Mira e il Mahatma
di Sudhir Kakar
Ovvero un Gandhi diverso, ma sempre vero
Sempre a proposito di Gandhi, mi è venuto in mente questo libro, che ho letto quasi un anno fa, su consiglio di un amico indiano che mi prometteva che mi sarei identificata nella protagonista. Non è stato così. Però il libro mi è piaciuto.
Ovvero un Gandhi diverso, ma sempre vero
Sempre a proposito di Gandhi, mi è venuto in mente questo libro, che ho letto quasi un anno fa, su consiglio di un amico indiano che mi prometteva che mi sarei identificata nella protagonista. Non è stato così. Però il libro mi è piaciuto.
Mira e il Mahatma. Lei, Mira, è Madleine Slade, una giovane donna inglese che nel 1925 lascia tutto per andare a vivere in India.
Lui, il Mahatma, è Gandhiji o meglio ancora Bapu. Certo, è proprio Gandhi, anche se con questo nome non compare mai nel libro. Meglio Bapu, padre, oppure Gandhiji, dove il ji finale è aggiunto in segno di rispetto.
Il romanzo di Sudhir Kakar è la storia dei momenti che Mira e il Mahatma hanno condiviso e dell'intensa relazione umana che hanno avuto durante gli anni delle lotte per l'indipendenza dell'India.
Mira, figlia di un capitano inglese, affascinata dalla figura di Gandhi, a un certo punto della sua vita decide di lasciare la sua vita borghese di Londra e di andare a vivere in India. Passa un anno a prepararsi, fisicamente e spiritualmente, per poi partire a bordo di una nave e raggiungere l'ashram di Gandhi, dove condivide con il Mahatma e con i suoi seguaci indiani il duro lavoro e gli ideali comuni.
Il narratore di questa storia è il suo maestro di hindi, seguace di Gandhi con un debole per la letteratura, che ricostruisce la vicenda tramite le lettere (350 ne scrisse Gandhi a Mira) e altri documenti, alcuni autentici e altri ricostruiti dalla fantasia dell'autore.
Detto così potrebbe sembrare una storia di eroi con ideali ferrei e una vita esemplare. Ma entrando in contatto con i personaggi, soprattutto con Mira, su cui è basata tutta la ricostruzione, capiamo che c'è nella loro personalità qualcosa di instabile, di immaturo.
La devozione di Mira per Bapu non è semplice ammirazione per un uomo, magro e disarmato, che seppe scuotere il mondo, ma sfocia in una venerazione oltremisura che la spinge a volersi occupare di lui interferendo anche con i compiti riservati a sua moglie. Mira è spesso capricciosa e, pur nel grande coraggio della sua scelta, è una donna fragile che ha costantemente bisogno di Bapu per andare avanti.
Il Mahatma, poi, come già detto, non è Gandhi, ma Bapu. Non è il Gandhi spesso conosciuto in occidente che parla di pace e non-violenza, quello che parla di politica con Nerhu e con i vicerè inglesi, ma è l'uomo che dedicava la maggior parte del suo tempo agli esperimenti dietetici e al lavoro all'arcolaio.
In India questo libro è stato accolto con entusiasmo, anche se non sono mancate le critiche. Il quotidiano The Hindu lo ha definito “uno dei maggiori libri scritti”, mentre la rivista India Today ha detto che “Mira rimane un enigma e Gandhi risulta una caricatura”. Sta di fatto che non è mai facile parlare di un personaggio complesso come Gandhi e che le interpretazioni della sua storia umana e politica sono veramente molteplici.
A me è piaciuto semplicemente perché ha aggiunto una sfaccettatura in più a quelle che conoscevo. Che non fa mai male.
Ho letto Mira e il Mahatma appena uscito e con molte aspettative. Invece il libro mi è sembrato la storia di una nevrosi. E' come se Mira non amasse Gandhi ma l'idea che si era fatta di Gandhi.
RispondiEliminaUn po' come l'Occidente guarda l'Oriente, lo idealizza senza vederlo davvero...
un caro saluto,
cris
Si', in effetti e' cosi', la sua idea e' distaccata dal vero Gandhi, se ne rende conto un po'(ma non del tutto) solo quando ci deve convivere. Proprio come dici tu, come noi guardiamo l'Oriente, mitizzandolo ma non capendolo.
RispondiEliminaProprio per questo l'ho trovato realistico e interessante, non perso in sogni idealistici, ma concretissimo nel descrivere capricci e nevrosi.
Anche la figura di Gandhi, molto diversa da quella a cui siamo abituati, mi ha interessato parecchio.
Anche lo stile e' molto documentaristico, e l'ho trovato autentico nella scelta di usare le lettere originali.
Parzialmente ha deluso anche me: il mio amico indiano mi aveva promesso che mi sarei identificata in Mira!
Di certo non e' vicino alla descrizione di come noi vorremmo che fosse il mondo, ma forse e' piu' vicino a quella di come e' (o come e' stato)!
Ciao Silvia,
RispondiEliminae ti devo fare i complimenti per il tuo bellissimo blog e per la passione che ci metti. Io sono la traduttrice sia dei romanzi scritti da Kakar (L'ascesi del desiderio, Mira e il Mahatma, Estasi) sia di tutte le opere di Anita Nair, sia di alcune opere di altri autori angloindiani, come Uzma Khan, Pico Iyer, Themina Durrani, Kushwant Singh). A proposito di questo particolare romanzo di Kakar, è vero quello che tu dici, che in India ha suscitato molte polemiche, perché mostra degli aspetti di Gandhi meno piacevoli e meno idealizzati e come sai, toccare Gandhi suona un po' blasfemo. Ma Kakar, prima di essere il grande scrittore che è, è uno psichiatra molto noto e apprezzato in Europa e all'estero per i suoi studi e ama indagare sugli aspetti più in ombra dei suoi personaggi. Madeleine Slade era in effetti una di quelle occidentali ossessionata dalla cultura esotica e da Gandhi, ma che di vera cultura indiana poco capiva. Lo stesso Gandhi a un certo punto non la sopportava più. E anche nella personalità di Gandhi c'erano degli aspetti di durezza e fanatismo, magari necessari per l'immane compito che si era ripromesso, che Kakar ha voluto portare alla luce. Umanizzare gli idoli in genere non è mai apprezzato, ma proprio per questo il romanzo di Kakar ha un grande valore. Rivelare aspetti umani e magari poco piacevoli di Gandhi non toglie nulla alla sua grandezza, anzi, contribuisce a ristabilire una verità storica e umana.
Volevo poi suggerirti che sarebbe corretto citare sempre il nome del traduttore quando recensisci un libro tradotto in italiano. Senza i traduttori infatti, non sarebbe possibile leggere le altre letterature e il lettore comune spesso non pensa che, se apprezza lo stile di un autore straniero, è perché il traduttore ha fatto in modo che questo avvenisse. Ti ringrazio e buona lettura!
Cara Francesca, grazie mille per il tuo commento!
EliminaAmmetto che ho ben presente chi sei, non solo come voce italiana di molti autori indiani, ma ti ho anche visto di persona un po' di anni fa a Torino insieme ad Anita Nair (presentavate il suo romanzo "L'arte di dimenticare"): ho un bellissimo ricordo della lettura!
Grazie mille per le tue osservazioni sul rapporto di Madaleine con Gandhi, e di come Kakar abbia saputo coglierne i tratti e descriverlo in modo sicuramente inaspettato.
Chiedo scusa a te e a tutti i traduttori per non avervi menzionati come dovuto (sono consapevole dell'importanza del vostro affascinate e difficile lavoro).
Se posso io cerco di leggere in inglese (non per mancanza di fiducia nella traduzione, anzi, solo perché l'inglese è l'unica lingua che so!), ma da un certo punto in poi della vita di questo blog ho cercato di rimediare e da ora in poi, da circa due anni, in fondo a ogni post scrivo sempre il nome del traduttore, insieme ai dati del libro.
Mi sono ripromessa di farlo anche a ritroso sui post più vecchi, prima o poi riuscirò a trovare il tempo!
Grazie e a presto!