La fabbrica della speranza

di Lavanya Sankaran

Servitore e padrone, speculazione edilizia, divario incolmabile fra persone che vivono fianco a fianco, luci e ombre della "nuova India" e dello sviluppo economico.

Questa Fabbrica della speranza potrebbe ricordare i libri di Aravind Adiga, come per esempio La tigre bianca o L'ultimo uomo nella torre: i temi sono gli stessi.
Ma qui non c'è il tono satirico e cinico tipico di Adiga e soprattutto il messaggio è decisamente positivo: basta comportarsi bene, sapersi arrangiare nell'incertezza, lavorare duro senza cedimenti, avere speranza... e tutto si aggiusterà, anche di fronte a problemi che a prima vista potrebbero sembrare insormontabili.


In questo romanzo seguiamo una doppia storia: quella di Anand, imprenditore di Bangalore e proprietario di una industria automobilistica, e quella di Kamala, una delle sue domestiche.
I due si incontrano raramente, anche se alcune vicende influiranno sulla vita dell'uno e dell'altra.

Conoscevo Lavanya Sankaran per la sua raccolta di racconti Il tappeto rosso, che contrapponeva la vita dei ricchi con quella dei loro servitori, o meglio dei personaggi "moderni" della nuova India con quelli "tradizionali" dell'India millenaria. 
La fabbrica della speranza potrebbe essere un lunghissimo racconto di quella raccolta.

L'atteggiamento paternalistico nei confronti dei "tradizionali" che avevo notato allora si è attenuato, nel senso che a entrambi i protagonisti è dedicata la stessa identica cura e attenzione.

Sono entrambi due "buoni".
E entrambi devono affrontare dei problemi non da poco, anche se di natura completamente diversa. 

Anand è alle prese con un'espansione della sua azienda e rappresenta il self-made man che ha deciso di lasciare alle spalle un'India tradizionale (rappresentata invece dal padre) fatta di regole, di religione, di caste e vegetarianesimo, per sposare un modello occidentale di sviluppo aziendale, efficiente e razionale.

Anand deve acquistare dei terreni per fare crescere la produzione, come richiesto da clienti e investitori stranieri.
Cosa non facile, perché non basta fare una trattativa immobiliare e sborsare i soldi. Bisogna misurarsi con intermediari corrotti, con un suocero impiccione (che rappresenta invece il peggio della nuova élite indiana, arrogante e consumista), con l'ostinazione degli "abusivi" che verranno fatti sloggiare dai terreni, con i traffici loschi che girano intorno al settore immobiliare.

Kamala invece, che lavora come domestica a casa di Anand, nella sua vita ha avuto problemi più basilari: riuscire a sopravvivere. Vedova con un bambino piccolo, ha dovuto adattarsi ai lavori più umili per poter sperare in un futuro migliore. 
Dopo aver lavorato come coolie nei cantieri edili, anche lei self-made woman su un livello più basso della scala sociale, ha conquistato una piccolissima casa abusiva e un lavoro stabile come domestica.
Ora le piacerebbe far studiare il figlio, anche se la rivalità fra le domestiche di casa e la volubilità della moglie di Anand non facilitano la vita.

Ma nella nuova India, per quanto crudele, contraddittoria e disumana, c'è anche lo spazio per emergere.
Non con la violenza, unico mezzo proposto nei libri di Adiga, ma con l'intelligenza e la dedizione.

Un messaggio giusto, magari da affiancare ad altri punti di vista non altrettanto rassicuranti.
Ma che a me è sembrato, ancora, troppo semplice.


Lavanya Sankaran, La fabbrica della speranza, Marcos y Marcos, 2014
Traduzione di Monica Capuani
340 pp., 17 €


Commenti

  1. Grazie per la segnalazione... non conoscevo affatto! Ma Adiga resta Adiga, ho finito Between the assassinations, wow. Mi sembrava di essere a Kittur.

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    1. Assolutamente, Adiga non si tocca.
      Non so se si capisce, ma parteggio di brutto per lui...
      Bello Between the assassinations, mi fa piacere che ti sia piaciuto!

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    2. Si capisce :-)
      ora sto leggendo altro, ma poi ho in programma una raccolta di Manto

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