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Visualizzazione dei post da gennaio, 2009

Prima visione di Ghalib

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Non ne ho più parlato, ma nel tempo libero che si fa sempre più sottile, io sono sempre lì, in preda al mio innamoramento urdu , che continua disordinato, instancabile e insonne (nonché assolutamente incompreso nel mondo reale). Nel mio dolce vagare, prendo tutto quello che viene, ascolto mp3, guardo video su youtube, prendo in prestito fragili libri da scaffali remoti della biblioteca, ordino libri e dvd, scarico canzoni. E poi due giorni fa, a mia insaputa, una meravigliosa sorpresa nella cassetta della posta: il doppio dvd con sottotitoli in inglese di una serie televisiva indiana sulla vita di Mirza Ghalib (1796-1869), il più grande poeta urdu. (La serie è del 1988, Gulzar è il regista e sceneggiatore, Ghalib è interpretato da Naseeruddin Shah, la musica è di Jagjit Singh.) Stasera ho visto il primo dei 19 episodi (niente paura, non li racconterò tutti uno per uno, anche se già non vedo l'ora del riassuntone finale alla conclusione della serie). Ma il primo lo devo raccont

La Tigre Bianca

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di Aravind Adiga La "vera India"? Finalmente ho letto anche io La Tigre Bianca , il libro vincitore del Booker Prize 2008. Niente da dire, il ragazzo è bravino. E sicuramente oltre ai vari primati che gli appartengono (aver vinto il Booker Prize da esordiente assoluto, come autore più giovane e via dicendo), per quanto mi riguarda si è conquistato anche altri due primati. 1) E' il libro con le recensioni più virgolettate della storia. In effetti si presta, perché solo citandolo si può dar l’idea del tono colloquiale, irriverente, sarcastico e tagliente (frasi come “cotto a metà”, “la Stia per polli”, “la Luce e le Tenebre”, “baciare i culi degli dei” compaiono a profusione in rete). Per non fare dei copia e incolla a mia volta, rimando volentieri ad altre pagine, come per esempio a questa recensione , oppure direttamente alle pagine iniziali del libro. Mi affido a loro anche per una descrizione generale del libro (ma per chi non riuscisse proprio a s

Le dodici domande

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di Vikas Swarup Ultimamente tutti vengono da me entusiasti a dirmi che hanno visto The millionaire , il film di Danny Boyle ambientato in India. Se ne parla molto e sta indubbiamente avendo un notevole successo. Non posso quindi sottrarmi, anche se, per la verità, ho altre cose (indiane) per la testa. Quando l’ho visto, qualche settimana fa, The millionaire mi ha preso molto, con le sue riprese incalzanti, con le scene girate sempre di corsa, con la coinvolgente colonna sonora di Rahman. Ma poi nei giorni successivi, ripensandoci, non mi ha lasciato poi così tanto. Se lo confronto con i film visti al River to River , ho preferito quei film sconosciuti, le cui immagini ancora mi accompagnano. E sicuramente ho preferito il libro da cui è stato tratto, Le dodici domande , romanzo d’esordio di Vikas Swarup. Un romanzo che sa essere originale e accattivante, che si fa leggere tutto d'un fiato, che sa essere ironico e amaro nelle giuste dosi. L’idea del libro è proprio quella: un

Crepuscolo a Delhi e la sua storia

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Provo ora a raccontare qualcosa della storia che sta dietro a Crepuscolo a Delhi di Ahmed Ali. La faccenda è complessa e attingo a piene mani (cioè scopiazzo come al solito) dall'introduzione dell'autore scritta nel 1993, più di 50 anni dopo la prima pubblicazione, e dalla postfazione di Vincenzo Mingiardi, autore della mirabile traduzione e curatore dell'edizione italiana. Intanto, due parole su Ahmed Ali. Nato nel 1910 a Delhi, fondò nel 1932 lo All India Progressive Writers's Movement insieme ad altri scrittori, fra cui Raja Rao e Mulk Raj Anand . Il movimento si proponeva di occuparsi delle questioni fondamentali (fame, povertà, arretratezza) per promuovere la trasformazione sociale di cui l'India aveva bisogno. Nel 1947, quando arrivò l'indipendenza e il subcontinente fu diviso in due, Ahmed Ali si trovava in Cina e gli fu negato il ritorno in patria, in quanto musulmano. Visse così da esule in Pakistan per il resto della sua vita. Nell'intr

Crepuscolo a Delhi

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di Ahmed Ali La vecchia Delhi d'altri tempi Scritto negli anni Trenta da Ahmed Ali, madrelingua urdu, in inglese perché potesse essere letto al di fuori dell’India, Crepuscolo a Delhi ha un certo contenuto politico, come racconta lo stesso autore nell’introduzione descrivendo le traversie che ha avuto la pubblicazione del libro. Di questo vorrei parlare, ma ora, che ho appena chiuso il libro, di questo non posso parlare. Posso solo parlare di Delhi. Perché la Delhi di questo romanzo non è solo fatta di strade, vicoli, moschee, muri, case. E’ fatta soprattutto di notti stellate, dove le stelle sembrano danzare sulla volta celeste, di aquiloni e piccioni ammaestrati, che di giorno danzano e combattono nello stesso cielo. E’ fatta di canali di scolo, di fetori umidi, di rifiuti ammonticchiati per le strade. E’ fatta di donne che ricamano abiti nuziali, ben nascoste dalla vista degli uomini, di matrimoni celebrati secondo le tradizioni e di spose con le lacrime agli occhi nasc