Dreams in Prussian Blue

di Paritosh Uttam

E’ un libro che, a detta dell’editore, si può leggere sulla metropolitana di Delhi mentre si va al lavoro. Io l’ho letto per metà su un aereo e per l’altra metà ben spaparanzata sul divano: ha funzionato lo stesso, anzi, penso che i cuscini del divano l’abbiano reso ancora più godibile.

Dreams in Prussian Blue è il primo di romanzo di Paritosh Uttam, di cui si parlava qualche mese fa.

Fa parte della nuova collana Metro reads della Penguin books India che si rivolge a un pubblico indiano giovanile e metropolitano, assetato di storie di coetanei in una società in cambiamento, ma che comunque ha convinto anche me che non sono né indiana né metropolitana, e tanto meno giovanile.

La storia è quella di Naina, una studentessa di Mumbai che al primo anno di università decide di mollare studi e genitori per andare a vivere con Michael, uno studente fuori corso appassionato di pittura. Naturalmente una scelta del genere non è ben vista dalla famiglia e dalla società, tanto più che lei è di casta bramina e lui è cristiano, ma il romanzo non si focalizza su questi aspetti, come spesso invece succede nei romanzi sull'India che siamo abituati a leggere.

La storia si concentra invece sui personaggi, in particolare su Naina e sulle sue difficoltà nella convivenza con Michael, artista dal temperamento ribelle, dispotico, egocentrico e insensibile a tutto ciò che non sia la sua pittura. La sorte di certo non li aiuta: in un incidente Michael diventa cieco, gli amici si approffitano di loro, i soldi non bastano mai e Michael, troppo concentrato sulle sue tele, non si sogna neanche di fare qualche lavoretto part-time. A poco a poco i colori vivaci della tavolozza diventano sempre più tendenti al blu di Prussia, fino a quando non sarà tutto blu scuro, o tutto nero.

I sogni in blu di Prussia si traformeranno in incubi e il romanzo, con il suo tocco di crudeltà sul filo dello humor, diventerà molto presto del tutto impossibile da abbandonare. Undownputable, come si usa dire ora in inglese.

Pagina dopo pagina, crescerà l'empatia nei confronti della protagonista, anche quando lei si troverà costretta a mentire e a ingannare, in realtà vittima (senza vittimismo) della situazione da lei stessa creata.
 La scrittura è semplice e lineare, scorrevole e impeccabile.

Io ringrazio Paritosh anche per avermelo impacchettato, spedito e fatto conoscere. E lo consiglio a tutti, non sono ai giovani indiani ma anche a chi cerca qualcosa di veramente nuovo e frizzante e insieme assolutamente intelligente e autentico. 

Commenti

  1. Two blogs, two reviews, same week, same book :)

    http://jaiarjun.blogspot.com/2010/03/metro-read-dreams-in-prussian-blue.html

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  2. Thanks for the link, Raj!
    Looks like it is the book of the week!

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  3. Molto interessante, grazie per la recensione Silvia!
    Sarebbe che bello che questi giovani autori indiani da "metro reads" fossero tradotti anche da noi, probabilmente ci faremmo un'idea diversa e più conpleta dell'India.

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  4. Anch'io ho visto la recensione di questo libro sul web!

    Silvia, sto cercando di scrivere un progetto di dottorato sulla letteratura indiana in lingua inglese (e sul cinema). Aiutooooooo! Pensavo che il bando uscisse a luglio e quindi mi ero fatta una lista di libri che dovevo leggere/testare e di concetti da sviluppare, invece è uscito ora e lo devo rattoppare in 20 giorni!
    L'abbozzo di idee è partire dalla triologia degli elementi di Deepa Mehta, che mi è piaciuta molto una volta visti tutti e tre i film, per confrontarla con alcune autrici "femministe" indiane che abbiano la sua stessa sensibilità e punti in comune. Ho già individuato Shashi Deshpande, la Desai ce la butto dentro a forza e Manju Kapur ("Figlie Difficili" dovrebbe arrivarmi lunedì). La Deshpande con le sue donne estraniate dal marito è perfetta per il paragone e poi usa spesso la mitologia per spiegare le sensazioni femminili. La trovo una brava scrittrice, per niente esotica e molto asciutta. Le donne della Desai invece sono spesso incredibilmente passive (anche se io adoro Anita Desai, sia chiaro!), dovrei trovare qualche scrittrice (brava) che abbia donne che prendano in mano la loro vita.
    Visto che Deepa Mehta rielabora il mito di Sita in chiave femminile ho pensato che ci starebbe anche "Il Palazzo delle Illusioni" della Divakaruni (che ovviamente non ho ancora letto, ma so che a te non piace questa scrittrice). Mescolo il tutto con un po' di femministe francesi (Irigaray e Cixous calzano a pennello) e di Gandhi... Uahaha, mi sento così scoperta, non ho idea se dal progetto deve trasparire che ho già studiato la cosa! Comunque se mi prendono posso sempre cambiarlo, ahahah! Certo che è difficile pensare ad una cosa che sia originale. In così poco tempo poi!

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  5. Stefania, complimenti per le scelta!
    Ti ringrazio infinitamente per la considerazione, ma io non sono assolutamente in grado di dar consigli o idee per un progetto di dottorato (non so neanche esattamente cos'è e come è fatto), manco sono laureata in materie umanistiche, figuriamoci...

    Posso solo dirti quello che mi viene in mente visto l'argomento, ma prendilo come roba buttata lì alla rinfusa.

    Kamala Das, My story: riesce a trovare una via d'uscita dal ruolo della moglie sottomessa attraverso la scoperta sessuale e le relazioni extraconiugali (qualcosa sulla sessualità ce lo vorrai pur mettere, no?). Va anche bene per certe citazioni mitologiche: se poi ti piace Sita, c'è pure un capitolo che si chiama "I was Carlo's Sita"!
    Anche i suoi racconti potrebbero tornarti utili.
    Su Kamala Das mi ha scritto una ragazza che ci sta facendo una tesi, se vuoi ti do il suo contatto su FB.

    La Deshpande a me piace moltissimo. "Il buio non fa paura" probabilmente fa al tuo caso (l'hai anche già letto, vero?) e c'entra pure con la sessualità come strumento di sottomissione.

    Di Manju Kapur sto leggendo proprio The immigrant: anche lì c'è una relazione estraniante con il marito (immigrato in Canada).
    E a proposito di immigrati in Canada, relazioni di sottomissione con i mariti e di Deepa Metha, mi viene in mente anche l'altro film di Deepa Metha, Heaven on Earth.

    Poi, un'altra scrittrice possibile che mi viene in mente è anche Nayantara Sagal, per esempio Rich like us, storia di due donne ambientata durante l'Emergenza.

    Insomma, molto di più non ti so dire e non ho idea di come deve essere fatta la cosa che stai facendo, ma se ti serve qualcosa (libri o quant'altro) fammi sapere.

    In bocca al lupo!

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  6. Figurati, neanch'io so cosa sia un progetto di dottorato! Che poi io ho sì fatto una tesi di cinema postcoloniale ma non aveva niente a che fare con l'India. Sto raccogliendo un po' di idee, poi per la tesi vera e propria dovrò restringere il campo e trovare un mio punto di vista preciso e originale.

    Intanto ieri sera mi sono vista Pather Panchali di Satyajit Ray, l'hai visto? Ho trovato un bel po' di collegamenti con la triologia della Mehta: il treno come simbolo di cambiamento, di fuga e di progresso (un po' trita come metafora ma comunque efficace); l'acqua che disseta la vecchia zia, ma anche causa di morte (non dico di chi se non l'hai ancora visto!); l'idea che le tradizioni possono essere abbandonate se sono cause di infelicità (come credeva anche Gandhi!).

    Kamala Das l'avevo pensata e poi chissà perché mi è passata di mente. Io conosco praticamente solo le sue poesie in inglese. La sessualità è molto importante, sia per quanto riguarda "Fire" della Mehta sia per quanto riguarda "Il buoi non fa paura" della Deshpande, quindi ci scriverò sicuramente qualcosa.

    Aspetto con trepidazione "Figlie Difficili" di Manju Kapur. Quello che mi interessava di quel libro è che è ambientato nel Punjab durante la Partizione e che la "spaccatura" India-Pakistan coincide con la partizione del cuore della protagonista. E' lo stesso concetto di "Earth" (e del libro da cui è tratto), cioè che alcune politiche nazionaliste possono distruggere le donne, che ancestralmente sono abbastanza estranee alla politica e più attente ai sentimenti (anche se le femministe francesi lo contesterebbero!).

    Nayantara Sagal invece non la conosco e mi dovrò documentare.

    Mi è risultato anche molto utile l'articolo "Se dici cinema dici India" del nostro amico Marco Restelli, uscito sul numero di Limes dedicato all'India. Il concetto di Middle Cinema mi permette di usare interconnessioni con il cinema e con la letteratura occidentale e indiana allo stesso tempo per quanto riguarda la trilogia della Mehta.

    Non so neanche se mi prenderanno per questo dottorato, né se questo tema (come sempre quando stai scrivendo una tesi) alla lunga mi stancherà... Avrei potuto scegliere qualcosa di più "allegro", ma visto che ho già fatto una tesi di laurea su una regista donna (Jane Campion) mi sembrava una buona scelta.

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  7. Pather Panchali è bellissimo, strepitoso. Ti consiglio di proseguire anche con il resto della trilogia di Apu (visto che sei in vena di trilogie...).

    Immagino ci infilerai dentro anche la Baspi Sidhwa.

    Poi fammi sapere! Se per caso mi venisse qualche altra idea ti dico...

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  8. Sì, sì, proseguo con la trilogia... e più avanti anche con altri grandi del cinema d'autore indiano.

    Bspsi Sidhwa per adesso l'accenno soltanto, altrimenti il progetto mi viene troppo lungo (non credo di dover scrivere più di 3-4 pagine).

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  9. Ma allora l'hai praticamente già scritto! :))

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