Corruzione, baraccopoli, telefonini


Il secondo libro di Vikas Swarup, I sei sospetti,  mi ha fatto pensare a certe situazioni ricorrenti che spesso vengono descritte dagli scrittori indiani che ambientano i loro libri nelle metropoli e che raccontano il ribollente mare di intrecci e di storie.

Penso per esempio a Giochi sacri, La tigre bianca, Nessun Dio in vista, lo stesso Le dodici domande di Vikas Swarup e via dicendo.

A scanso di equivoci, non voglio dire che questi siano situazioni di tutta la letteratura contemporanea indiana: ho solo notato alcune situazioni consuete fra i libri di successo in lingua inglese pubblicati all'estero e diventati successi internazionali.

Sempre a scanso di equivoci, non voglio neanche dire che questi siano, o stiano diventando, nuovi stereotipi. Per ora mi sono solo divertita ad annotarli.

Eccone alcuni, e invito ad aggiungerne altri.
  • Le star del cinema (attrici o produttrici) ricevono migliaia di lettere al giorno da tutta l'India che chiedono di recitare in un film. Leggere queste lettere, ingenue e sgrammaticate, è divertentissimo.
  • I ricchi che girano in macchina di notte, spesso ubriachi, investono con noncuranza chi vive in strada, chi dorme sul marciapiede. Ovviamente non finiscono in prigione per questo.
  • Quando un uomo benestante viene ucciso, le prime persone da sospettare dovrebbero essere i suoi servi. L'umiliazione subita dalla servitù nelle case benestanti è oltre ogni limite e può spingere all'omicidio.
  • Anche l'umiliazione subita nei call centre in cui bisogna fingersi americani per compiacere i clienti che chiamano, non è da meno.
  • Possedere un telefonino è assolutamente fondamentale.
  • Ricchi e potenti ricorrono a un guru personale o santone che gli dica l'oroscopo e che cosa fare nella vita.
  • I politici sono tutti corrotti, le elezioni pilotate.
  • L'isocianato di metile di Bhopal ha i suoi effetti a distanza di 25 anni, ma le vittime sono più umane di tutti gli altri. Sono rincorse da giornalisti che vogliono fare documentari su di loro (più deturpati sono, meglio è).
  • Le baraccopoli sono il cuore dell'India, l'unica cosa che conta sono i soldi.
  • Trovare in giro valigette piene di mazzette di soldi, visto la dilagante corruzione, non è del tutto insolito.

Commenti

  1. Cara Silvia, quanto ammiro la tua prudenza! per me sono a tutti gli effetti stereotipi, e già ben consolidati (anche se la natura dello stereotipo è allo stesso tempo effimera e cangiante, perché muta seguendo i venticelli delle mode, ma anche appiccicosa e durevole, dato che uno S che si rispetti attecchisce come una patella alla chiglia arrugginita della letteratura, ed è duro a morire). Siccome sono per una resistenza donchisciottesca agli SS potrei darmi la seguente regola: evitare con cura ogni libro indiano (e non) dove appaia un omicidio, di qualunque genere esso sia. Come corollario: evitare romanzi e racconti dove ci siano investigatori pubblici e/o privati e funzionari di polizia, o più in generale funzionari corrotti e uomini di potere/capifamiglia grassi, dispotici e iracondi. Per un'ecologia della mente... Magari funziona, e rimane qualcosa di buono...

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  2. Per me lo stereotipo è tale quando si è già appatellato alla chiglia, e non penso che questi lo abbiano già fatto (vedremo che succederà).
    Secondo me quando è solo una moda non siamo ancora nel campo dello stereotipo, ma in quello di una tendenza (che in quanto tendenza, può tendere poi verso lo stereotipo, sono d'accordo).
    Almeno questa è la mia definizione (lo stereotipo lo vedo fisso, rigido, non-volatile)...

    Fra l'altro, questi temi, o SS (mio dio, che sigla terribile!), in alcuni casi sono nati in contrapposizione ad altri, o proprio per demolirne altri: quelli dell'India non-violenta, romantica e meditativa.

    Erano nell'aria da un po', ma forse si sono rafforzati con due fatti internazionali (non solo a livello letterario, ma di immaginario della gente): il Booker alla Tigre Bianca e gli Oscar al Millionaire (il secondo, di proporzioni maggiori, ovviamente, in quanto film).

    La tua Regola è interessante, segherebbe le gambe proprio a uno dei libri che più mi è piaciuto ultimamente: Giochi sacri. Lui questi temi/SS ce li ha praticamente tutti, eppure per me è lo stesso geniale. E poi era uno dei primi, sono gli altri che lo hanno scopiazzato!

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  3. Bene, e detto ciò, tanto per restare in tema, ho appena finito di leggere, su Tuttolibri della Stampa, la recensione di "Due omicidi" di Aravind Adiga: direi già dal titolo che fa proprio al caso tuo!

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  4. Beh, a onor della storia gli SS (la scelta della sigla non è casuale) dell'India non-violenta, romantica e meditativa hanno cominciato a demolirli gli scrittori dell'IPWA (Indian Progressive Writers' Association) già un buon 75 anni fa... Booker, Oscar e bestseller sono ottimi catalizzatori di SS, perché naturalmente si cerca di emulare i successi globali o nazionali... quanti cosiddetti noir si scrivono in Italia? E perché? Come dicevo sopra per me gli SS (letterari) sono al tempo stesso volatili e fissi, volatili perché per quanto tenaci cambiano con il cambiar delle mode, e temo che -- ahinoi -- il proliferare nell'industria letteraria contemporanea avvenga con sempre maggiore scientificità o quantomeno accuratezza tecnica, visto che chi detta le regole del gioco e le impone agli scrittori compiacenti sa bene che gli SS -- intesi come riconoscibilità immediata e priva di ogni sforzo di quello che si sta leggendo -- sono un'ingrediente fondamentale per un successo cospicuo. In teoria non c'è problema, perché sono d'accordo che ci si può godere assai un libro di puro intrattenimento ben o meno ben scritto; eppure il problema in realtà c'è, perché il mercato editoriale determina e indirizza enormemente la produzione creativa. Ha più possibilità di pubblicazione uno scrittore che propone il romanzo sul politico corrotto grasso e viscido che spadroneggia sullo slum e sulla città, e viene trovato cadavere sulla spiaggia di Chowpatty con i piedi mozzi, una statuetta di Shiva legata alla fronte e un dvd di Bacchan stretto fra le mani, e sul caso indaga l'ispettore Gupta, che è sposato con una donnona bisbetica divoratrice di serial tv, e che si sciroppa ogni giorno due ore di traffico sulla sua Maruti per arrivare al commissariato, e fuma come un turco e mastica paan di continuo (mmm... quasi quasi lo propongo), oppure lo scrittore che propone un romanzo sugli universitari marxisti nella Lucknow degli anni Cinquanta? (che non è detto siano per forza meno interessanti dell'ispettore Gupta... beh, comunque se fate una colletta, vi dico come va avanti la storia del Gupta, che indagando nello slum conosce Malika, che è costretta a prostituirsi dal padre mentre suo fratello Selim studia in una madrasa integralista, però è innamorato di Radha, che lavora in un call center...)

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  5. ciao Silvia,
    ci siamo incontrati su aNobii, dove mi hai lasciato il link del tuo blog.
    E' veramente interessante.
    vorrei dire qualcosa sugli stereotipi: starne alla lontana è sempre salutare, ma, se è vero quanto racconta Suketu Metha su Maximun city (o Saviano su Gomorra), certi temi sono ricorrenti perchè sono veri.
    Allora la differenza sta nel modo e nella qualità dello scrivere: la violenza escritta nella "tigre bianca" è un pugno nello stomaco che ti fa pensare, quella di "Shantaram" è autocelebrazione che si dimentica presto. Certo per fare queste distinzioni relativamente a una letteratura così lontana da noi (non solo geograficamente) bisogna accompagnare lo spirito critico con un approfondimento della conoscenza della cultura. Ma sono sforzi piacevoli

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  6. Giri,
    a demolire gli antichi stereotipi non sono certo i primi, anzi sono gli ultimi, ma penso che, nonostante tutti gli sforzi, l'immaginario collettivo occidentale dell'India è rimasto attaccato all'idea di un india non-violenta, povera e mite ecc. fino a 5-10 anni fa, mentre penso che adesso stia virando appunto su questa visione più violenta-corrotta-mafiosa (merito o colpa del Millionaire, o anche solo della maggiore diffusione di libri indiani di questo tipo sul mercato internazionale).

    Penso anche che l'intento iniziale di descrivere quest'India un po' noir, fosse anche quello di contrastare l'immagine ufficiale che l'India vuole dare di sé in questi ultimi anni, cioè quello di una nazione in piena crescita economica, shining India, trionfo della tecnologia, più grande democrazia del mondo ecc. ecc.
    In effetti sarebbe interessante capire da quando e perché questa nuova tendenza (se sostituisci il mio "tendenza" con le tue "SS" penso che stiamo dicendo esattamente la stessa cosa!) si è affermata.

    La colletta se vuoi te la faccio per i marxisti di Lucknow. In effetti sono egualmente interessanti del Gupta, e ormai mi sono fatta un'overdose di queste storie che quasi quasi mi sembra di sapere anche come fa a finire il tuo Gupta. Magari il superamento di questi temi/SS avverrà anche così: al terzo, quarto, quinto romanzo indiano che parla di mafia e omicidi, uno si annoia anche e bisogna inventarsi qualcos'altro.

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  7. Fabrizio V.

    grazie per esser giunto qui e un caloroso benvenuto in questi lidi!
    Sono d'accordo che c'è modo e modo: si può anche riuscire a creare un romanzo intelligente e non stereotipato pur continuando a trattare di questi temi. Ma è chiaro che c'è un pericolo e cioè, come diceva Giri Mandi sopra, che si tratti SOLO di questi temi e non di altri perché gli altri non vanno di moda.

    Io penso comunque che ci sia un merito in questa tendenza, cioè di aver descritto qualcosa di cui prima non si parlava. Ora però, o si approfondisce andando oltre al pugno allo stomaco della Tigre bianca (che per altro giudico un buon libro, ma non un capolavoro), oppure si trova qualcos'altro.
    Dal romanzo di Vikas Swarup, che è poi quello da cui per me è scaturita questa discussione, sembra che invece ci sia voglia di continuare a girare intorno a queste cose senza approfondirle più di tanto.
    Quello che io spero sempre, è che ci sia una pluralità di punti di vista, anche intorno a temi ricorrenti.

    Una cosa a proposito di Maximum city, di cui mi sono resa conto solo 3 anni dopo averlo letto: tutto quello che dice è vero, ma dà l'idea sbagliata di Bombay. Tutti quelli che lo hanno letto, mi hanno detto: "non metterò mai piede a Bombay!" perché pensano di essere accoltellati per strada. E invece, no, Bombay è anche incredibilmente mite e gentile.
    Ecco, per questo penso che ci debbano essere più punti di vista, tanto più per un paese così "lontano" da noi.

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  8. In quanto vecchio bilioso e sospettoso, azzardo un'ipotesi non troppo astratta: si fa un gran scrivere noir più o meno trucidi e compagnia bella, perché negli USA si scrive e si vende tanto così, e dall'India all'Italia, dal Manzanarre al Reno, si tendono a seguire speranzosi moduli redditizi (che magari ci scappano anche i diritti di un film...). Poi uno scrittore indiano che si rispetti deve seguire corsi di scrittura creativa negli States, magari alla fine assorbe qualcosa. Mio malgrado devo spezzare una lancia -- o almeno un pugnale -- a favore dello shantaramone, che sarà pure autocelebrativo, ma le cicatrici addosso ce le ha davvero (addosso e dentro, direi)... tutto sommato è legittimato a descrivere (elaborando e pure gonfiando un pochetto, ma non troppo) ciò che ha vissuto...

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  9. Ciao Silvia, io voglio sapere come va a finire la storia di Gupta!! ;-)
    scherzo, un po' è vero quello che dici sugli stereotipi, tanto che a volte, thinking back, si confonde un romanzo con l'altro (se la scrittura non è buona, aggiungerei...Giochi sacri o Maximum City non me li dimentico, ne' li confondo con altri!) E' buffo poi che lo slum la faccia da padrone nei romanzi, mentre nei film indiani mainstream non ce n'è traccia...

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  10. Giri,
    penso che tu abbia ragione, ma che tu sia anche un po' troppo cattivo con i nostri amici indiani (o forse io sono troppo indulgente...)!

    Per esempio, Giochi sacri (io spezzo sempre una pistola a suo favore), che è proprio quello che più si avvicina alla tua descrizione, anzi, è quello a cui forse ti riferivi, riesce ad essere del tutto diverso da un trucido noir americano. E' forse l'unico poliziesco che sono riuscita a leggere dall'inizio alla fine in tutta la mia vita, non solo perché è indiano e sono di parte, ma perché è del tutto diverso da un poliziesco americano.
    Per esempio, lo infarcisce di digressioni inutili e side stories (che infatti tutti odiano - io le adoro) tanto per il gusto di raccontare altre storie che non c'entrano niente con la trama. Mescola i generi ed esce decisamente dalle regole di ogni genere.

    Così per la Tigre bianca, che ha di scrittura creativa il tono e la scrittura epistolare al cinese, non è un vero e proprio poliziesco: secondo me ha più del pamphlet che del noir.

    Secondo me si sono incontrati più aspetti contemporaneamente, fra cui sicuramente anche l'impronta commerciale da best seller americano, ma anche un'autentica voglia di descrivere un mondo diverso da quello "ufficiale" e di parlare delle labirintiche città indiane.

    In effetti il poliziesco poi, da sempre, dà l'occasione di esplorare e collegare mondi diversi, e quindi è in molti sensi il candidato ideale per parlare di certe situazioni e contemporaneamente per poterle vendere.



    Anto61,
    per il Gupta potresti iniziare tu la colletta (se poi diventa un bestseller vi avviso che però voglio delle royalties in quanto è nato sul mio blog)!
    Secondo me lo slum "piace" (letterariamente e non letteralmente) agli occidentali (me compresa).
    Non so se perché siamo veramente mossi a scoprire anche le parti più povere di altri paesi o se invece siamo talmente tanto in decadenza che non sappiamo più cosa inventarci...

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  11. cara Silvia, concordo con molte delle vostre prospettive. Maximum city però è un'altra cosa. Da quello che so io non si tratta di un lavoro stereotipato ma realista...sono dunque della tua opinione.
    Concordo anche con la tua opinione di Mumbay. Non è meno magica e meno pericolosa di qualsiasi altra città. Anche a Roma o a Napoli...o Padova si possono avere problemi. ma chi avrebbe il coraggio di definirle città impossibili?

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  12. sonia,
    condivido la tua opinione.
    spesso sul giornale ho trovato articoli che descrivevano padova come una citta' ad alta criminalita', con pestaggi in centro, spaccio di droga, prostituzione. tutte cose in parte vere, per carita', ma se dovessi parlare basandomi solo sulla mia esperienza la descriverei come una citta' abbastanza tranquilla. pero' se in un posto non succede nulla, non ne parla nessuno.
    chissa’ se un libro di metha su quanto si viva bene a mumbay risveglierebbe lo stesso successo di maximum city!

    silvia,
    dalle mie vacanze natalizie sono tornata con tanti libri e al momento sto leggendo “il ragazzo giusto”. sono quasi a meta’ e sono gia’ quasi diventata dipendente! esiste una cura?

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  13. cara silvia,

    sono completamente d'accordo con te per Giochi Sacri, che è un grande libro e non ha niente a che vedere con i polizieschi americani "a tavolino" che non mi piacciono proprio.

    Per quanto riguarda gli stereotipi credo che sotto sotto nascondano sempre qualche aspetto di un qualche interesse e di profonda verità. Ovviamente non bastano a capire, ma suggeriscono comunque qualcosa, in questo caso un mondo diverso da quello che ci eravamo costruiti grazie all'orientalismo occidentale.

    Chiudo aggiungendo alla tua lista un altro stereotipo:
    . i poliziotti sono corrotti, ma spesso i soldi che rastrellano li utilizzano per spese di ufficio!

    un abbraccio, cris

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  14. Ma che bella discussione!

    Sonia N.,
    anche secondo me Maximum City non è stereotipato, anzi, l'ho amato molto. Adesso penso che forse, per fare un ritratto veramente completo, avrebbe dovuto anche dare un po' più di spazio ai lati più rilassanti di Mumbai, da gente "normale".

    Karachan,
    mi fa piacere sapere del tuo shopping natalizio! Io una cura non l'ho ancora trovata, né per il Ragazzo giusto né per i libri indiani in generale. Soffro di dipendenza cronica...


    Cris, giusto! Non so quanto sia vero nella reltà, ma compare nei libri e spesso umanizza il poliziotto, lasciato da solo, con pochi soldi e grosse responsabilità.

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  15. Arrivo in ritardo ma ho trovato la discussione piuttosto interessante anche perché mi ero posto domande simili a quelle che sono emerse.

    Però mi sembra che si siano mescolati libri molto diversi, anche se accomunati da temi simili, situazioni, archetipi. Maximum city è un reportage/inchiesta fortemente autobiografico e solo una sua lettura superficiale può lasciare l'idea di una Bombay più pericolosa di altre città indiane.
    Evidentemente però racconta una parte di realtà che esiste, se l'autore non si è inventato tutto.

    Qui si parla anche di Giochi sacri come se fosse un libro di genere, cosa che non è pur giocando con alcuni temi del genere. L'indagine è un pretesto, un motore narrativo per allargare continuamente il raggio, moltiplicare le connessioni, i punti di vista.

    Poi c'è il 'genere': poliziesco, o noir segue precisi codici e stereotipi. Può piacere o meno, ma anche nel genere possono esserci capolavori (Ellroy ha raccontato l'anima nera dell'america scrivendo di gangster).

    In Italia molti scrittori di 'noir italiano' hanno affermato di raccontare il Paese, esplorando luoghi e temi lasciati liberi dal giornalismo. Punto di vista discutibile, e sinceramente non so se ci sia anche questa ambizione da parte degli scrittori indiani citati. Però non liquiderei il tutto come polizieschi dozzinali fatti con lo stampino.

    Tutto qua, solo il mio contributo

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  16. Ciao Patrick,
    benvenuto in questi lidi e in questa discussione: non sei in ritardo perché qui troverai sempre terreno fertile per discutere (almeno da parte mia)!

    Sono d'accordo che qui si stia parlando di libri molto diversi fra loro: si va da Shantaram a Maximum City passando per La tigre bianca e mettendoci dentro pure The millionaire (il film, neanche il libro)!
    Infatti non penso ci sia la tendenza a convergere su un genere letterario, ma solo una tendenza a descrivere le stesse situazioni ricorrenti in libri diversi sotto forme diverse.

    Sono d'accordo con te su Giochi sacri (che se non si fosse capito è un libro che adoro) e sul suo essere al di sopra del genere poliziesco pur usandolo e quasi prendendosene gioco, con l'abilità di mescolare vari generi diversi.
    (a proposito, ne avevo scritto qui.)

    Penso che nessuno di questi libri sia un vero e proprio poliziesco in senso stretto inteso come genere, ma ognuno prende ampiamente spunto da situazioni "poliziesche" (cioè situazioni in cui ci sono assassini, omicidi, gangster e poliziotti).

    Sì, io penso un po' che in questi scrittori ci sia l'ambizione di raccontare un'altra India, con le sue zone d'ombra fino a qualche anno fa sconosciute, se non addirittura la "vera India", come si è discusso a lungo quando è uscito La trigre bianca (come se esistesse un'India vera e una falsa!).

    Fra l'altro ho poi letto un nuovo libro da aggiungere alla lista, La storia dei miei assassini di Tarun Tejpal. Anche questo è un libro scritto diversamente da tutti gli altri, ma le situazioni sono spesso quelle.

    A proposito di Maximum City, a me non ha dato l'impressione di una città da evitare (anzi...), ma so che invece a molti altri lettori ha procurato una sorta di avversione nei confronti di Bombay... penso che tutto ciò che è descritto sia vero, ma penso anche che ci siano altre realtà meno "disumane" e più rassicuranti che non sono entrate nel reportage.

    Bene, allora a presto!

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