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Visualizzazione dei post da luglio, 2008

Mezzanotte

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Mezzanotte. L'ora delle streghe e dei vampiri. L'ora delle fiabe, l'ora di Babbo Natale e della Befana. L'ora delle carrozze e delle zucche. L'ora dell'uomo nero, ma anche l'ora delle fate, del loro ingenuo e leggero sbatter d'ali. Mezzanotte. L'ora delle lettere d'amore. E' in questa mezzanotte che scrivo, quasi pronta per partire, non per l'India, non questa volta. Mezzanotte. L'ora di quei figli della mezzanotte che ora popolano l'India intera. Ho come un rimpianto, quasi se avessi tradito qualcuno, a non andare in India quest'anno. D'altra parte questo è l'anno no. Dalla prima volta che sono andata in India, c'è poi sempre stato un anno sì e uno no. Uno in India, per consolidare un legame, uno no, per non scordarmi del resto del mondo. E questo è l'anno no. Parto, per ragioni indipendenti dalla mia volontà, per la Cina. Paese che, più di me, affascina i miei amici indiani che mi scrivono “l'In

Dalla Russia all'India

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Ovvero dalla steppa alle piantagioni di tè La scorsa settimana sono andata a vedere Moni Ovadia al parco di Modena, dove ha portato il suo spettacolo La bella utopia , in cui parla della storia dell'Unione Sovietica. Non mi sto a dilungare su quanto, dopo parecchi anni che lo seguo, lui sia sempre così bravo e convincente. Quello che volevo dire qua è che lo spettacolo mi ha riportato alla memoria tutte le mie letture russe, tutte le notti bianche passate a leggere Dostoevskij , Pasternak, Solženicyn , Majakovskij , Bulgakov, Evtushenko, nelle strade immaginarie di San Pietroburgo, nella gelida steppa russa, negli ospedali sovietici, nei Gulag staliniani, sotto la neve fradicia di marzo. Ma cosa c'entra con l'India? In generale, niente. Però per me c'entra tantissimo, anche se in effetti ci rifletto solo ora. Prima di diventare una fanatica di libri indiani, ero una fanatica di libri russi, allo stesso modo. Chissà, se allora fossero esisti i blog avrei potuto aprirne

Rao Raja e l'inglese

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Ovvero: se lo dice lui... Mentre qui sul blog mi dedicavo al "trio" (Anand, Narayan e Rao Raja), fra le quinte ho continuato la discussione con Paritosh sull'autenticità o meno dello scrivere in inglese. Io non sono particolarmente scandalizzata da una possibile mancanza di autenticità, per i motivi di cui ho già detto, ma capisco il suo punto vista quando dice che alcuni libri sono impacchettati apposta per un pubblico occidentale che si esalta se legge di spezie, sari e monsoni ma non capisce niente dell'India. Siamo arrivati a questo punto: un libro non è autentico se ciò che l'autore scrive è determinato dal lettore e non dalla penna dello scrittore (perché, l'autore, checché ne dica, ha sempre un lettore in testa...). Dopo essere arrivati a questa conclusione per email, ieri sera ho ripreso in mano Kanthapura di Rao Raja e ho riletto, ancora una volta, la prefazione scritta dall'autore. Mi ha colpito quello che dice sulla sua scelta di scr

Kanthapura

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di Rao Raja Ovvero il Fontamara indiano Sono un uomo di silenzio. Le parole emergono da questo silenzio con luce, di luce, e la luce è sacra. Dopo aver parlato di Anand e di Narayan, mi sento quasi in dovere (chi l'avrebbe mai detto che l'avrei preso come un dovere!) di parlare anche di Rao Raja, il terzo (solo in ordine di apparizione in questo blog) scrittore del trio dei padri fondatori della letteratura indiana moderna in lingua inglese. Anche lui, anagraficamente (1908-2006), abbraccia quasi tutto il Novecento. Anche lui ha iniziato a scrivere negli anni Trenta, quegli anni fondamentali per l'India, anni degli inglesi, anni di Gandhi, anni del partito del Congresso, anni di lotte e di grandi speranze. Anche lui descrive l'India dei villaggi, delle tradizioni immutabili che si incontrano con le nuove idee. Anche lui, sceglie l'inglese per comunicare. Le sue storie sono però anche intrise di spiritualità, di religione, di radici profonde che affondano nell'in

Il pittore di insegne

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di R. K. Narayan Ovvero una piacevole lettura in una notte di mezza estate Dopo aver parlato di Intoccabile e del suo autore, mi è venuta voglia di rileggere qualcosa di R. K. Narayan, spesso affiancato ad Anand come uno dei padri della letteratura indiana in lingua inglese del Novecento. Fra l'altro, ho trovato nell'archivio del Corriere questa storia molto carina su di lui e sulla sua amicizia con Graham Greene, che lo descrive meglio di qualsiasi biografia ufficiale. Poi mi è sempre stato simpatico, nella sua semplicità che tanto lo aveva reso popolare quanto gli aveva inimicato la critica letteraria ufficiale. Perché c'è chi pensa, secondo me a torto, che semplicità in letteratura sia sinonimo di banalità. Comunque sia, ieri ho trovato per puro caso il suo romanzo Il pittore di insegne , scritto nel 1976, sulle bancarelle della libreria Pickwick di Bologna, a cui passo davanti ogni giorno. 2 euro. (Ma come fa un libro a costare 2 euro, anche se usato o fuori cata

Intoccabile

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di Mulk Raj Anand Ovvero la giornata particolare di uno spazzino fuori casta, fra latrine e umiliazioni "Fatti da parte, delinquente di bassa casta! Lo sai che mi hai toccato e mi hai contaminato, figlio strabico di uno scorpione dalle zampe storte?" Mi stacco un attimo dalle opere in lingue regionali per tornare all'inglese. Collegandomi a Mahasweta Devi e al suo interesse per la vita degli ultimi, vorrei parlare di un libro che ho letto anni fa, ma che ancora ricordo quasi parola per parola. Inoltre dopo il post di qualche settimana fa sull'IWE, ho poi veramente scritto a Paritosh, con il quale, un po' nei commenti del suo blog e un po' per email, è nata una interessante discussione (di cui, preannuncio già, non potrò fare a meno di scrivere....). Bene, Paritosh mi ha detto che, dopo tutto il discorso sulla maggiore autenticità delle lingue regionali, lui legge quasi unicamente romanzi indiani scritti in inglese! Inoltre, lui ha trovato il libro di c

Mahasweta Devi

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Draupadi è ora in piedi davanti a lui. Nuda, le cosce e il pube chiazzati di sangue rappreso. I seni, due ferite aperte. Cosa sta succedendo? sta per sbraitare. Dritta davanti a lui, con le mani sui fianchi, ride e dice: -L'oggetto della tua caccia, Dopdi Mejhen. Sei stato tu a dirgli di stuprarmi, non vuoi vedere come stati bravi? Adivasi. Ho conosciuto per la prima volta questo mondo cinque anni fa, nel mio primo viaggio in Kerala. Dovevamo andare a trovare uno scrittore che viveva con gli adivas i nell'entroterra del Kerala, sperduto in mezzo alle piantagioni di tè, e che scriveva nella loro lingua. Siamo arrivati fino a un certo punto, ma non abbiamo potuto proseguire oltre perché il governo aveva bloccato l'ingresso agli stranieri nella zona per questioni di sicurezza. Pochi giorni prima erano successi dei fatti violenti , iniziati con una protesta degli adivasi e finiti nel sangue con l'intervento della polizia. E' da allora che ho iniziato ad interessarm