Piccolo soldato di Dio

di Kiran Nagarkar

Non c'è dubbio: Kiran Nagarkar, l'autore di Ravan & Eddie, è un grande narratore dotato di genio e di ironia, anche se questo romanzo è allo stesso tempo troppo denso e troppo dispersivo per essere apprezzato fino in fondo.

Piccolo soldato di Dio è la storia di Zia Khan, un personaggio eccezionale, nato a Bombay in una famiglia musulmana liberale e moderna - con l'unica eccezione della zia Zubeida, fanaticamente devota all'Islam.

Fin da piccolo Zia sa di essere un prescelto da Dio e la strada che abbraccerà sarà sempre quella di una fede assoluta e intollerante, con inclinazione al supplizio e all'inseguimento cieco, senza se e senza ma, di quella che pensa essere la volontà di Dio.

Impariamo a conoscerlo nella sua infanzia a Bombay, nella sua scuola esclusiva, per poi seguirlo a Cambridge (è un genio matematico con interesse verso l'economia) dove partecipa a tutti i convegni letterari con l'intento di uccidere Salman Rushdie, il "Principe delle Tenebre", per i suoi Versi satanici.

Dopo una parentesi da terrorista a sgozzare la gente in Kashmir, di cui solo verso la fine del libro sapremo qualche cosa (ma non molto), lo troviamo in un monastero trappista in California, dove risponde al nuovo nome di Lucens, pronto a prendere i voti e vivere nel nome di Gesù Cristo.

Da qui inizia la sua nuova missione contro l'aborto, gli omosessuali e la deriva morale del mondo americano, tutto questo finanziandosi giocando in borsa per poi finire nel mercato del traffico d'armi.
E poi rinascere con un nuovo nome, Tejas, al seguito di un guru tantrico.

Zia/Lucens/Tejas è un personaggio enorme, esagerato, un superman che occupa tutto il romanzo con la sua determinazione. È intorno a lui che girano diversi personaggi, alcuni memorabili, altri meno riusciti.

Il più importante è il fratello Amanat, mezzo scrittore e mezzo architetto, asmatico e fragile, che conosciamo soprattutto attraverso le lettere che scrive a Zia e gli estratti del suo romanzo su Kabir (che sono fra le parti più belle di Piccolo soldato di Dio). Il rapporto con il fratello, che Zia considera un debosciato e un fallito ma di cui il lettore apprezza l'umanità contrapposta all'ideologia del protagonista, è la molla che dà forza e complessità al romanzo.

Nagarkar descrive Zia in modo intelligente e ironico, ma dopo la bellissima prima parte iniziamo a stancarcene già prima della metà del libro, anche perché ormai abbiamo capito l'andazzo: un estremista, uscito da una famiglia liberale e altamente istruito, dedito alla causa della fede (che va al di là delle singole religioni, perché "la sua religione è l'estremismo").

Tutto il romanzo oscilla tra farsa e riflessioni profonde, tra caricatura e tentativo di descrivere la complessità del pensiero di un estremista, tra l'emergere spontaneo di un protagonista e il continuo scavalcamento di Nagarkar che vuole chiarire (per contrasto o per analogia) che cosa pensa.

È decisamente un libro non ordinario, fatto di una scrittura enfatica e diseguale, che trabocca di grandi idee, incentrato su un personaggio bizzarro che difficilmente risulta credibile. Un libro a tratti molto brillante, a tratti troppo virtuosistico nelle sue 650 pagine, che però mi ha fatto venire voglia di continuare con Nagarkar e con le sue storie (prossimo candidato: Cuckold...).

Commenti

  1. cara, grazie per questa ennesima chicca, e un abbraccio indiano anche a te, triste come te per l'ennesimo attentato alla "nostra" Bombay

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  2. E pensare che ho finito proprio ieri questo libro il cui protagonista è un estremista disposto ad ammazzare in nome della fede...
    Mi spezza il cuore e le gambe.
    Un abbraccione

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  3. In ogni caso dà da pensare che l'estremista sia tutt'altro che stupido: non è un povero bambino venuto dalla strada cui l'Imam di turno inculca i propri valori. Pare proprio che l'estremismo abbia qualcosa a che fare con l'animo umano, sia una specie di stortura dei meccanismi di autodisciplina e autostima.
    Concordo con il tuo giudizio sulla scrittura un po' diseguale e talvolta prevedibile, ma aggiungerei alla tua bella recensione che si tratta di un romanzo intellettualmente coraggioso.

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  4. Ciao Alessandro!

    In effetti l'ha descritto come un vero proprio genio: migliori scuole, migliori università... all'inizio poi è proprio molto simpatico (diciamo fino a prima che diventi Lucens), e non lo si sente come un personaggio troppo lontano dal nostro sentire.

    Concordo che il romanzo sia intellettualmente coraggioso, e anche intellettualmente complesso, non banale.

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