L'ultimo uomo nella torre

di Aravind Adiga

Siamo in quella Bombay o Mumbai che corre sempre più veloce per costruire il nuovo senza lasciare spazio al vecchio. In quella Mumbai dove il terreno vale oro, dove con i soldi si può comprare tutto e dove la speculazione edilizia è un'arma a doppio taglio che crea e distrugge.

Siamo a Vakola (per chi conosce Bombay, nella zona di Santacruz), nella torre A della Vishram Society, un condominio "assolutamente, impeccabilmente pucca", abitato da gente della classe media; e qui davvero si può dire "media" nel senso che sta proprio a metà, fra gli slum che si pedono a vista d'occhio e il lusso sfrenato e scintillante dei nuovi ricchi.  

Gli abitanti del condominio sono insegnanti, agenti immobiliari, assistenti sociali. Condividono il rumore dell'aeroporto, la mancanza di acqua corrente in molte ore del giorno, i muri scrostati che si gonfiano di umidità. Sono di religioni diverse, in un condominio degli anni Cinquanta che riflette il modello sognato allora da Nerhu: un'India tollerante, multietnica, multireligiosa.


Ma i tempi sono cambiati e in questa ordinaria vita di condominio arriva un giorno una proposta in grado di cambiare le vite degli abitanti: un'offerta in denaro che può fare passare dalla mediocre, tranquilla e decandente esistenza piccolo-borghese a una nuova prospettiva fatta di grattacieli di vetro e denaro sonante, ma anche semplicemente della speranza di un futuro migliore per i propri figli.

E' la proposta di un costruttore edilizio, Dharmen Shah, che vuole distruggere la torre per costruirci il suo Shangai, un complesso ultramoderno nell'ambito di un intervento di "riqualificazione edilizia", e per far questo offre una somma enorme ai condomini per andarsene.
Shah, un self-made man avido e cinico (che ricorda quello della Tigre Bianca), non ha scrupoli a corrompere prima e a usare minacce e violenza poi, ma riesce a far fare agli stessi condomini tutto il lavoro sporco, giocando sulle ripicche di pianerottolo, sull'opportunismo che rende capaci anche i più miti di partecipare a piccole e grandi crudeltà.

D'altra parte, di fronte a tanti soldi, a poco a poco si convincono tutti. Tutti tranne uno: l'ultimo uomo nella torre che non si vuole piegare, che nessuna offerta in denaro o minaccia può comprare. 
E allora: tutti contro uno.

Devo dire che quest'ultimo libro di Adiga, che ho pure apprezzato, mi ha "preso" un po' meno dei due precedenti, anche se nell'Ultimo uomo nella torre ricorrono i temi che gli sono cari: l'osservazione sociale e la descrizione di una società avida e cinica, in cui ognuno rincorre le sue esigenze (in sé sacrosante), rappresentata con l'arma dell'ironia.

Qui, rispetto alla Tigre, ci sono molte più sfumature, c'è un quadro più complesso e articolato, con morali diverse e contrapposte, con più personaggi e con maggiore caratterizzazione psicologica, anche se ancora una volta personaggi sono descritti soprattutto in funzione dei loro rapporti sociali. 
E alla fine emerge sempre un destino di crudeltà e l'impossibilità dei singoli a esperimersi, anche se in questo caso rimane la dignità di chi lotta fino alla fine, perché anche nella sconfitta nessuno può impedirci di essere liberi. 

Ritorna anche il tema della volontà, come già era presente nella raccolta Fra due omicidi: Bombay non è una città fatta per chi non vuole niente, per chi vuole solo starsene tranquillo.

E chi non ha volontà non ha neanche un futuro in questa India dove tutti vogliono, vogliono, vogliono.


Aravind Adiga, L'ultimo uomo nella torre, Einaudi 2012
Titolo originale: Last Man in Tower
Traduzione di Norman Gobetti

pp. 454, € 20,00

Commenti

  1. Ne ho sentito tanto parlare.
    tanta pubblicita'.
    L'ambientazione pero' mi aveva fatto ripensare a Maximum city e cosi' ho temporeggiato nell'acquisto.
    Al rientro dal Nepal ci faro' un pensiero.
    Wooooooo...partenza vicina, non vedo l'ora.ti riporto qualcosa che ti sei pentita di non aver preso li'? Libri?

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  2. Ciao Silvia, poco prima della partenza per l'Italia, avevo visto quest'ultimo libro di Adiga. Sai, abitando vicinissima a Vakola mi intrigava, ma alla fine non l'ho preso. Mi sono invece appena regalata la raccolta di poesie "The Cinnamon Peeler" di Ondaatje. La leggerò qui in collina, all'ombra della luce. Ti abbraccio forte.

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  3. Clara, bello, bello, The Cinnamon Peeler! Ho visto un suo nuovo romanzo che sembrerebbe bello, Tha cat's table, ma ancora non l'ho letto, tu lo conosci?

    Ecco, questo romanzo di Adiga secondo me non è un capolavoro, ma è interessante, forse molto di più per chi non conosce Bombay, mentre per chi ci è stato o per chi ne ha già letto tanto, forse sono tutte cose risapute... quindi se voi due lo saltate non vi perdete troppo!

    Sonia: buon viaggio! Grazie mille per il pensiero, ho preso un tot di libri in Nepal l'anno scorso e non li ho ancora letti... in realtà non ho ancora finito neanche quelli che ho preso in India l'anno prima... ma se vedi qualcosa di imperdibile, di certo mi fai un piacere! Grazie e un fantastico viaggio! :-)

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  4. Silvia, infatti è qui con me in collina. Anche io ho visto quel romanzo, ma non so ancora niente... Se scopro qualcosa, te lo dico. Buona domenica!
    E buon viaggio a Sonia!

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  5. grazie care
    magari ti mando una mail
    cosi' non ti prendo doppi
    passero' vario tempo in giro per librerie.....

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  6. In effetti sono un po' ricoglionita: come puoi sapere quali libri ho già e quali no?!!!

    I libri che ho preso sono questi (e ora andandoli a ripescare mi è rivenuta voglia di leggerli subito!):

    Arresting God in Kathmandu
    The guru of love
    Tilled Earth
    Palpasa café


    grazie e buon viaggio!!!

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  7. Dopo la tigre ero molto curioso di leggere questo. L'ho appena comprato... Vediamo come sarà.
    Grazie Silvia. ciao

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  8. Ciao Gianni!

    Fammi sapere. A me ha preso meno della Tigre, forse c'è qualcosa nel ritmo del romanzo che non va, o forse sono solo io che dopo aver letto tutte queste cose su Bombay sono solo un po' stanca! Però comunque non è male!
    Un caro saluto!

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  9. Aravind Adiga spinge sempre di più l' acceleratore sull' avidità dell' Uomo e lo fa attraverso la narrazione e la descrizione di un microcosmo, un condominio, che nelle sue miserie e privazioni sembra aver trovato la via dell' armonia. Tutto fin quando una "proposta indecente" non arriva a scuotere cuori e menti e trasforma amicizie pluriennali in inimicizia e "male" ... fino alle estreme conseguenze. Non ci sono mostri in questo romanzo, ci sono persone e caratteri, splendidamente descritti, che hanno la forza della lotta quotidiana per la sopravvivenza in uno dei tanti palazzi/città di Bombay. Personaggi che, nelle loro piccole manie, nei loro piccoli dolori e gioie fatte di piccole cose, trasudano simpatia ... e sta proprio qui la grande forza del romanzo, aver fatto protagonisti del "Male" persone miti, persone che ameresti incontrare ... persone che ti rimangono dentro con tutto il loro universo fatto di internet caffè, figli disabili, impegno sociale, registri dei conti. Vengono attratti verso il male come falene inconsapevoli verso la luce. Il male viene compiuto ed è un dato di fatto .. e non c'è punizione, ne tentennamento, ne rimorso. Mi è venuta in mente in proposito la scena chiave di un film che ho molto amato, Crimini e Misfatti di Woody Allen, dove il protagonista che ha fatto uccidere la sua amante, nelle scene finali si confessa (parlando in terza persona) ad uno sconosciuto (che è proprio Allen) ... e dice che si all' inizio questa terza persona che aveva commesso il delitto (in verità lui) era roso dalla colpa ma "una mattina si sveglia ed il sole risplende e la sua famiglia è intorno a lui e misteriosamente la sua crisi è risolta e porta la sua famiglia in vacanza in Europa e con il passare dei mesi si accorge che non viene punito, anzi prospera"..."la sua vita ora è completamente normale è rientrato nel suo mondo di ricchezza e privilegi". Alla fine sarà solo l' inquilino dipinto come il più viscido e senza scrupoli che, almeno per un po' sarà gravato dalla contrizione per un delitto che in realtà non ha commesso, ma di cui si sente responsabile morale. Gli altri ... quelli che erano come fratelli, si volteranno all' altra parte.

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  10. Grazie Graziano per il commento!
    Il bello del romanzo sta proprio in questa cosa che descrivi molto bene: alla fine le persone non sarebbero neanche cattive in sé, sono persone "normali", ma che per opportunismo si ritrovano a compiere il male, perché è la cosa migliore per loro, la più facile. E così, questa facilità, questa banalità del Male non porta neanche senso di colpa.
    Ho presente Crimini e misfatti, molto bello, in effetti una situazione molto simile.
    In Adiga in più c'è la collettività, che aiuta in questa scelta. Se tutti vogliono una cosa tranne uno, siamo tutti giustificati a fare di tutto per ottenerla.
    Rimane l'immagine finale dell'albero, che dà un senso di dignità, anche se nella sconfitta.

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