Squame

di Clara Nubile

La vita è ovunque, in India.
Nelle baraccopoli, che fanno "ciao ciao" con la mano quando ci si passa accanto in treno. Nel monsone, che "ci spia dal balcone". Nel cielo, che "si trucca con bacche e cardamomo". 

Tutto è vivo. Non si capisce se sia la natura a imitare l'uomo o viceversa, ma forse questa distinzione non ha senso: tutto è metamorfosi, ogni parola è una metafora.

Le persone e le cose che popolano il mondo sono semplicemente una mimesi degli stessi identici sentimenti, precari e clandestini.
E Bombay, di questa India, ne è l'anima: una città ammaliante e crudele.

Una città di sigarette, corvi, cemento, mendicanti, clacson, fantasmi, dove ci si smarrisce in un tramonto color zucca e ci si ritrova in un urlo di maledizione.
Una città che sa di nostalgia, anche quando ci sei dentro.
Soprattutto quando ci sei dentro: la nostalgia del presente che sta in ogni istante diventando passato. 

Questa Bombay, con il vecchio nome, è il cuore delle poesie indiane di Clara Nubile, scrittrice e traduttrice che vive fra l'Italia e l'India. 

La sua raccolta  Squame contiene poesie di ispirazione sia indiana sia salentina.


La seconda parte della raccolta, in particolare, Grammatiche di cemento, è tutta indiana, ma intuiamo anche che i due mondi, il sud dell'India e e il sud d'Italia, non sono poi così diversi.

L'India che emerge dalle poesie di Clara Nubile è un'India poco docile, che lascia il suo segno:
"L'India ci marchiava a fuoco le piante dei piedi".

È un'India che ti fa sentire sempre clandestino, un caos anarchico che però è in grado di trovarti fuori posto, fuori legge, e allora ti devi nascondere:

"E noi, appassivamo. 
Poi ci chiudevamo fra le pagine 
di bibbie clandestine."

In questo rinchiudersi, il ritmo è lento.
E in questa grammatica il tempo, quello verbale ma anche quello vissuto, è sempre imperfetto:

"e noi ci declinavamo lenti,
senza omettere i tempi verbali
più ostici."

E ancora, in questa grammatica personale, se all'inizio c'è spesso un "noi", una prima persona plurale, dopo un po' lo spazio diventa quello della terza persona singolare, quello dei "lui" e delle "lei", e le poesie parlano di singole persone: Srinivas, alle prese con equazioni impossibili in un campus universitario, o Joanna, una polacca che ha scelto di diventare musulmana e di farsi posare sui capelli un velo, insieme alla mano misericordiosa di Dio.

Fra amanti uccisi dalle caste, cani con collane di perle, capre sgozzate, puttane con sari rosa, avvocati e cuochi musulmani, sogni, incenso, urina e fegato marcio, in quest'India è il cemento quello che più di ogni altra cosa avanza su tutto il resto: gli edifici in perenne costruzione sono aggressivi e precari, come l'anima.

Un'anima che riesce a trovare la bellezza nel cielo verde e nella terra rossa del Kerala o in un letto di bastoncini di cannella.
Un'anima che sa di essere fragile, e sa esattamente come difendersi.


Clara Nubile, Squame, Lieto Colle 2014
€13.00


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