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Visualizzazione dei post da maggio, 2008

La Maga delle Spezie

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d i Chitra Banerjee Divakaruni Ovvero la "speziaterapia" sentimentale “Io sono una Maga delle Spezie. La mia passione sono le spezie. Ne conosco origini, significato dei colori, profumi. Posso chiamarle una per una con il nome assegnato loro quando la terra si spaccò come una scorza per offrirle al cielo. Il calore che emanano mi scorre nelle vene. Dall’amchur, la polvere di mango, allo zafferano, tutte si piegano ai miei comandi. Un sussurro e mi svelano proprietà segrete e poteri magici.” In molti libri di scrittori indiani ho respirato odori e fragranze lontane, assaggiato piatti esotici e imparato nomi di spezie profumate. Ma questo romanzo li supera tutti. Curcuma, cannella, zenzero, cumino, sesamo, radice di loto esplodono a ogni pagina del libro, sotto le sapienti mani della Maga delle Spezie del titolo e al suono evocativo della prosa dell’autrice. Tilo, protagonista del romanzo e narratrice, è una vecchia signora in un negozio di spezie a Oakland, in California. M

La Spartizione del cuore

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di Bapsi Sidhwa 1947: l’impero britannico lascia il subcontinente indiano e nascono due stati indipendenti, India e Pakistan. Una linea di confine viene stabilita fra le due nazioni in modo da dividere il Pakistan musulmano dall’India induista. Questo evento epocale, a cui contribuirono sia gli inglesi, sia il Congresso che la Lega musulmana, conosciuto con il nome di Partizione o Spartizione, causò una delle più grandi migrazioni del secolo scorso provocando più di dieci milioni di profughi e un milione di morti. Nel romanzo della scrittice pakistana Bapsi Sidhwa, è Lenny, una bambina di otto anni di Lahore (oggi in Pakistan), a raccontarlo attraverso i suoi occhi increduli e sconcertati. Lenny, protagonista e narratrice della storia, prima della Partizione vive a Lahore insieme alla famiglia appartenente alla comunità parsi, minoranza di religione zoroastriana. Proprio come la protagonista, l’autrice del romanzo è nata e cresciuta a Lahore nella comunità parsi, e ha vissuto gl

Il Palazzo degli specchi

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di Amitav Ghosh Il secolo breve visto dall'altra parte   Un secolo che non conosciamo. Il secolo che pensiamo di conoscere meglio, il Novecento, visto da un’angolazione diversa: con gli occhi dei colonizzati, degli spodestati, dei profughi. Con gli occhi di chi, a nostro modo di pensare, non ha fatto la Storia. Quella Storia studiata sui libri di scuola, in cui la Birmania e l’India entravano in scena solo nel momento della conquista e in quello dell’indipendenza, come se in mezzo ci fosse sole un grande vuoto. Eppure, quanta Storia hanno visto quegli occhi, quanta ne hanno subita e, soprattutto, quanta ne hanno fatta.   Per fortuna però, ultimamente sembra esserci un maggiore interesse verso l’altra parte del mondo. Per fortuna le nostre librerie iniziano ad accogliere le storie degli scrittori di quelle terre lontane sempre più vicine. E per fortuna Ghosh ha scritto Il Palazzo degli specchi.   Amitav Ghosh, nato a Calcutta, ha vissuto in molti posti diversi fra loro (India

Il ragazzo giusto

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di Vikram S eth Ovvero il matrimonio combinato e oltre, molto oltre " I libri sono per i lettori e non per chi scrive". Così dice Vikram Seth quando parla dei suoi libri. Un’affermazione che detta da un qualsiasi altro scrittore potrebbe sembrare banale oppure servile nei confronti dei propri lettori. Ma così non può essere per Vikram Seth, uno scrittore che ha il coraggio di scrivere prima un poema in stanze pushkiniane e poi un romanzo di 1600 pagine. Non c’è dubbio però che i suoi libri, nonostante le premesse, siano veramente per i lettori quando poi si inizia a leggerli. Sto parlando in particolare del Ragazzo giusto, forse il suo romanzo più famoso . Lo dico subito, chiaro e tondo. Sono 1600 pagine, scritte pure piccolo. Non è leggerissimo da far entrare in borsa e da leggere sul treno o sull’autobus. I personaggi sono numerosi e lo schemino con l’albero genealogico che compare nelle prime pagine ci vuole proprio, almeno all’inizio. Nonostante questo, o forse proprio

Chiara luce del giorno

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di Anita D esai Anita Desai è stata una delle prime scrittrici a essere conosciuta e tradotta al di fuori dell’India, ma io l'ho incontrata nelle mie letture molto tempo dopo, in un freddo inverno in Germania. E in effetti con la Germania c'entra qualcosa: è nata (nel 1937) da una famiglia particolare, madre tedesca e padre bengalese, quasi una doppia origine in un’India ancora incerta che da lì a poco sarebbe divenuta indipendente. La sua storia di scrittice è particolare. Durante la sua infanzia, infatti, parlava tedesco con la madre, hindi nella vita di tutti i giorni e a scuola scriveva unicamente in inglese. Questa convivenza linguistica è diventata con il tempo una trama di lingue meravigliosamente tessute insieme dall’inglese, che rende i suoi romanzi unici e particolari. Chiara luce del giorno è uno dei miei preferiti. Un viale nel giardino di una casa a Delhi, con rose appassite che si sgretolano appena a toccarle. Una casa grande, con i muri un po’

La compagnia delle donne

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di Khushwant Singh Ovvero sesso libero e solitudine esistenziale “Quando un uomo invecchia, i suoi instinti sessuali migrano dal corpo alla testa. Ciò che avrebbe voluto fare da giovane, ma che non ha fatto per mancanza di tensione nervosa, per mancanza di corresponsione o di occasioni, ora lo fa nella sua mente.” Non è un caso quindi che a 84 anni Khushwant Singh abbia scritto un romanzo il cui protagonista è un uomo alla continua ricerca di donne disponibili. Sulla quarta di copertina è riporata una affermazione di Panorama: “Khushwant Singh è un indiano del Punjab, ma sembra un Bukowsky giovane”. Per fortuna questo romanzo non ha molto a che vedere con Bukowsky, nome troppo spesso usato (e abusato) ogni qual volta si parli di sesso o violenza. È vero che questo romanzo descrive una lunga serie di rapporti sessuali, ma l’analogia finisce qua. Khushawant Singh è molto più cinico, crudele e allo stesso tempo molto più equilibrato e sottile di Bukowsky. Se devo essere sincera, i

Un lungo viaggio

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di Rohinton Mistry Ovvero viaggiare nei meandri della vita, senza mai uscirne Un lungo viaggio. Un viaggio faticoso, incerto, a volte disperato, a volte confortato dalla fede e dagli affetti. È il lungo viaggio di Gustad, impiegato di banca a Bombay, in un mondo che sembra sempre più sfuggirgli di mano. Un viaggio tutto interiore, che si svolge percorrendo le vie del quartiere, che lo porterà fino a Delhi ma solo per poche ore e che si concluderà nella camera da letto dei figli. Un viaggio attraverso le incertezze della vita: una situazione politica tesa (è il 1971, anno della guerra fra India e Pakistan), una figlia piccola che non vuol guarire, i dubbi sulla buona fede di un vecchio amico che si fa vivo in cerca d’aiuto, un caro amico malato di un male incurabile, un figlio che scappa di casa. Primo romanzo di Rohinton Mistry, scrittore di religione parsi nato a Bombay e attualmente residente in Canada, Un lungo viaggio è un libro delicato, scritto con un ritmo pacato, con

Arundhati Roy

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Ovvero la mia prima volta in Kerala (poi ce se sono state tante altre...) “ Gli scrittori pensano di scegliere le loro storie dal mondo. Io mi sto convincendo che sia la vanità a farglielo credere. In realtà è esattamente il contrario. Sono le storie a scegliere gli scrittori. Sono le storie che si rivelano a noi. Ci affidano degli incarichi. Insistono per farsi narrare .” Così ho letto recentemente in un articolo di Arundhati Roy e penso che, almeno nel suo caso, sia proprio vero. Ormai sono in molti che invece conoscono la sua, di storia. Arundhati Roy pubblica libri tradotti in tutto il mondo, scrive su diversi giornali europei e americani, partecipa alla maggior parte dei festival letterari in giro per il mondo. Ma chi è veramente? La sua vita, dal nostro limitato e occidentale punto di vista, si può dividere in due: prima e dopo la vittoria del prestigioso premio letterario inglese Booker Prize nel 1997 grazie al romanzo Il Dio delle Piccole Cose , diventato un un caso lett

I figli della mezzanotte

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di Salman Rushdie I figli della mezzanotte è il primo romanzo indiano che ho letto. Ancora non ero mai stata in India, né avevo pensato di andarci. Dopo qualche anno, tre viaggi in India e qualche migliaio di pagine lette, rimane ancora per me uno dei migliori libri dall'India, uno dei migliori libri sull'India e uno dei migliori libri e basta. Non c'è niente da fare, è un capolavoro che affascina il lettore, costretto a rincorrere la storia del protaganista Saleem Sinai e a perdersi negli angoli della sua labirintica esperienza umana. Saleem Sinai è infatti un personaggio particolare. Nato alla mezzanotte del 15 agosto 1947, il giorno della proclamazione dell’indipendenza dell’India, è dotato di poteri soprannaturali come gli altri mille e uno “figli della mezzanotte”. Inoltre, la particolarità del momento della sua nascita fa sì che la sua storia sia indissolubilmente legata a quella dell’India. Arrivato ad un certo punto della sua vita, Saleem decide di scriv

Salman Rushdie

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Ovvero colui che mi aprì le porte dell'India... Allora inizio da lui... Che dire? Vive in Inghilterra da quando aveva quattrodici anni ed è cittadino britannico, eppure è considerato il padre della letteratura indiana contemporanea in lingua inglese. Salman Rushdie nasce a Mumbai nel 1947, anno dell’indipendenza dell’India, studia a Cambridge e dopo essersi laureato torna a vivere con la sua famiglia in Pakistan, per poi ritornare nuovamente in Inghilterra e scrivere il suo primo romanzo, Grimus, completamente ignorato dalla critica. La sorte opposta spetta però al suo secondo romanzo, I figli della mezzanotte , uscito nel 1981, immediatamente premiato con il Booker Prize e vent’anni dopo con il Booker of Bookers, ovvero il migliore dei Bookers degli ultimi venticinque anni. Da questo momento iniziano a nascere tutti quei “figli della mezzanotte” letterari dell’India e si inizia a parlare sempre più diffusamente di letteratura indiana in lingua inglese, post-moderna, post-col

Il miracolo della letteratura indiana contemporanea

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Ovvero la mia personalissima visione della letteratura indiana contemporanea in lingua inglese Ormai dieci anni fa, nel maggio 1997, si incontrarono a Londra undici scrittori indiani provenienti da diverse parti del mondo: fra gli altri, erano presenti Arundhati Roy, Rohinton Mistry, Vikram Seth, Amitav Ghosh, Vikram Chandra. Su tutti, poi, troneggiava il rinomatissimo Salman Rushdie. L’incontro era organizzato dal New Yorker per celebrare, nel cinquantesimo anniversario dell’indipendenza dell’India, il miracolo della letteratura indiana contemporanea in lingua inglese. A dire la verità, molti di questi scrittori non abitavano ormai più da tempo in India ed erano presenti scrittori anche non di nazionalità indiana ma provenienti da altri paesi sub-continente (Sri Lanka e Pakistan). L’organizzatore dell’incontro non seppe dire perché aveva scelto proprio quegli undici, né che cosa accumunava i vari autori, trovando estremamente difficile definire temi comuni o similitudini. Ma era indub

Letteratura indiana?

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India, un continente. Un miliardo di persone con un miliardo di storie. Lunghi sari colorati nelle terre aride del deserto, cartelloni con gli eroi di Bollywood lungo le strade affollate, mucche che camminano frastornate in mezzo a macchine e autorisciò, donne che salgono sui treni per vendere grappoli d’uva in bilico sulla testa, scalinate che si immergono in laghi e fiumi per accompagnare le gente a bagnarsi, un segno colorato di pasta di sandalo proprio al centro della fronte. E' difficile parlare dell’India e altrettanto difficile è parlare di letteratura indiana. Sempre che esista, poi, una letteratura indiana, con tante lingue diverse, che solo per capire quali sono bisognerebbe scriverci un romanzo: l’hindi, l’urdu, il bengali, il malayalam, il tamil. Solo per citarne alcune, solo per ricordare la complessità di un di un paese unico al mondo, con 23 lingue ufficiali, decine di storie letterarie, miriadi di dialetti, centinaia di scrittori in India e sparsi per il mondo

Storie che girano

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Ovvero: che cosa ci faccio qui Nel giro di qualche anno ho accumulato una serie di scritti, traduzioni, recensioni, biografie sulla letteratura indiana e dintorni, la mia grande passione. Poi ho scoperto che non è solo un argomento da professori universitari o da fanatici come me. Oppure, che non sono l'unica fanatica (e questo forse è ancora più consolante). Ho scoperto che esistono delle persone che leggerebbero volentieri questi scritti sparsi e allora ho deciso di travasare il travasabile qui sopra. E poi ho deciso di raccontare quello leggerò da qui in avanti... L'ho deciso quando una mia amica mi ha chiesto: dai, raccontami una storia di un qualche tuo libro indiano che hai letto ultimamente. Lei non ha mai letto nessun libro indiano, ma voleva che le raccontassi, ispirata da qualche pezzo di storia che le ho raccontato nei mesi scorsi. Le storie girano. Dalla vita vera alle parole, dalle parole alla carta, dalla carta nuovamente alla parola orale. Avanti e ind