incontra una bambina per rassicurarla del fatto che i suoi genitori non si suicideranno, nonostante l'epidemia di suicidi che dilaga in tutto il quartiere. 

Le tre storie potrebbero vivere indipendentemente e ognuna intreccia mondi tra loro diversi: quartieri distanti di una grande città indiana, il grattacielo dei ricchi con i sobborghi popolari, le grande metropoli e la piccola città di provincia.

Tutto rimane sul filo del mistero, sarà il lettore a collegare i fili e le connessioni invisibili e fragili del destino che uniscono le storie, costruendosi una sua ipotesi. Sempre che non abbia paura del vuoto, perché dovrà volare sulla groppa di un corvo e soprattutto fare i conti con il vuoto di una narrazione volutamente incompleta, con poca trama e tanti interrogativi.

Raj Kamal Jha, giornalista del The Indian Express e autore della Coperta azzurra, crea una scrittura che a tratti diventa onirica e ipnotica ma rimane sempre precisa e attenta al dettaglio nelle descrizioni, e sempre molto poetica.

Di sicuro un esperimento interessante, godibile nella lettura, decisamente curioso, anche se ho il sospetto che non resterà troppo a lungo nelle profondità dell'animo dove si rifugiano le mie letture più care.


Commenti

  1. Mi mancavano le tue recensioni. Bizzarro personaggio Jha. Quando ero in India mi è capitato di leggere per purissimo caso un suo articolo. Usa tantissime metafore giornalisticamente. A me personalmente è piaciuto

    RispondiElimina
  2. è vero, come giornalista ha uno stile che colpisce molto, i suoi articoli lasciano sempre un segno.

    RispondiElimina
  3. Quando raccontiamo un libro che abbiamo letto lo capiamo un po' di più anche noi, per questo, credo, ci sembra che gli altri lo capiscano meglio...

    Dal tuo "racconto" comunque Paura del vuoto mi attira.

    un abbraccio, cris

    RispondiElimina
  4. Quando raccontiamo un libro che abbiamo letto lo capiamo un po' di più anche noi, per questo, credo, ci sembra che gli altri lo capiscano meglio...

    Dal tuo "racconto" comunque Paura del vuoto mi attira.

    un abbraccio, cris

    RispondiElimina
  5. Sì, è vero, parlare di qualche cosa aiuta spesso a capire quel qualcosa...
    A volta mi sembra che, raccontando, gli altri intuiscano cose a cui io non ero arrivata!
    Bene, se ti attira e poi lo leggi fammi sapere come ti è sembrato!
    Un abbraccione

    RispondiElimina
  6. In effetti, dopo aver letto il tuo post, la curiosità di leggerlo mi è venuta. Grazie Silvia!

    RispondiElimina
  7. Grazie a te! Diciamo che è sicuramente un libro "curioso"!

    RispondiElimina
  8. Silvia, che belle le tue recensioni! Sono secoli che voglio leggerlo, e spero di riuscirci prima o poi. Buon sabato

    RispondiElimina
  9. ciao Silvia,
    chissà se mi piacerebbe questo strano libro, ho letto la coperta azzurra e mi è piaciuto, ma mi ha lasciato un senso di ansia...
    buona domenica!

    RispondiElimina
  10. Ciao Elisa,
    penso che sia un libro che non possa piacere a tutti, proprio per la sua particolarità.
    Non ho letto la coperta azzurra, ma penso che lo farò!
    A presto!

    RispondiElimina
  11. Molto interessante: mi piacciono i rimandi non ovvi, così mi sembra sempre di costruire un architettura del testo da sola, senza l'ausilio, o meglio solo con l'ausilio degli indizi, dell'autore.

    A proposito, qualcuno ha notizia dei prossimi incontri che ci saranno a Roma alla Casa delle Letterature dopo Amitav Ghosh? Ho cercato sul sito ma non ho trovato niente.

    RispondiElimina
  12. Ciao Stefania, il gioco dei rimandi è davvero interessante, a tratti un po' frustrante perché l'ausilio dell'autore soprattutto all'inizio è davvero esiguo!

    Io non ho idea degli incontri alla Casa delle Letterature, dice solo di "scrittici indiane"... magari torniamo a guardarci tra un po'!

    RispondiElimina
  13. Sapreste dirmi in che città dell'india è ambientato?
    Perché sul libro non lo spiega

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Il miracolo della letteratura indiana contemporanea

Una certa ambiguità

Shantaram