Mappe per amanti smarriti

di Nadeem Aslam

Comincia benissimo, questo bel romanzo di Nadeem Aslam, autore pakistano che vive in Inghilterra dall'età di 14 anni.
Comincia con una dedica a Faiz Ahmed Faiz, uno dei miei poeti preferiti al mondo, che dice:

Per mio padre
che fin dall'inizio, tanti anni fa, mi consigliò 
di scrivere sempre d'amore 
e per  
Faiz Ahmed Faiz
1911-1984
Abdur Rahman Chughtai
1894-1975
due maestri che, ciascuno a modo suo, mi hanno insegnato 
cos'altro sia degno d'amore

(Abdur Rahman Chughtai è un artista pakistano i cui dipinti sono perfettamente in sintonia con lo stile di questo libro, sarebbe stato meraviglioso averne messo uno in copertina.)


Si capisce poi, fin dalle prime pagine, che Nadeem Aslam ama la poesia e cura anche il più piccolo dettaglio.
È uno scrittore che si prende tutto il tempo per descrivere lo sciogliersi dei fiocchi di neve durante la prima nevicata della stagione ("fiocchi di neve che perdono il loro biancore sul palmo della mano per diventare ostie di ghiaccio trasparenti prima di sciogliersi in acqua") oppure, più avanti, le sfumature precise delle punte delle cipolle tagliate a fette messe a friggere in pentola (ovvero "rosso pallido e giallo-marrone - le forme e i colori dei viticci decorativi sugli ornamenti di vetro veneziano").

D'altra parte Nadeem Aslam ci ha messo 11 anni a scrivere questo libro.  Ogni singola parola è scelta con estrema cura e pensata per un lettore altrettanto attento, che vuole concedersi del tempo per assaporare la prosa raffinata (ma sempre misurata e senza alcun intento di voler stupire) di questo romanzo.

Questa prima positivissima impressione si conferma in ogni singola pagina, anche quando i personaggi e la storia diventano più familiari.
Il romanzo è ambientato nel quartiere di una città inglese in cui vive una comunità pakistana. Non conosciamo il nome della città; sappiamo solo che i suoi abitanti la chiamano Dasht-e-Tanhaii, il Deserto della Solitudine. Allo stesso modo, anche i riferimenti temporali sono pochi e vaghi: capiamo che siamo negli anni Novanta, ma al lettore rimane lo stesso senso di disorientamento spazio-temporale che provano i personaggi del romanzo, sradicati dalla propria nazione. 


Siamo sì in Inghilterra, ma di fatto Dasht-e-Tanhaii è un pezzo di Pakistan preso e trasportato in un altro Paese ("una sacca di Terzo Mondo all'interno del Primo").
I nomi ufficiali inglesi delle strade e delle piazze sono stati sostituiti dagli abitanti con una nuova toponomastica tutta pakistana.

Gli inglesi praticamente non compaiono mai, e gli stessi pakistani cercano di evitarli il più possibile, fedeli alle loro tradizioni: l'Inghilterra è un "bordello" di gente depravata, infedele e impura, in cui gli immigrati pakistani sono costretti a vivere ma con cui vogliono avere a che fare il meno possibile, tanto che la protagonista del romanzo conta il numero di volte che ogni anno è stata "costretta" a rivolgere loro (frettolosamente) la parola (e il numero sta sulle dita di una mano: "quest'anno tre, l'anno scorso cinque, l'anno prima zero, l'anno prima ancora tre").

Dasht-e-Tanhaii è un ghetto, una comunità che vive in una condizione di sradicamento e alienazione, con la nostalgia di un Pakistan idealizzato e perfetto, islamicamente puro. 
Una comunità che fa di tutto per non integrarsi e che sceglie di vivere in una condizione di autoreclusione, terrorizzata da ogni possibile contaminazione inglese.

La storia ci porta nella famiglia di Shamas e Kaukab, marito e moglie, alle prese con la sparizione di Jugnu, il fratello di Shamas, e della sua amante Chanda.
Jugnu e Chanda sono vittime di una morale che non ammette che due persone possano vivere insieme al di fuori del matrimonio (ma poi non è che non si vogliano sposare, è solo che non possono: Chanda è di fatto divorziata anche se l'ex-marito l'ha abbandonata senza formalizzare il divorzio).
L'intera comunità è ancorata a ferree leggi islamiche che alla nostra sensibilità di lettori occidentali sembrano assurde e disumane. Il senso dell'onore, legato a una visione del mondo che vede possibili peccati ovunque, pervade tutta la società.

La storia che Aslam ci racconta dura un anno; il libro si apre e si chiude con una nevicata e la trama segue il ritmo delle stagioni: in inverno tutto è gelato e addormentato, e si parla del passato, in primavera sbocciano i fiori e sono i figli a venire in primo piano, l'estate è la stagione dell'amore e l'autunno quella in cui tutto volge al termine.
Con il passare dei mesi, conosciamo a poco a poco i membri della famiglia di Shamas e le dinamiche della comunità: i figli che sono andati via alla ricerca di libertà, i vicini di casa, la famiglia di Chanda, le loro vicende passate.

Aslam non trascura nessun personaggio. Da occidentali, ci sentiamo molto vicini a Shamas, per le sue idee laiche e liberali, per il suo amore per la letteratura e l'arte, e anche per le sue debolezze.
Siamo invece lontanissimi da sua moglie Kaukab, donna semplice e completamente devota all'Islam. Eppure è impressionante come Nadeem Aslam abbia saputo dare uno spessore anche a questo personaggio: per quello che dice e che fa, potremmo odiarla, e invece riusciamo a creare un senso di empatia nei suoi confronti.

Kaukab è un personaggio a tutto tondo, forte e completo. Non è semplicemente una donna sottomessa ma è pienamente padrona di quello che riconosce come il suo mondo: la famiglia e la casa (in particolar modo la cucina: quante belle descrizioni dei piatti che prepara!).
Così come lei, le altre figure femminili del romanzo incarnano l'ambiguità di essere vittime di un sistema che sono loro stesse a perpetuare nei confronti di altre donne o delle figlie.

In effetti, in quanto a eventi narrati, Mappe per amanti smarriti potrebbe far rabbrividire: matrimoni forzati con cugini primi arrivati appositamente dal Pakistan, violenze domestiche, aborti, omicidi d'onore, abusi sui bambini, pestaggi, una ragazza picchiata a morte da un esorcista, donne che si ritrovano divorziate "per sbaglio" perché il marito ubriaco ha ripetuto tre volte la parola "talaaq" e che si devono risposare e ridivorziare prima di poter tornare dal marito e dal figlio.

Ma questo non è un romanzo militante o di denuncia: ogni singola pagina è profondamente poetica e intrisa di malinconia. I fatti, in sé così spietati e feroci, sono sempre descritti con grazia ed equilibrio, e l'assurdità dei precetti islamici è raccontata con uno sguardo critico accompagnato da una delicata sensibilità. 

Nonostante tutto, Mappe per amanti smarriti non è un romanzo cupo, ed è invece pieno di struggimento e malinconia. Accanto alla nostalgia per un Paese lontano, convive un sentimento di perdita che pervade tutta la storia: la perdita dovuta alla scomparsa di Jugnu e Chanda, ma anche quella di una vita non vissuta, di passioni smarrite e di amori che avrebbero potuto essere ma non sono più.
È un romanzo ricco di metafore intessute come i motivi floreali di un tappeto persiano, pieno di fiori, falene, pavoni e farfalle, simboli della poesia urdu, perché le radici pakistane non significano solo omicidi d'onore e arretratezza culturale, ma anche una lunga tradizione artistica e musicale.

È un romanzo pieno d'amore.


Nadeem Aslam,  Mappe per amanti smarriti, Feltrinelli 2004 
Traduzione di Delfina Vezzoli

382 pagg.,  18,50 


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