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Visualizzazione dei post da dicembre, 2008

Regalo marathi

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E' il primo regalo natalizio di quest'anno, con qualche giorno di anticipo. Raj ha gentilmente scritto di me e ha tradotto, in inglese e in marathi, un mio post nel suo blog e in un sito marathi . Raj è madrelingua marathi e ha vissuto in Italia, quindi parla benissimo l'italiano. L'idea che queste mie parole nate un po' per caso siano tradotte in una lingua indiana, per di più quella di Bombay a cui tanto sono legata, mi commuove (ebbene sì, ultimamente mi commuovo parecchio...); vedere le eleganti lettere marathi, insieme svolazzanzi e ordinate, mi riporta mentalmente in quei luoghi. E poi la traduzione dall'italiano al marathi, solo per far sapere che c'è qualcuno dall'altra parte del mondo che ama l'India, è uno splendido regalo inaspettato. Grazie, Raj.

Innamoramento urdu

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Andrò ora a parlare (o straparlare) di qualcosa che non so. Potrei quindi dire delle stupidaggini. E' che mi sono innamorata. E quando ci si innamora, si dicono delle stupidaggini. Quando ci si innamora, poi, non si capisce niente. Si ascoltano le parole dell'amato che parla, si pende dalle sue labbra, senza capire niente di quello che dice: quello che conta è il suono della voce, il luccichio degli occhi, le vertigini alle tempie. Ma vengo subito al punto. L'urdu. La poesia urdu. Le ghazal in urdu, poesie d'amore malinconiche, struggenti e profondamente musicali. Tutto quello che sapevo dell'urdu finora lo sapevo (ma guarda un po') dai libri letti, ma solo di riflesso. Lingua nazionale del Pakistan e una delle lingue ufficiali dell'India, penso di averla incontrata per la prima volta nel Ragazzo giusto di Seth, dove Maan Kapoor, giovane follemente innamorato di una cantante musulmana decide, per conquistarla e stare con lei, di studiare l'urd

River to river: ecco i film!

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Presa dall'entusiasmo delle giornate fiorentine al River to River, mi sono accorta ora di non aver nominato neanche un solo titolo dei film che ho visto... Sono un disastro, ma ora cerco di rimediare. Lascio da parte i cortometraggi e i film d'animazione, che sono stati comunque una piacevole sorpresa, e attacco con Super 30 , un documentario che racconta la storia di un insegnante di matematica del Bihar, uno degli stati più arretrati dell'India, che prepara gratuitamente gli studenti più poveri all'esame di ammissione per entrare all'Indian Institute of Technology, l'università indiana più ambita: solo i migliori 30 saranno ammessi. Ma la sua vita non è facile: non è visto di buon occhio dalle scuole private, visto che in genere 28 o 29 dei trenta selezionati sono suoi allievi. Amal è invece la storia di un onesto guidatore di autorisciò di Delhi, uno di quelli (più unici che rari) che non inganna sul prezzo, che dà le tre rupie di resto e che è pronto ad

Di ritorno dal River to River

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Sono partita sabato mattina per Firenze, su un treno paurosamente in ritardo e con l'ultimo numero di Internazionale in mano, che aveva in copertina gli attentati di Mumbai. Gli articoli non erano confortanti: si parlava di una possibile guerra fra India e Pakistan, delle violenze come strumento di rivendicazione in una società intrinsecamente violenta, del futuro incerto di un paese ferito al cuore. Ma domenica sera, stesso treno in direzione opposta, sono tornata piena di buon umore. Per i film visti al River to river , festival fiorentino di cinema indiano, che mi hanno portato per qualche ora in India, e per essere stata in ottima compagnia. Soprattutto è stato trovarsi attorno a un tavolo di un ristorante indiano insieme con dieci persone, che mai si erano incontrate prima, unite solo dall'interesse per l'India e da quell'arcano filo che attraverso link, post, blog, forum, motori di ricerca, richeste di amicizia su Facebook e altre diavolerie informatich

La morte di Vishnu

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di Manil Suri Nelle sue pagine sono riecheggiate le notizie degli attentati a Mumbai dei giorni scorsi. Se non ci fossero stati, probabilmente l'avrei letto in modo diverso, con più attenzione alla speranza e meno ai conflitti. Ma l'ho letto così. E forse mi è piaciuto per questo, per il suo saper trattare questi conflitti con il senso della quotidianetà, con le parole dei sogni e della fantasia, per il suo saper far riecheggiare i miti e le leggende dell'induismo nel realismo della vita quotidiana.  Con La morte di Vishnu , viviamo per 24 ore in un caseggiato di Bombay. Un microcosmo simbolo di una città enorme e contraddittoria. Ai suoi piani, abitanti diversi: due famiglie indù in lotta fra di loro, perse nelle meschinità quotidiane fatte di litigi sui presunti furti di pochi cucchiai di ghee , di cisterne dell'acqua, di partite di carte con la (presunta) meglio società. Una famiglia musulmana, con un marito indeciso fra razionalismo e desiderio mistico di illum