Storie d'amore indiane

a cura di Sudhir Kakar


L'incontro fra un uomo e una donna, un tempo marito e moglie e ora divorziati e risposati, nella sala d'attesa di una stazione ferroviaria. 
La lotta, fisica e intellettuale, fra i 5000 anni di tradizione induista e gli assorbenti interni.
Il tradimento di una giovane moglie che ha sposato il proprio marito solo perché non c'era altro di meglio da fare.
La povertà di una giovane vedova che vive accanto a un crematorio con i suoi figli.
Un marinaio che parte per mare solo quando la moglie rimane incinta, in modo che non lo tradisca.  

Era da tanti anni che avevo questo libro in lista d'attesa e finalmente mi sono decisa. 
Era rimasto un po' indietro perché, nonostante l'entusiasmo iniziale per il fatto che le storie fossero scritte in varie lingue indiane e non in inglese, la faccenda delle storie "d'amore" mi aveva un po' frenato. E anche il fatto che, come sapete, non sono una gran lettrice di racconti. 

Bene, sull'amore, non c'è stato pericolo. Perché oltre a essere "d'amore", queste storie sono anche "indiane". Niente è scontato, in India, neanche in amore: ogni storia si porta dietro un mondo di altri aspetti. 
Ci sono le relazioni sociali, il ruolo della donna, la sessualità, i pregiudizi religiosi e razziali.

Molte storie, poi, in realtà sono più di disamore che di amore. 
L'amore è spesso crudele, senza lieto fine, decisamente poco romantico. Anzi, spesso l'amore finisce, quasi che sia la sua condizione naturale, quella di esaurirsi dopo un po'.
Ci sono molti altri aspetti che alla fine vincono sull'amore: orgoglio, violenza, gelosia, onore, sesso e solitudine.

La raccolta è curata da Sudhir Kakar, autore di Mira e il Mahatma, che descrive nella sua introduzione come appunto il shringara rasa, il sentimento d’amore eterno descritto nei testi antichi, non abbia più posto nell'India moderna
Ogni racconto proviene da una lingua diversa: tradotto in inglese (dall'autore stesso o da un traduttore) è stato poi ritradotto in italiano.  
Possiamo così finalmente assaporare racconti dal bengali, dall'hindi o dall'urdu, ma anche dal malayalam, dall'assamese o dal konkani.

Ho trovato alcuni di questi racconti pieni di vivacità e di brillante cinismo, mentre altri un po' meno briosi e più didascalici, ma sono tutti interessanti. 

Fra gli scrittori (anzi, scrittrici) che già conoscevo, ho ritrovato Kamala Das, con il suo racconto dal malayalam di una moglie costretta in un matrimonio ormai senza amore, e Ismat Chughtai, scrittice urdu con un vivace racconto di una donna che viene amata solo quando è amante, ma non quando diventa moglie. 

Leggendo queste storie si potrebbe quasi dire che l'amore oggi in India non esiste, soffocato dalle convenzioni della tradizione, dal concetto di matrimonio che fa morire l'amore (tanto che è poi, in molti casi, il divorzio a riaccenderlo) o dalle aspirazioni delle nuove generazioni. 

Ma poi lo troviamo nascosto fra le pieghe della società tradizionale, in mezzo a un divorzio o a un adulterio. 
L'amore, a volerlo riconoscere, è un tè versato per due, magari quando si è distratti a pensare ad altro. Ma se lo si vuole riconoscere, ecco lì le due tazze di tè, che parlano chiaro più di ogni altra cosa. 


Sudhir Kakar, Storie d'amore indiane, Neri Pozza 2007  
Traduzione di Normal Gobetti e Anna Nadotti 
pp. 256, €15,50


Commenti

  1. Sai che non ho mai letto niente di Sudhir?
    Intanto ho letto con molto gusto la raccolta di Mahesh Rao, *One point, Two billion*, i racconti sono belli, meritano. Ti porterò il libro.

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  2. Queste operazioni di doppie traduzioni a me fanno sempre un po' dispiacere, innanzitutto per ovvi motivi letterari e stilistici, e poi perché gli editori italiani non vogliono mai pubblicare traduzioni da lingue indiane, ma va bene se si passa dall'inglese, senza contare che diversi traduttori che affermano di tradurre da una lingua indiana in realtà passano dall'inglese (e chi ne mastica qualcuna se ne accorge subito). La prosa in lingue indiane è molto particolare e diversa da quella anglo indiana a volte, invece, molto semplice. In doppia traduzione si perde tutto...

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    Risposte
    1. Sono d'accordo con te, e non sai quanto mi piacerebbe leggere traduzioni direttamente dalle lingue indiane!
      In particolare per la lingua malayalam (ma anche tutte le altre, ovviamente).
      In mancanza d'altro mi accontento di queste doppie traduzioni, oppure di leggere in inglese.
      Spero sempre un giorno di arrivare a leggere un libro direttamente in malayalam o in bengali.

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