Animal
di Indra Sinha
"Un tempo ero umano. Almeno così dicono. Io non ricordo, ma la gente che mi ha conosciuto da piccolo racconta che camminavo su due piedi come un essere umano".
Invece ora Animal, il protagonista diciannovenne di questo splendido libro che è lì lì per uscire anche in italiano, umano non lo è più: cammina a quattro zampe, sulle mani, perché la sua schiena si è piegata per sempre.
I genitori di Animal, la sua spina dorsale e la sua umanità perduta sono tutte vittime di Khaufpur (leggi: Bhopal), la città dove “Quella Notte” la multinazionale chimica americana Kampani (leggi: la Union Carbide) ha causato un disastro apocalittico con l’esplosione della sua fabbrica di pesticidi.
E' Animal che racconta la sua storia e gli eventi a vent’anni di distanza da “Quella Notte”, quando ancora i veleni contaminano aria, acqua e terra, e quando ancora gli abitanti non hanno ottenuto giustizia.
Ma la racconta dal suo punto vista, che è quanto meno particolare, perché essere non-umano significa “vedere il mondo all’altezza del culo”, invidiare tutto ciò che ha due gambe (gli amici, le donne che portano vasi sulla testa, gli orsi ammaestrati, le scale appoggiate ai muri, forse anche le biciclette) e scordarsi di poter mai andare con una ragazza, che poi è tutto quello che ogni uomo desidera nella vita.
E soprattutto la racconta con il suo linguaggio: ironico, cinico, intriso di parolacce e volgarità, sgrammaticato, esilarante, spontaneo, che mescola “Inglis” (inglese), hindi e francese.
Perché “dalla sua bocca certo non volano martin pescatori azzurri”, e se vogliamo la sua storia, dobbiamo sopportare come ce la racconta. Sopportiamo allora la sua voce diretta, registrata su 23 cassette, per tutti noi, per tutti i nostri migliaia occhi pronti a guardarlo e a seguirlo, per i nostri due occhi, i nostri e solo quelli, senza possibilità di distrarci.
Anche gli altri personaggi hanno un aspetto del tutto particolare, visti dai suoi, di occhi: Zafar, il leader amato e carismatico della lotta contro la Kampani, che in realtà anche Animal amerebbe, se solo non odiasse - visto che sta con Nisha, la ragazza dei suoi sogni. Poi Ellis, la dottoressa “dalle gambe blu” (cioè con i jeans addosso) arrivata “dall’Amrika” per aprire una clinica a Khaufpur, ma che forse ha qualche relazione con la Kampani. E poi ancora Ma Franci, la suora dell’orfanotrofio con il cervello un po' scoppiato che gli ha fatto da mamma.
Senza mai in briciolo di pietismo, anzi del tutto impietoso, Animal racconta tutto, anche le sue malefatte, onestamente e senza imbarazzo, senza compatirsi e senza considerarsi vittima, a volte quasi forte della sua disabilità che lo giustifica a non comportarsi da umano.
E proprio così lo stesso Animal riesce a creare una profonda empatia nei suoi confronti, nel suo prendere consapevolezza di sé, nel suo lento divenire a poco a poco, invece, sempre più umano.
Come d'altra parte l'empatia per tutta Khaufpur-Bhopal rende questo libro assolutamente originale e assolutamente necessario, da leggere subito, appena si può, con un sorriso sulle labbra e una stretta nello stomaco.
I genitori di Animal, la sua spina dorsale e la sua umanità perduta sono tutte vittime di Khaufpur (leggi: Bhopal), la città dove “Quella Notte” la multinazionale chimica americana Kampani (leggi: la Union Carbide) ha causato un disastro apocalittico con l’esplosione della sua fabbrica di pesticidi.
E' Animal che racconta la sua storia e gli eventi a vent’anni di distanza da “Quella Notte”, quando ancora i veleni contaminano aria, acqua e terra, e quando ancora gli abitanti non hanno ottenuto giustizia.
Ma la racconta dal suo punto vista, che è quanto meno particolare, perché essere non-umano significa “vedere il mondo all’altezza del culo”, invidiare tutto ciò che ha due gambe (gli amici, le donne che portano vasi sulla testa, gli orsi ammaestrati, le scale appoggiate ai muri, forse anche le biciclette) e scordarsi di poter mai andare con una ragazza, che poi è tutto quello che ogni uomo desidera nella vita.
E soprattutto la racconta con il suo linguaggio: ironico, cinico, intriso di parolacce e volgarità, sgrammaticato, esilarante, spontaneo, che mescola “Inglis” (inglese), hindi e francese.
Perché “dalla sua bocca certo non volano martin pescatori azzurri”, e se vogliamo la sua storia, dobbiamo sopportare come ce la racconta. Sopportiamo allora la sua voce diretta, registrata su 23 cassette, per tutti noi, per tutti i nostri migliaia occhi pronti a guardarlo e a seguirlo, per i nostri due occhi, i nostri e solo quelli, senza possibilità di distrarci.
Anche gli altri personaggi hanno un aspetto del tutto particolare, visti dai suoi, di occhi: Zafar, il leader amato e carismatico della lotta contro la Kampani, che in realtà anche Animal amerebbe, se solo non odiasse - visto che sta con Nisha, la ragazza dei suoi sogni. Poi Ellis, la dottoressa “dalle gambe blu” (cioè con i jeans addosso) arrivata “dall’Amrika” per aprire una clinica a Khaufpur, ma che forse ha qualche relazione con la Kampani. E poi ancora Ma Franci, la suora dell’orfanotrofio con il cervello un po' scoppiato che gli ha fatto da mamma.
Senza mai in briciolo di pietismo, anzi del tutto impietoso, Animal racconta tutto, anche le sue malefatte, onestamente e senza imbarazzo, senza compatirsi e senza considerarsi vittima, a volte quasi forte della sua disabilità che lo giustifica a non comportarsi da umano.
E proprio così lo stesso Animal riesce a creare una profonda empatia nei suoi confronti, nel suo prendere consapevolezza di sé, nel suo lento divenire a poco a poco, invece, sempre più umano.
Come d'altra parte l'empatia per tutta Khaufpur-Bhopal rende questo libro assolutamente originale e assolutamente necessario, da leggere subito, appena si può, con un sorriso sulle labbra e una stretta nello stomaco.
speriamo che esca in italiano..
RispondiEliminail groppo nello stomaco ce l'ho già. Lo aspetto.
RispondiEliminaSì, sì, esce in italiano... affinché non lo perdiate, lo riannunceró di nuovo non appena lo vedo in carne e ossa!
RispondiEliminaMolto interessante.. non mai stato a Bhopal. stato a Indore una volta che vicino.. vabbe vicino in punto di vista Indiano voldire quasi 200 km :)
RispondiEliminaEh, Raj, cosa vuoi che siano 200 km!
RispondiEliminaNeanche io sono mai stata a Bhopal (e neanche a Indore, per la verità!).
Comunque nel caso ti interessasse leggerlo in inglese, il titolo originale è Animal's people. Ciao!
Bellissimo post!
RispondiEliminaSono molto incuriosita dal libro e lo terrò d'occhio in libreria.
grazie e un abbraccio,
cris
Veramente interessante! E sembra anche un libro molto particolare.
RispondiEliminaSiam tutti qua che lo aspettiamo in libreria.
PS. ho finito Il buio non fa paura. Come dicevi, per niente esotico, e molto psicologico. Molto forte e incisivo, però forse per me a tratti un po' pesante.
Silvia,
RispondiEliminaquando ero in Italia e rispondo, " abito a Pune, vicino Mumbai, quasi 3 ore". tutti rispondono, "3 ore? ma non é vicino". cosi realizzato il diverso punto di vista. In India lontano voldire 2-3 giorni in treno. :-)
Raj, è verissimo, per noi 3 ore vuole dire lontano... ma nell'immensità dell'India tre ore non sono niente!
RispondiEliminaCris e Elisa, non vi deluderà!
Elisa, capisco perfettamente cosa vuoi dire con "un po' pesante", d'altra parte devo dire che affronta certi aspetti (per esempio la violenza) quasi in punta di piedi, senza calcare la mano. Certo non è una lettura di svago!
bellissimo e invogliante post. lo leggerò! ho scoperto il tuo blog via Il mestiere di scrivere e l'ho subito amato, io che per lavoro (commercio equo) e passione ho, come te, l'India nel cuore. Ne approfitto per chiederti se conosci Sunetra Gupta, che mi hanno segnalato e che vorrei leggere...
RispondiEliminaCara Chiara,
RispondiEliminagrazie del tuo commento e benvenuta da queste parti!
Interessantissimo il tuo lavoro...
Non ho ancora letto Sunetra Gupta, se ti capita fammi sapere come l'hai trovata!
L'ho appena finito..questo libro è l'India, è come Lei..un attimo di fa ridere, l'attimo dopo di prende a schiaffi in pieno viso..ti strappa un sorriso e ti stritola lo stomaco.
RispondiEliminaé la sua essenza, così forte e così coinvolgente.
Ciao Roberta e benvenuta in questi lidi!
RispondiEliminaE' vero, c'è una continua alternanza fra riso e pugno nello stomaco. Poi forse non è neanche alternanza: le due cose convivono, e forse l'una determina l'altra.
Letto tutto d' un fiato. A parte alcune piccole imprecisioni (probabilmente frutto della traduzione in italiano), che d' altronde (è una mia qualità) riesco a trovare in ogni romanzo, il libro mi è piaciuto e molto. L' idea di raccontare la storia dal punto di vista dell' animal è geniale, perchè solo cosi' riesce ad essere toccante senza essere melenso. Anni fà ho letto "mezzanotte e cinque a Bhopal" di Lapierre e lo stesso mi aveva emozionato (te lo consiglio se non lo hai letto). Già da tempo avevo deciso di includere Bhopal in uno dei miei prossimi viaggi in India e spero di realizzare questo desiderio (non la prossima volta, perchè ho gia un programma di 24 giorni e proprio non ce la faccio). A proposito Silvia, tu hai letto l' altro Sinha tradotto in italiano (La morte di Mister Love)?
RispondiEliminaCiao Graziano e scusami per il ritardo (ero in Sri Lanka...).
RispondiEliminaQuali imprecisioni hai trovato (così, per curiosità!)?
Io l'ho letto in inglese, poi ho letto solo qualche stralcio della traduzione italiana e mi è sembrata ottima, anche perché è un libro di difficile traduzione.
Infatti: non è per niente melenso, mai, eppure è potentissimo.
Ho letto Mezzanotte e cinque tanto tempo fa, mi è piaciuto, ma Animal mi è piaciuto molto di più (seppure è molto diverso e forse non ha senso un confronto).
E' da un po' anche io che voglio andare a Bhopal, ma poi ogni volta che vado in India devo fare una lunga processione fra tutti gli amici indiani che devo passare a visitare e non ci riesco mai!
Magari anche io ci provo la prossima volta!
Sì, ho letto Ma morte di Mr Love, tempo prima di aprire il blog e quindi non ho mai parlato qui sopra. E' molto ben scritto, con un intreccio avvicente di storie, anche se alcuni aspetti della trama non mi hanno convinto più di tanto.
Ciao Silvia, che invidia ... sempre a "zonzo" per il subcontinente... Io, se tutto va bene, come già ti avevo detto, parto per Kathmandu il 29 ottobre. Il mio terzo ritorno in India invece è previsto fra un paio d' anni(programma di massima Punjab, Sikkim, Calcutta, Orissa, Hyderabad e ritorno a Madurai ... per vedere il tempio restaurato, nel 2008 i "gopuram" erano parzialmente coperti). Per venire a noi, le piccole imperfezioni se non ricordo male erano due, una però non la ricordo più (ma era cosa da nulla), l' altra ...proprio nella prima pagina del libro dichiara di essere nato "qualche giorno dopo quella notte", mentre nel proseguio afferma,più volte, di essere stato abbandonato quella notte. Naturalmente è una sciocchezza che nulla toglie alla bellezza del romanzo, forse è addirittura frutto della traduzione. Condivido con te, i libri di Lapierre sono diversi e non paragonabili, però a mio modo di vedere sono anche loro imperdibili ... parlo, oltre che del celeberrimo "La città della gioia" e di quello menzionato, "mezzanotte e cinque a bhopal" , anche di "stanotte la libertà"... un vero trattato di storia indiana, scritto però con l' abilità del romanziere.
RispondiEliminaDai, tieni duro, tra circa due mesi sarai nella splendida Kathmandu!
RispondiEliminaMolto bello il tuo progetto per il prossimo viaggio indiano, io spero di fare qualcosa di simile (con in mezzo anche Bhopal) l'anno prossimo, ma dovrò sicuramente anche passare per Bombay, quindi si allungherà un pochino.
Ho letto "La città della gioia" tantissimo tempo fa, forse ero troppo giovane e dovrei rileggerlo, comunque ne ho decisamente un buon ricordo.
Invece non ho letto "Stanotte la libertà", ora mi hai invogliato, grazie...