Hotel Everest

di Allan Sealy

Si potrebbe dire che fra i protagonisti di questo romanzo originale e ingiustamente poco noto ci sono le stagioni.
Sono le stagioni a suddividere i capitoli del libro (estate, le piogge, autunno, il gelo), nella loro danza che accompagna le vicende misteriose dei personaggi, come se ci fosse sempre una presenza esterna pronta a cambiare le carte in tavola.

Le stagioni portano piogge, caldo, umidità o gelo all'Hotel Everest, un vecchio albergo ai piedi dell'Himalaya che ora è diventato un ricovero gestito da alcune suore.

E accanto all'hotel c'è anche un vecchio cimitero, l'Ever-rest, che sarà spesso al centro delle vicende del romanzo, e che si popolerà con nuovi inquilini. 


Arriviamo anche noi all'hotel con Ritu, una giovane suora chiamata a prendesi cura di Jed, il proprietario dell'albergo ormai novantenne, che alterna momenti di lucidità con momenti di follia.
Un uomo irriverente e scontroso ma a suo modo affascinante e con un passato di un certo spessore, di cui rimangono solo frammentari ricordi: una moglie, tante donne, un po' di libri e alcune avventurose ricerche sulle montagne himalayane.

I personaggi che vivono all'Hotel Everest o nelle sue vicinanze non potrebbero essere più eterogeni fra loro: oltre a Ritu e Jed, fanno parte di questa storia anche una esigente madre superiora, una sordomuta, un giovane che si unirà alla causa separatista del luogo, due gemelle chiuse nella loro stanza, un giardiniere, una bambina che non parla e non si sa da dove venga, una tedesca arrivata fin lassù a cercare la tomba dello zio.

L'Everest Hotel diventa così un microcosmo di persone che vivono per i motivi più diversi ai margini della società e che nei momenti cruciali della storia si ritrovano nella stanza di Jed, all'ultimo piano, come arroccato sulla cima dell'Everest, oppure nel cimitero circostante.

Molti di questi personaggi hanno storie misteriose alle loro spalle: il vecchio Jed con il suo passato, la tedesca arrivata quasi dal nulla, la bambina che non parla e di cui Ritu si prenderà cura.

Sotto questo aspetto, l'albergo un po' decrepito con le crepe sui muri mi ha ricordato la casa di Chiara luce del giorno, un luogo fatto di ricordi imprecisati e taciuti, anche se qui le storie sono molto più indipendenti e scollegate fra loro rispetto alla storia familiare raccontata nel romanzo di Anita Desai.

Allo stesso modo, le pareti dell'Everest Hotel non riescono a proteggere i suoi abitanti dalla realtà esterna, che si infiltra dentro le stanze in un momento di instabilità e di cambiamenti sociali e politici. 

Dentro le sue mura confluiscono politica, movimenti separatisti, dighe che sommergono villaggi, nazisti morti durante la Seconda Guerra Mondiale, suore cattoliche che operano in mezzo alla maggioranza hindu, scioperi e proteste. 

La scrittura di Allan Sealy è spesso ibrida, come i suoi personaggi. A volte lirica, a volte ironica, a volte ellittica, a volte lineare e a volte onirica.
In particolare l'autore è bravissimo a cambiare stile e a dare svolte improvvise alla trama: all'inizio ci fa pensare che il romanzo sia la storia di Ritu, ma poi non ha paura a fare entrare in scena la tedesca a metà libro, né a far morire i personaggi con grande tranquillità.

Per poi riconsegnarci alle cure di Ritu, che saprà nuovamente portarci lontano.


Allan Sealy, Everest Hotel, Il Saggiatore 2001
Traduzione di Riccardo Battaglia e Clara Nubile
pp. 288, € 14,98 

Commenti

  1. E meno male che c'è chi l'ha tradotto (splendidamente) in italiano! :-)

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