Il libro dell'acqua e di altri specchi

di Nadeem Aslam 

L'immagine più bella di questo raffinato romanzo è quella di un libro, tagliato e mutilato con minuziosa violenza da un agente dei servizi segreti, per intimidazione. Un libro che analizza "come nella storia del mondo eventi tra loro lontani si fossero influenzati a vicenda" e che racconta come "storie e tradizioni si erano sempre mescolate, e in Oriente e in Occidente non c'era mai stato niente di puro".

È un libro scritto dal suocero della protagonista e ritrovato come per magia durante il tragico evento da cui si sviluppano le vicende del romanzo. Questo libro fa capolino di tanto in tanto nella storia: la protagonista ha deciso di ricucirne le pagine con un filo d'oro, un po' come nella pratica giapponese del Kintsugi, in cui i cocci di oggetti rotti vengono saldati con l'oro. 

Anche quando la situazione precipita, i personaggi passano il loro tempo a cucire le pagine del libro, come se volessero ricucire le loro ferite o rimettere a posto i pezzi delle loro vite ormai mutilate. 

Il libro diventa metafora di come si possa e si debba contrapporre l'arte e la poesia alla violenza, in particolare in un Paese, il Pakistan contemporaneo, che assomiglia più a un mondo distopico che a una nazione moderna. 


Siamo nella città fittizia di Zamana (che potrebbe far pensare a Lahore), dilaniata dai conflitti, dove si susseguono attentati suicidi, episodi di intolleranza religiosa contro i cristiani, attentati alle sedi di giornali, accuse di blasfemia, barbare applicazioni della sharia, servizi segreti filoamericani e fondamentalisti religiosi, proteste antioccidentali in seguito alle vignette su Maometto. 

In questo panorama Nargis e Massud, una coppia di architetti cosmopoliti e raffinati, cerca di costruirsi "una sacca di amore e sicurezza", coltivando l'arte e la bellezza, l'amore per i libri e per il bello. 

Perché "in Pakistan c'era quasi sempre un profondo desiderio di evitare lo scontro. Le persone normali volevano essere lasciate in pace, e volevano lasciare in pace gli altri, e trovavano sacche di amore e sicurezza all'interno delle rigide leggi che li governavano. Erano state abusate e maltrattate così tante volte che gli abusi e i maltrattamenti non provocavano più alcun effetto. Questo faceva sì che che gli individui e i gruppi più prepotenti e aggressivi potessero agire indisturbati."

Ed è così che anche a Nargis e Massud capita, loro malgrado, di essere coinvolti in una spirale di violenza, di essere resi parte degli "immani malesseri del mondo". 

A prima vista il tema preponderante della storia potrebbe sembrare l'intolleranza religiosa: "in un Paese dove ci sono cristiani in prigione per aver bevuto acqua dal bicchiere di un musulmano", le minoranze cristiane sono sottoposte alle peggiori vessazioni e violenze. I cristiani sono il capro espiatorio di ogni problema e ogni occasione è buona per ucciderli, bruciarli, torturarli. 

La vita di Nargis e Massud viene coinvolta in queste violenze religiose per la profonda amicizia con i domestici cristiani, la cui figlia è per loro una figlia acquisita, ma anche per un segreto inconfessabile nel passato di Nargis. 

Sulla loro strada incontreranno anche un ragazzo musulmano del Kashmir indiano, dove la situazione è ribaltata e speculare, ovvero dove sono i musulmani a subire ogni genere di violenza e ingiustizia. 

La trama è solida, densa di eventi, di colpi di scena, ma a portarla avanti è una prosa poetica e minuziosa capace di scavare nell'animo umano, intrisa di malinconia e ricca di magistrali descrizioni, con un ritmo lento in cui vale la pena darsi tutto il tempo per assaporare ogni parola.  

Autore anche del meraviglioso Mappe per amanti smarriti, Nadeem Aslam si conferma un narratore raffinato e coltissimo, capace di far dialogare dietro le quinte Pavese e Faiz con delicate suggestioni che puntellano il romanzo, che diventa così un prezioso mosaico di simboli da culture diverse, proprio come voleva essere, nella finzione letteraria, il libro con le cicatrici dorate. 

Il romanzo di Aslam, oltre a essere un'analisi lucida dei mali del fondamentalismo, è soprattutto un inno alle capacità salvifiche dell'arte, una storia che sa parlare di amore e crudeltà nella stessa misura, e in un perfetto equilibrio fra orrore e bellezza. 

Alcune immagini resteranno per sempre nel repertorio delle descrizioni più belle lette in un romanzo: gli studi di architettura con le forme degli edifici di Santa Sofia a Istanbul e della moschea di Cordova che vengono calati dal soffitto, le reti per intrappolare le nuvole e far piovere, il museo dei fiori di vetro, la moschea abbandonata su un'isola in mezzo al fiume (progetto fallito di integrazioni di fedi diverse). 

Immagini che ci aiutano a ricordare che, nel seguire il filo d'oro della vita dei personaggi, la speranza è comunque l'unica scelta possibile.

"La disperazione bisogna guadagnarsela. Io personalmente non ho ancora fatto tutto quel che posso per cambiare le cose. Non mi sono ancora guadagnato il diritto di disperare."

Nadeem Aslam,  Il libro dell'acqua e di altri specchi, Add editore 2019
Traduzione di Norman Gobetti

408 pagg.,  18 

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