Shanghai, Bombay, Mumbai... e altre storie

Ovvero confuse nostalgie letterarie (e non...)

In questi giorni penso intensamente a Bombay (o Mumbai, a seconda che si voglia usare il nome vecchio o il nome nuovo...).

A una settimana dal ritorno del viaggio in Cina, i giorni a Shanghai mi ricordano dov'ero l'anno scorso (ovvero a Mumbai). Mi ero chiesta più volte, allora, come fosse Shanghai. Non certo perché pensavo che mai ci sarei andata, ma perché Shanghai è vista in India come il modello di città a cui Mumbai dovrebbe aspirare. Per chi crede nel forte sviluppo economico e nel futuro grandioso dell'India, Mumbai dovrebbe diventare la Shanghai dell'India entro il 2010.
Shanghai, sfavillante, moderna, tutta grattacieli, senza le baraccopoli di Mumbai, senza la povertà assoluta sempre sotto il naso, sotto gli occhi.

Shanghai e Mumbai: entrambi capitali commerciali e finanziarie dei due stati più popolosi del pianeta. Perché no?

Shanghai dream, lo chiamano in India.

(Se vi interessa come vivono gli indiani questo confronto, ho trovato interessanti i commenti a questo post di un blogger indiano, oppure questo articolo di The Hindu. Entrambi un po' vecchi, quando il sogno era ancora lontano e, quindi, possibile. Da notare che invece ai cinesi di Mumbai non importa proprio niente...)

Ora che ho visto entrambe le città, posso dire: niente da fare, Bombay non ha niente a che vedere con Shanghai, nel bene e nel male. D'altra parte, la Cina non ha niente a che vedere con l'India. Ok, ok: sono in Asia, hanno una popolazione enorme e stanno crescendo, ma per tutto il resto non possono essere minimamente paragonate (e mi meraviglio sempre di più di chi lo fa).

Comunque sia, io ora fra le due io ripenso a Bombay.
Per me è una storia che è iniziata sui libri e, persa in questi miei pensieri, è nei libri che ora ritorno. La ritrovo qua e là fra le pagine lette negli anni.

Era già lì, nelle primissime righe indiane che ho letto in vita mia. "Io sono nato nella città di Bombay": così inzia I Figli della mezzanotte di Rushdie, il mio primo libro indiano.

L'ho ritrovata in Un lungo viaggio di Mistry, una Bombay parsi e delicata, in Notte e nebbia a Bombay di Anita Desai, straniera e ostile. Ho conosciuto la Bombay di Bollywood con Luci su Bombay di Shashi Tharoor. E poi, la Bombay vista con gli occhi di un australiano evaso di prigione in Shantaram.
Giochi sacri ormai non lo nomino neanche più se no divento noiosa (però l'ho nominato!). Amore e nostalgia a Bombay, sempre di Chandra, era forse un preludio a questa Bombay dinamica e labirintica (e infatti, già allora c'era l'ispettore Sartaj che faceva capolino fra le pagine per infilarsi nelle mie letture, nelle mie storie).

Recentemente sono stata nella Mumbai senza dei di Tyrewala Altaf, con il suo Nessun dio in vista e in quella tutta femminile di Dall'alba al tramonto di Thrity Umrigar. E chissà in quali altre che mi sto dimenticando.

E poi c'era stato il mio libro "ufficiale" per documentarmi su Bombay prima di andarci, Maximum city di Suketu Mehta. Un reportage che mi è piaciuto tantissimo, anche a me, a me che sono una da romanzi e non da reportage, a me che sono una che, come i bambini, vuole delle storie. Ce ne sono di storie lì dentro ed è proprio lui, che sto rileggendo a pezzi in questi giorni.

Lontana, lontanissima da Mumbai, con un po' di nostalgia addosso. E ancora più lontana da Shanghai.

Commenti

  1. Non sono mai stata a mumbai se non di passaggio da un terminal all'altro, se non nei libri.
    In Shantaram è una città da vivere, da usare. Si riesce a concepirla come una metropoli, di cemento o di stracci che sia, come un luogo fatto di riferimenti e non di monumenti o tour turistici.
    Ne I figli della Mezzanotte è casa, e descritta quindi in modo affatto oggettivo. Non vedo l'ora di leggere Maximun city, anche se mi rendo conto che fino a che non ci metterò il naso, non mi perderò per le sue vie, non riuscirò a comprenderla bene.

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  2. Anche in Maximum city in un certo senso e' casa, ma una casa lasciata e perduta, tutta da riscoprire, da riconquistare (il sottotitolo inglese infatti e' Bombay lost and found).
    Per il fatto che e' cosi' grande, esagerata in tutto e per tutto, secondo me ognuno ci puo' trovare quello che cerca, ognuno ha un po' la sua Mumbai... e anche tu, quando ci andrai, avrai la tua...

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  3. Due anni fa, atterrai a Bombay. La prima vista che ebbi dell'India fu lo slum, lungo la strada che porta dall'aereoporto alla città. Era piuttosto buio, ma si avvicinava l'alba. Vidi la gente che iniziava a muoversi dentro alle baracche fatte di stracci e lamiere. Fu assurdamente consolante. Assurdamente, perchè , l'impressione che ricevetti in quellà povertà infinita, in quel sudicio impressionante, fu quella di una vita che si sveglia nel giorno nuovo, con i gesti quotidiani che si ripetono ovunque nel mondo: lavarsi, mangiare, salutare i vicini...

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  4. Cara Luisa, anche io ho avuto la stessa sensazione: quella di una profonda umanita', in una citta' che sembrerebbe disumana.
    Frequentando alcune persone, soprattutto bambini e adolescenti, che vivono nello slum mi sono resa conto di questa impressionante quotidianeta', di quanto poi tutti siamo uguali...

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  5. Già, il viaggio dall'aeroporto alla città è qualcosa che non si dimentica...
    Manco da Mumbai da dieci anni ormai e di Mumbai conosco solo la parte più turistica di Colaba e dintorni ma comunque è un luogo che mi piacerebbe vivere e conoscere più profondamente.
    Sei stata molto fortunata (e coraggiosa) Silvia ad avere la "tua" Mumbai.

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  6. Grazie Serena...
    Colaba e la città vista nel viaggio dall'aeroporto: anche questa in fondo è Mumbai, o almeno una Mumbai possibile.
    Il Gateway of India e le baracche accanto alla pista di atterraggio... quante cose dicono già, da soli, questi due luoghi diversi che appartengono alla stessa città...

    Allora (dico a tutte)... quando si va/torna a Mumbai?

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  7. perchè ora si dice mumbai rispetto al vecchio nome e perchè? grazie

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  8. Rondineninni,
    il nome è stato cambiato nel 1995 dal governo del Maharastra (lo stato di Bombay), che allora era guidato dalla Shiv Sena, partito nazionalista e intollerante della destra indù.

    "Mumbai" è il nome marathi (la lingua parlata in Maharastra) e adottarlo al posto di Bombay ha voluto significare "riprendersi" l'identità locale indiana rispetto a quella coloniale.

    Molte altre città hanno cambiato nome, tornando a una toponomastica più "indiana", spesso con finalità di tipo nazionalistico.
    Per esempio Madras/Chennai.

    La storia del nome e il contesto in cui è stato cambiato è spiegato molto bene in Maximum City di Suketu Mehta.

    Grazie per la visita al mio blog e un saluto!

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