La moglie

di Jhumpa Lahiri

Due fratelli.
Uno riflessivo e studioso, l'altro irruento e rivoluzionario.
Uno che va a studiare negli Stati Uniti, l'altro che rimane nella sua Calcutta per cambiare l'India, e il mondo.
Una moglie, due genitori, una figlia e poi un'altra figlia.
Un po' in America, nella quiete dell'oceano che si infrange sulle coste del Rhode Island, e nel mondo tranquillo dell'università.
Un po' a Calcutta, e soprattutto nella "spianata", che dà il titolo in inglese al romanzo (The Lowland), dove tutto tristemente si compie.

Non dico altro della trama, per non rovinare la lettura e alcune sorprese che si nascondono fra le pagine.
Non è certo un giallo e alla fine il pregio di La moglie sta nelle descrizioni sottili e precise dei personaggi,  ma è anche la storia, con le scelte dei protagonisti (che a raccontarle in due righe potrebbero sembrare solo semplicemente assurde) a definire i due fratelli, la moglie, la figlia.

E' un libro con uno stile perfettamente dosato, calmo, elegante, anche nei tumulti e nei decenni che la trama abbraccia, senza mai un solo tono eccessivo, quasi che Jhumpa Lahiri abbia paura di esporsi troppo e preferisca tenersi due passi indietro, un po' come fanno i suoi personaggi, che cercano continuamente di autoproteggersi, di chiudersi nel loro lavoro, nelle loro abitudini, nelle loro scelte coraggiose, giuste, profonde e ardite ma sempre paradossalmente segrete.

E l'India, forse una presenza minoritaria dal punto di vista puramente quantitativo delle pagine, rimane il centro di tutto, il senso di tutto, il senso di tutto questo non-senso, che guida le scelte e le ribellioni, che siano quelle della lotta armata naxalita o quelle più intime della vita familiare.

Il romanzo mi ha molto commossa, nella parte finale e in vari momenti della lettura. 
Qualcuno dice che è eccessivamente costruito: sì, è vero, è costruito, molto. E bene, con abilità, con questo continuo passaggio fra l'America e Calcutta, queste contrapposizioni di personaggi, di passato e presente, con uno sfondo di temporale di quarant'anni che però lascia spazio, e tempo, alle minuzie della quotidianità. 

Ma non per questo si può dire che sia finto: tutte queste solitudini e assenze che si rincorrono, per quanto in una trama orchestrata ad arte, sono profondamente autentiche, e vincono su tutto. 

Jhumpa Lahiri, La moglie, Guanda 2013 
Traduzione di Maria Federica Oddera 
pp. 432, € 18 

Commenti

  1. Io l'ho letto qui in inglese e ha commosso anche me, Silvia, strano, perché non piango mai leggendo dei libri... io l'ho trovato vero, bello. L'orchestrazione narrativa è tecnica, non finzione. C'è tutto in questo libro, tutto.

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  2. Grazie Silvia, i tuoi post sono sempre un bel regalo. Ciao

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    1. Grazie a te per passare di qui anche dopo tanto tempo che non scrivo, un bel regalo anche per me.

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  3. Sembra bello, a me specialmente piaccioni i libri con le "minuzie della quotidianità", come le hai chiamate... E il libro ce l'ho da tanto tempo, ma ancora non l'ho letto.
    Lei è davvero una scrittrice interessante e anche un personaggio interessante. Era a Ferrara, lo scorso ottobre per Internazionale.
    Un abbraccio!

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    1. Sì, è una scrittrice molto interessante!
      A me sono piaciuti moltissimo anche i suoi articoli per Internazionale in cui descrive le gioie e le difficoltà dell'imparare l'italiano. A giorni dovrebbe uscire un suo libro, "In altre parole", su questo (non ho capito se è solo una collezione di questi articoli o qualcosa in più).
      Penso che a Ferrara abbia parlato anche di questo suo rapporto con l'italiano, mi sarebbe piaciuto vederla: è bello leggere che qualcuno si appassioni alla nostra "inutile" lingua...
      Un abbraccio!

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  4. Non che abbia una gran considerazione per i premi letterari, ma oggi il romanzo ha vinto anche il DSC Price for South Asian Literature.
    Brava Jhumpa!

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