La casa e il mondo
di Rabindranath Tagore
In attesa di vedere la sua trasposizione cinematografica, a rileggerlo oggi ha tutto il fascino di passioni e sentimenti che sembrano appartenere a un altro mondo, a un'altra epoca o semplicemente ai giorni andati dell'adolescenza, ma che le parole di Tagore tornano a far divampare e rivivere.
Avete visto il programma del River to river, il festival di cinema indiano che ogni anno agli inizi di dicembre si tiene a Firenze?
Quest'anno io ci sarò, anche perché c'è un
interessante "focus su Tagore".
Anche perché vorrei recuperare, visto che quest'anno mi sono persa tutti gli eventi a Calcutta per
il 150esimo della nascita di Tagore, di cui però mi hanno
prontamente mandato notizie e impressioni, riuscendo così a
farmi impazzire dalla nostalgia.
Uno dei film che saranno proiettati è di Satyajit Ray, girato nel 1984
e tratto da un romanzo di Tagore, Ghare Baire (La casa e il mondo)
del 1915.
Ho riletto il romanzo in questi giorni per l'occasione e quindi
eccomi qui a consigliarvi di leggerlo (anche se non sarete al River
to river!).
Con una sola avvertenza: lo stile di Tagore, ai nostri occhi
moderni, ha un ritmo lento, un sapore antico, fatto di
sospiri e di discorsi sentimentali, molto poetico, totalmente romantico.
La storia è raccontata attraverso i diari di tre
personaggi: le voci si alternano, prendendo la parola in lunghi
monologhi, in cui ognuno confessa le sue emozioni, giustifica le sue
azioni, espone le proprie opinioni, politiche o personali.
Il romanzo inizia con la voce di Bimala, moglie devota di Nikhil, un nobile idealista, illuminato e progressista.
La massima gioia di Bimala è quella di sfiorare
di nascosto i piedi del marito al mattino presto senza svegliarlo, per esercitare in
segreto la propria venerazione.
Ma Nikhil la spinge a uscire di casa per entrare "nel mondo", un mondo che è il Bengala del 1908, infiammato dalle tensioni politiche e dallo swadeshi, la forma di lotta contro l'impero britannico che aveva come strategia il boicottaggio di ogni merce straniera.
Ma Nikhil la spinge a uscire di casa per entrare "nel mondo", un mondo che è il Bengala del 1908, infiammato dalle tensioni politiche e dallo swadeshi, la forma di lotta contro l'impero britannico che aveva come strategia il boicottaggio di ogni merce straniera.
Il mondo entra in casa di Bimala soprattutto attraverso
un amico del marito, Sandip, un carismatico leader politico capace di incendiare gli
animi con la sua passione sanguigna e coinvolgente.
Nasce così un triangolo amoroso:
Bimala rimane affascinata da Sandip ed è disposta a seguirlo nella sua
ideologia politica, mentre Nikhil ama e rispetta profondamente Bimala tanto da
lasciarla libera di fare le sue scelte.
Tutto il romanzo gira intorno alle divese posizioni dei due
personaggi maschili: Nikhil è idealista, tollerante, colto e razionale, crede nell'umanità, nella pace e nella lotta non
violenta, mentre Sandip, feroce e narcisista, radicale e senza scrupoli, è pronto a tutto,
anche a indurre a rubare o a mandare in rovina i più poveri: tutto per la causa, e per
il suo successo personale.
Attorno
ai tre protagonisti si aggirano personaggi
minori: la cognata gelosa, il vecchio maestro di Nikhil e il giovane Amulya,
succube di Sandip e affezionatissimo a Bimala, che diventa il
simbolo della gioventù bengalese pronta a tutto nel seguire l'ideologia
demagogica del nazionalismo.
Il
messaggio è forte e chiaro: avvertire dei pericoli del nazionalismo e
della violenza, in un periodo in cui
lo swadeshi, imposto con la forza, aveva assunto le forme del
terrorismo, sfociando anche in violenze comunaliste fra musulmani e
induisti.
La
forte contrapposizione fra Nikhil e Sandip rende i personaggi un po'
schematici, quasi allegorici, come in una favola morale.
In questo senso i due persomaggi risentono del messaggio intellettuale di Tagore, ma così il romanzo diventa anche uno strumento complesso per approfondire una serie di contrasti dell'epoca
che sono ancora attuali in India e nel mondo: modernità e
tradizione, materialismo e idealismo, illusione e realtà, pubblico e privato, emancipazione della donna e responsabilità.
È Bimala, in mezzo alle due visioni contrapposte a dare però dinamismo e vitalità al romanzo: è lei che cambia, si evolve, si agisce e si pente,
si entusiasma e si ricrede, con gesti concreti
che le fanno prendere consapevolezza di sé e muovono
i fili dell'azione.
Scritto
in bengalese nel 1915 (due anni dopo il Nobel), fu tradotto in
inglese nel 1919 dal nipote Surendranath, con la collaborazione di Tagore stesso.
Si può
leggere in inglese direttamente qui, oppure in italiano nella traduzione di Chiara Gabutti.
In attesa di vedere la sua trasposizione cinematografica, a rileggerlo oggi ha tutto il fascino di passioni e sentimenti che sembrano appartenere a un altro mondo, a un'altra epoca o semplicemente ai giorni andati dell'adolescenza, ma che le parole di Tagore tornano a far divampare e rivivere.
A proposito di Tagore. Sai mica se si trova Gora? in italia?
RispondiEliminaIn italiano è tradotto con il titolo "un dio per tutti", secondo me lo si trova in biblioteca (è vecchiotto...) o nei remainder. Almeno qui a Bologna in biblioteca c'è.
RispondiEliminaMagari è tenuto sottochiave nella fantastica libreria in cui ti devi far chiudere dentro!
Grazie mille. Proverò a trovarlo in italiano. Mi serve per un lavoro sul sincretismo che sto preparando. Ho bisogno delle citazioni in italiano.
RispondiEliminaNella libreria mi sono chiusa. Spettrale, fredda ma tanto affascinante...ho trovato bei volumi degli anni 60 e 70. Per il momento non si parla ancora di entrare per una nuova missione da topo bibliotecario.
Ero sicura che avresti saputo indirizzarmi. Grazie. Grazie anche per la, come sempre fantastica, recensione
Ma figurati...
RispondiEliminaSpero che ci parlerai di questo lavoro che stai facendo, mi hai incuriosito!
Io adoro le librerie piene di libri vecchi e decrepiti, peccato che stiano scomparendo.
Un abbraccione
ciao Silvia, quando vai a firenze? io stavo pensando di andare sabato 3. Ma bisognerebbe stare almeno due giorni... vedremo!
RispondiEliminaVado sabato 3 e domenica 4.
RispondiEliminaSpero di vederti!
Io non credo di riuscire a venire al River to River quest'anno. Uffa, ho troppo lavoro arretrato!
RispondiElimina"The Home and the World" l'ho comprato quest'estate, ma devo ancora leggerlo.
Peccato Stefania, mi dispiace non vederti!
RispondiEliminaCiao Silvia,
RispondiEliminaseguo da poco il tuo blog e lo trovo molto interessante. Ho preso nota del festival (di cui ignoravo l'esistenza, nonostante sia alla sua undicesima edizione!) e anche del libro di Tagore che hai citato in questo post. Continuerò a leggerti con molto piacere!
Benvenuta Betelgeuse!
RispondiEliminaSe decidi di andare al festival a Firenze, fammi sapere!
PS: bello, il nome Betelgeuse! Ho un rapporto molto intimo con la nostra gigante rossa, per lavoro sono spesso lì a ricercare sue nuove "foto" e immagini.
Ho ordinato su e-bay il libro e ora è già tra le mie mani. smaltisco la pila sul comodino e comincio. grazie ancora. forse vengo a Firenze...anche se ci sarebbe Londra come alternativa
RispondiEliminaBene, spero di vederti, anche se ti capisco se poi decidi per Londra!
RispondiEliminaCara Silvia, sono d'accordo solo parzialmente con te. IL romanzo di Tagore "Ghare Baire" (La casa e il mondo) secondo me è un capolavoro, e sono rimasto colpito dalla sua freschezza, sia per l'analisi psicologica dei personaggi sia per l'interessante ricostruzione del momento storico-politico delle mobilitazioni indiane per lo swadeshi.
RispondiEliminaIL film che Satyajit Ray ne ha tratto, invece, secondo me non è all'altezza del libro (e lo dico con una paunta di dolore, perché Ray è in assoluto uno dei miei registi preferiti) anche perché Ray rinuncia a un'idea geniale del libro di Tagore, quella di strutturare tutta la vicenda in un intreccio di monologhi, mentre avrebbe potuto conservare quella struttura (ricordi "Rashomon" di Kurosawa?). Detto ciò, vale comunque la pena di vederlo, e il Festival di Firenze fa benissimo a fare un focus su Tagore.
A risentirci, ciao
Marco
Ciao Marco,
RispondiEliminanon ho (ancora) visto la trasposizione di Ray, ti farò sapere dopo il festival!
Anche io penso che il romanzo sia un capolavoro!
L'unica cosa è che a tratti mi è sembrato che Tagore sia intervenuto troppo con il suo messaggio intellettuale e in questi punti (non sempre, in alcuni passaggi) sia venuta meno la freschezza psicologica dei due personaggi maschili.
Ci sentiamo presto!
Ciao Silvia,
RispondiElimina,mi piace Gare Bhaire perché è una riflessione piuttosto in controtendenza rispetto alla favola in cui i nazionalisti sono buoni e gli altri cattivi. Tagore in quegli anni stava mettendo insieme il villaggio di Shantiniketan e, da zamindar egli stesso, doveva ben rendersi conto di come il nazionalismo della middle class (soprattutto induista) venisse alla fine pagato dai subalterni(soprattutto musulmani). Lo sguardo sul "mondo" è davvero aperto e illuminante; persino gli inglesi sono trattati tuttosommato bene. A proposito, Past Continuous (AKA A Life Apart)di Neel Mukherjee parte da questo romanzo per ri scriverlo dal punto di vista di Miss Gilby, l'insegnante di inglese di Bimala.
Ciao Alessandro!
RispondiEliminaSì, infatti Tagore è Nikhil: illuminato e illuminante.
Alcuni lo hanno accusato di essere un servo degli inglesi...
Ah, Past Continuous fa parte della mia pila di libri da leggere, interessante che sia il punto di vista di Miss Gilby, quasi quasi ora lo inizio!