Joseph Anton

di Salman Rushdie

Ho da poco finito di leggere l'ultimo romanzo di Rushdie (Due anni, otto mesi e 28 notti: poi vi dirò!) e mi sono accorta che non avevo mai scritto niente del suo precedente romanzo uscito nel 2012. 
Provvedo subito! 

Sto parlando di Joseph Anton, un memoir più che un romanzo, in verità. 
Salman Rushdie racconta i nove anni della sua vita sotto scorta a seguito dalla fawta dall'ayatollah Khomeini che l'accusava di blasfemia per la pubblicazione del romanzo I versi satanici e che invitava il mondo musulmano a uccidere lo scrittore e chiunque avesse collaborato al libro.

Rushdie decide di raccontare questa sua storia in terza persona.
Avrei giurato che questa scelta non potesse funzionare, ma leggendo mi sono ricreduta subito (mai dubitare delle capacità stilistiche di Rushdie!): è perfetta per bilanciare la descrizione oggettiva e il coinvolgimento di una storia così privata. 

Il titolo è semplicemente lo pseudonimo che Rushdie ha dovuto usare per vivere in incognito: ha scelto i nomi dei suoi autori preferiti, Conrad e Checov (mai dubitare dei gusti letterari di Rushdie).


Chi è abituato ai libri di Rushdie, mirabolanti e fantasiosi, troverà Joseph Anton un libro molto diverso.
È la sua vita raccontata in modo minuzioso, a partire dal 14 febbraio del 1989, quando una giornalista della BBC lo informò con una telefonata che era in pericolo di vita.

Di Joseph Anton veniamo a sapere proprio tutto.
Ogni minimo dettaglio quotidiano diventa significativo per chi deve vivere con una scorta armata che lo protegga giorno e notte: i suoi piccoli movimenti e contatti devono essere varati e controllati; Rushdie è costretto a cambiare continuamente casa, e anche la sua creatività e il suo lavoro di scrittore vengono inevitabilmente condizionati da questa situazione di costante pericolo.

Non nascondo che in alcuni punti ho trovato questi resoconti iperdettagliati un po' eccessivi, ma in ogni caso ho sempre trovato la narrazione molto avvincente, soprattutto quando i dettagli si riferiscono alle cene con i vip o con premi nobel, ai battibecchi con mogli, figli, amanti e fidanzate.

E questo è un altro punto fermo: il desiderio di gossip del lettore su Rushdie viene ampiamente soddisfatto, soprattutto nella prima parte.
Nella seconda parte, man mano che il pericolo si smorza, anche i dettagli si allentano, la vita ridiventa quasi normale, e allora non c'è più bisogno di raccontare proprio tutto: della quarta moglie, la più glamour di tutte, non sapremo mai tutto quello che abbiamo saputo delle precedenti.

Ma Joseph Anton non è solo un racconto di vita: il messaggio intellettuale è ben chiaro, e sempre più importante.
Infatti, Joseph Anton ci parla soprattutto del suo dolore più grande: quello di aver scritto un libro coltissimo e complicato, che è subito stato degradato a banale insulto nei confronti del mondo musulmano: "se avesse scritto un insulto ci avrebbe messo molto meno, non 4 anni della sua vita". 

Scopriamo così che Rushdie, che fra l'altro sui versi satanici ha scritto la sua tesi, è stato accusato anche da personaggi e intellettuali influenti e famosi, senza magari neanche aver letto il libro, perché "ha offeso l'Islam": come se la libertà di espressione dovesse essere condizionata dall'eventualità di offendere qualcuno.

Joseph Anton è un libro che un fan di Rushdie deve assoltamente leggere. Per chi invece non ha mai letto un suo libro... meglio che prima legga un suo libro.
Meglio ancora che prima legga il libro incriminato, I versi satanici. 
Rushdie infatti racconta che il suo dolore più grande era che alla fine, nonostante I versi satanici sia il suo libro più venduto, in pochi l'avevano letto davvero: né fra chi lo difendeva né fra chi l'accusava.

Gli appassionati d'India che seguono questo blog, in Joseph Anton non troveranno molta India: la vita di Rushdie in questi nove anni si è svolta in Inghilterra e in parte negli Stati Uniti.

Ma leggendolo si imparano molte cose anche dal punto di vista indiano (la cosa nacque proprio lì, tanto per cambiare), di come a Rushdie sia stato impedito di andare in India, sua terra natale, per parecchi anni e di come il libro sia ancora ufficialmente vietato in India, nonostante si possa trovare abbondantemente nel mercato "clandestino" dei libri: segno che, alla fine, la libertà vince sempre.


Salman Rushdie, Joseph Anton, Mondadori 2012
Traduzione di Lorenzo Flabbi
pp. 652,  € 15


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