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Visualizzazione dei post da maggio, 2009

Umrao Jan Ada

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di Mirza Mohammad Hadi Ruswa È evidente che non sono una grande esperta di ordini on-line. Solo dopo aver letto la traduzione inglese dall’urdu di David Matthews ordinata su amazon (un libro dall'inconfondibile odore di India), mi sono accorta che avrei, forse, potuto aggiudicarmi quella italiana, cioè questa: M. M. H. Ruswa, L a cortigiana Umrao Jan Ada (romanzo indiano) , traduzione dalla lingua urdu e cura di Daniela Bredi, L'Harmattan Italia, 2001 Ma la verità è che non ho saputo resistere al primo titolo apparso e l'ho subito ordinato. È stato principalmente il film di Muzaffar Ali con Rekha, del 1981, a spingermi a leggere questo romanzo, ma anche il fatto che, in quasi ogni dove, Umrao Jan Ada , scritto da Mirza Mohammad Hadi Ruswa (1857-1931) e pubblicato intorno al 1900, viene battezzato come "il primo vero romanzo urdu". Non potevo certo rischiare di perderlo. Amo i primi romanzi di una lingua, solidissimi e forse un po' ingenui, ai nost

Storie elettorali

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Ogni tanto un uomo si dichiara cittadino dell'India democratica e vuole esprimere il proprio voto. Era il caso del conducente di risciò. Si dichiarava libero dalle Tenebre: quel giorno aveva fatto la sua Benares. S'incammino verso la cabina elettorale nella scuola. - Si presume che io mi ribelli ai ricchi, no? - disse. - Non è quel che continuano a dirci? Quando ci arrivò, i sostenitori del Grande Socialista avevano già scritto su una lavagna i risultati dello scrutinio: 2341 voti, tutti per il Grande Socialista. Vijay, in piedi su una scala, stava inchiodando al muro uno striscione col simbolo del Grande Socialista (le mani che spezzano le catene). Lo slogan diceva: LAXMANGARH SI CONGRATULA CON IL GRANDE SOCIALISTA PER LA SUA VITTORIA ALL'UNANIMITÀ! Quando vide il conducente di risciò, Vijay lascio cadere cartello, chiodi e striscione. - Che ci fai qui? - Sono venuto a votare, - sbraitò lui. - Oggi non ci sono le elezioni? Non vidi cosa fecero a quell'uomo

Quel treno per il Pakistan

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di Khushwant Singh "L'estate del 1947 non fu come le altre estati indiane. Quell'anno persino il tempo, in India, sembrava diverso. Faceva più caldo del solito e tutto era più secco e polveroso. E l'estate durò più a lungo. Nessuno ricordava un epoca in cui i monsoni erano giunti con tanto ritardo. Per settimane, le rare nubi produssero solo ombre. Niente pioggia. La gente continuò a dire che Dio li stava punendo per i loro peccati." Anche il clima in quella folle estate impazzì, scrive Khushwant Singh nell'incipit di uno dei romanzi indiani da me più amati, di cui (non so neanche io perché) non ho ancora parlato in queste pagine. Nell'estate del 1947, anno della Partizione che fece di India e Pakistan due nazioni indipendenti e nemiche, oltre al tempo impazzì anche la Storia, segnando ferite profonde ed epocali, dividendo comunità, causando milioni di profughi, di morti e di massacri, scatenando migrazioni di massa di musulmani verso il Pakistan e

Animal è arrivato

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L'ho visto. Animal di Indra Sinha, come promesso qualche settimana fa , è arrivato in libreria. Nella splendida traduzione di Vincenzo Mingiardi, che a giudicare dalle poche pagine che ho letto così, su due piedi (e dire "su due piedi" parlando di Animal acquista un senso particolare), rende giustizia al linguaggio sboccato ed espressivo da ragazzo di strada di Animal. Già che ci sono, aggiungo anche qualche informazione. Indra Sinha , metà indiano e metà inglese, nato in India, con studi a Cambridge, prima copywriter e ora scrittore a tempo pieno, segue da diversi anni la causa di Bhopal, dove ha allestito il Bhopal Medical Appeal per curare gratuitamente le persone colpite dal disastro. Il libro è entrato nella shortlist del Booker Prize nel 2007 (ma non l'ha vinto) ed è decicato a Sunil, un Bhopali che purtroppo non è vissuto abbastanza per vederne la pubblicazione, a cui l'autore si è ispirato (ma solo ispirato) per certe caratteristiche di A

La bambina che non poteva sognare

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di Bina Shah In seguito al trionfo di The millionaire e alle relative polemiche indiane, e in realtà anche di altri libri o film sull'India che parlano della povertà delle baraccopoli, ho letto più volte questo commento indispettito su siti, blog e giornali indiani: ma cos'è che ci trova l'Occidente nei nostri slum? Commento che, in forma diversa ma uguale nella sostanza, ho sentito più volte anche di persona: a molti indiani risulta del tutto incomprensibile come si possa passare una vacanza con i bambini di uno slum, di sicuro agli indiani delle classi sociali più alte, ma ancora di più agli abitanti stessi degli slum. Però è sempre più evidente: a sentire parlare di baracche, di fogne a cielo aperto, di vita passata fra rifiuti con troppe bocche da sfamare, ma (forse) con un più forte spirito comunitario, l'Occidente benestante si commuove (senza polemica, mi ci metto dentro anche io). Mi sono data due spiegazioni. Una ottimista: l'Occidente, nella sua r