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Visualizzazione dei post da ottobre, 2010

Una stanza, una sera, a Calcutta

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A Calcutta dormivo in una stanzetta al secondo piano della casa di Dhananjay Ghosal , il poeta bengalese che mi ha molto gentilmente ospitato nella sua città e nel suo mondo. Mi facevano compagnia libri, riviste, i mille fogli e manoscritti di Dhananjay, e la statua di Saraswati, la dea delle arti. Mentre dormivo sotto la zanzariera, mi guardavano da un quadro appeso al muro anche Einstein e Tagore, immortalati insieme in una famosa foto scattata nel 1930 in Germania, dove i due premi Nobel si incontrarono per discutere di fisica, filosofia, religione e musica. Trovare questa foto - a cui sono molto affezionata - nella "mia" stanza a Calcutta è stato per me, una fisica appassionata di letteratura indiana, il massimo della vita. Solo l'ultima sera trascorsa a Calcutta, ho scoperto che quella stanza, oltre a essere lo studio di Dhananjay, è anche qualcosa di più: è il luogo di incontro per vere e proprie serate letterarie. Mi sono ritrovata in mezzo a vari amici poeti,

I giorni dell'amore e della guerra

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di Tahmima Anam Era da un po' che avevo visto questo libro in libreria, ma il titolo terribile, la copertina rosa (non la foto in sé, che era bellissima) e la frase " la battaglia di una madre per salvare i propri figli " mi avevano finora intimorita. Poi ho scoperto che il titolo originale è A golden age e che è uno dei pochi romanzi in lingua inglese scritti da autori originari del Bangladesh (anche se Anam Tahima, nata a Dacca, ha studiato all'estero e vive a Londra). Non che ci tenga che sia in inglese, mi andrebbe bene - anzi meglio - anche una traduzione dal bengali, ma ce ne fossero... Il romanzo è ambientato nel 1971, durante la sanguinosa guerra di liberazione che ha portato alla creazione dello stato del Bangladesh. Prima di quell'anno, come effetto della Partizione del 1947, il Pakistan era formato da due entità territoriali distinte, il Pakistan Occidentale (cioè il Pakistan odierno) e quello Orientale (cioè l'attuale Bangla

Omaggio a Mahasweta Devi

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Proprio nei giorni scorsi, a proposito di scrittori che scrivono in bengali, si parlava qui sul blog di Mahasweta Devi. Delle sue storie, dure e spietate, avevo raccontato anche qui qualche anno fa. Ricevo oggi quest'invito per un pomeriggio di fine ottobre a Roma con la grande scrittrice.  Purtroppo io non potrò andare, ma inoltro volentieri per tutti quelli che vorranno conoscere Mahasweta Devi e il mondo che lei racconta. Sabato 30 ottobre, alla Casa internazionale delle donne ore 16.30, Sala Tosi, Via della Lungara, 19 - Roma Mahasweta Devi, scrittrice e attivista sociale, da oltre mezzo secolo combatte, con l’attenzione, la trasmissione e il racconto, contro le violenze di cui sono oggetto soprattutto le donne delle popolazioni tribali dell’India, gli adivasi . Devi, di cui in Italia conosciamo La preda e altri racconti , La cattura , Invisibili e La trilogia del seno , usa la memoria e l’infinita ricchezza delle lingue del subcontinente per rendere v

Killing the water

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di  Mahmud Rahman Più acqua che terra Più acqua che terra: così appare il Paese di origine di Mahmud Rahman, visto dall'alto, dall'aereo che lo riporta a casa, a Dacca. Un labirinto grigio-blu di fiumi zigzaganti in mezzo a un mosaico di campi verdi. Eppure proprio quell'acqua, fonte di vita come una madre, come le madri e le donne di queste storie, viene maltrattata e uccisa, come suggerisce il racconto che dà il titolo al libro. Mahmud Rahman è un autore nato a Dacca nel 1953, rifugiato a Calcutta durante la guerra del 1971 e poi emigrato negli Stati Uniti. Killing the water è il suo primo libro, scritto in lingua inglese, per il momento pubblicato solo in India e nel subcontinente. Ed è il primo libro del mio viaggio alla scoperta del Bangladesh.  In questi racconti, l'immagine del Bangladesh e dei suoi abitanti rispecchia quella delle sue acque: liquida, mutevole, sempre in divenire, sempre in esilio nella propria terra, intrisa di separazioni e

Il Bangladesh al di là del fiume

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Taki è una piccola città indiana sull'Ichamati, il fiume che segna il confine fra India e Bangladesh. In sé non ha vere e proprie attrazioni turistiche, ma visitarla con Pradeep, un pittore amico di Dhananjay, è stata un'esperienza memorabile, alla scoperta del busto di Chandra Ray (lo scienziato bengalese), del crematorio e dei chioschi di chai, della scuola dove tutti mi chiedono se per favore possiamo parlare per 5 minuti in inglese, delle barche di pescatori lungo il fiume. Per poi addentrarci nei dintorni: rurali, verdissimi e poveri, dove piccoli tempietti dedicati a Kali e a Durga spuntano come funghi sotto gli altalenanti scrosci del monsone, e dove gli uomini si lavano nella fitta ragnatela di ruscelli che imprigiona e nutre la vegetazione. Per chi l'ha visto, sembra di essere dentro Pather Panchali , lo splendido film di Satyajit Ray (e per chi non l'ha visto, consiglierei di farlo - intanto mi sto leggendo il libro). Per Pradeep quest