Giochi sacri

di Vikram Chandra

Altro non siamo che giocattoli degli dèi

L'ho finito da poco e ancora non sono uscita dal vortice delle sue storie.

Non mi è capitato con tanti libri. Di raccontare la storia che avevo letto durante il giorno quando arrivavo a casa alla sera e di conquistare così, giorno dopo giorno, pezzo di storia dopo pezzo di storia, l'attenzione e la fantasia del mio compagno. Tanto che alla sera non mi chiedeva più "Come è andata oggi?", ma "Cosa ha fatto Gaitonde?"

Di rischiare di perdere la fermata del treno perché non riuscivo a chiuderlo (lo so, è pesante da portare in treno, però così il viaggio vola e si riempe di significato). E di sentirmi orfana una volta finito (...e ora cosa leggo?, mi sono detta). Strano, poi, perché uno alla fine dovrebbe essere soddisfatto di essere arrivato alla fine di mille e passa pagine. E invece... si sente triste. Proprio come alla fine di un viaggio in India.

Già prima di iniziarlo, dal mio punto di vista aveva tutte le carte in regole: indiano, denso, densissimo, contorto, pieno di digressioni, di dettagli particolarissimi, di suggestioni, intriso di parole in hindi e marathi. E poi, ambientato a Mumbai, dove ho lasciato un pezzo di cuore e di esistenza...

Poi, recensioni e post che ne parlavano benissimo, come per esempio questo (che consiglio di leggere in quanto è di gran lunga molto più intelligente di qualsiasi cosa io possa scrivere in seguito).

Unico dubbio: i protagonisti sono un poliziotto e un gangster e io odio i polizieschi. Ma anche questo dubbio è stato spazzato via nelle prime pagine, perché Giochi sacri non è un poliziesco. È la storia di un poliziotto e di un gangster, eppure non è un poliziesco. Ci sono indagini della polizia, storie di mafia e corruzione, complotti internazionali. Ma ancora non è un poliziesco.

È il racconto di due strade, quella del poliziotto e quella del gangster, che a un certo punto si incontrano, all'inizio del libro, e da lì partono due storie. Una che si snoda nel passato, disumana e crudele, in prima persona, perché più che una storia è una confessione, e l'altra che parte proprio da lì, raccontata in terza persona, concreta e umana.

Alla fine totalmente diverse. Alla fine totalmente uguali, nel loro comune dimenarsi in questo sporco magma informe che è Mumbai, nell'affaccendarsi in questo disordine sacro che è l'esistenza, di cui pensiamo di avere controllo e di cui invece non capiamo niente...

Perché tutto alla fine fa parte di un gioco, è tutto un gioco (sacro). È lila: il mondo è un grande gioco divino e Sartaj e Gaitonde, i protagonisti del libro, altro non sono che dei giocattoli degli dei. Come tutti noi, d'altra parte...

Il fatto poi che i due protagonisti siano un boss della malavita e un poliziotto, serve ad aprire delle porte, da cui altrimenti non potremmo entrare, verso pezzi di mondo che altrimenti non conosceremmo.
Come potremmo entrare dentro un carcere indiano, se non seguendo la vita di un criminale?
Come potremmo entrare dentro Bollywood senza seguirne i legami con la malavita, dentro la vita di Miss India senza seguirne i compromessi?
Come potremmo avere contatti sia con la classe media vestita in jeans alla moda sia con i bambini di strada se non in una inchiesta di polizia? (per poi scoprire che i due mondi non sono così distanti…) Come verremmo a sapere della vita di una parrucchiera indiana se un poliziotto non la interrogasse per le sue indagini?
E come potremmo sapere come funzionano le elezioni a Bombay, senza seguirne i meccanismi legati al potere delle bande criminali? (non avrete pensato che fossero elezioni perfettamente democratiche, vero?)

Potrei continuare all’infinito. Il libro è talmente denso di dettagli, situazioni, digressioni, che i due sono sì protagonisti, ma immersi in un mare di vita che scorre indipendentemente da loro, immersi in un mare di storie che, attraverso loro, arrivano finalmente alla nostra spiaggia.

È avvincente, ma anche esistenziale.
È indiano, profondamente, ma universale.
È bellissimo.

Commenti

  1. Anche a me Giochi sacri è piaciuto tantissimo! Anche a me, che non sono particolarmente affascinata dall'India come invece sei tu.
    Impegnativo, vista la lunghezza, ma l'impegno viene ripagato!

    RispondiElimina
  2. Ciao! Reduce dalla lettura dei tuoi post con chiave Bombay-Mumbai devo dire che "Giochi Sacri" è quello che mi ispira di più e sapere che lo nomini di continuo mi incoraggia ancora di più... Penso che sarà la mia prossima lettura "bombayita"!

    RispondiElimina
  3. Fantastico, sono riuscita a convincerti, allora!
    Era lì che miravano i miei consigli: leggilo, leggilo... :)
    Fammi poi sapere!

    RispondiElimina
  4. Ganesh Gaitonde è un personaggio fantastico! L'immagine di lui con i suoi scagnozzi che piange davanti ai film di Bollywood mentre sono ricercati a bordo di uno yacht al largo delle coste della Thailandia è impagabile! ;)

    All'inizio ho fatto molto fatica a entrare nel romanzo, anche perchè, non essendo esperto del genere, ho ritenuto un po' eccessivo l'utilizzo di termini hindi e marathi e molto scomodo il dizionarietto in fondo al volume.. Inoltre la storia è decisamente contorta, divendo comprensibile solo dopo un po' che si prende un minimo di condidenza con la miriade di personaggi che la costellano.
    Non ritengo il libro un capolavoro e mi stupisco un po' di questo grande successo mondiale, però sono contenta di averlo letto e anch'io, come te Silvia, quando ho finito di leggerlo ho rimpianto la compagnia di Gaitonde!!

    RispondiElimina
  5. In generale a me piacciono proprio i romanzi sconfinati, dove si deve aspettare un po' prima di entrare nella storia (come lettrice sono molto paziente, mi faccio lentamente trascinare in balìa delle onde anche se non capisco dove si voglia andare a parare, sono anche molto paziente con i termini hindi e marathi e non li cerco quasi mai nel glossario!)

    Perché è un successo mondiale? Secondo me perché alla fine è veramente avvicente e se si vuole si può veramente leggerlo come una trama poliziesca e basta. Ovviamente è anche molto altro, ma può anche essere letto come un polpettone di gangster e poliziotti, se si supera la resistenza iniziale (e se magari si saltano gli intermezzi!)

    RispondiElimina
  6. interessante la tua recensione, lo salvo nella lista dei libri desiderati. Tra poco partirò per 3 settimane a Chennai, se hai qualche consiglio, suggerimento o indirizzo da non perdere e ti va di mandarmelo per email, te ne sarò grata. Un saluto.

    RispondiElimina
  7. Cara FrancescaV, se poi ti capita di leggerlo, fammi sapere!
    Per il resto, ti scrivo!

    RispondiElimina
  8. Ho scoperto proprio ora da mio marito che ne abbiamo una copia in libreria...ma a Roma1 Appena torno a casa per l'anno prossimo me la procuro, mi ha molto incurisito questo libro. Grazie di scrivermi! :-)

    RispondiElimina
  9. Ho appena finito di leggere "Amore e nostalgia a Bombay" e ho avuto il piacere di rincontrare inaspettamente Sartaj e Katekar fra le pagine del libro!
    Nella parte dedicata al nostro ispettore indiano favorito viene raccontata la fine della storia con la moglie ed è dedicata al "Kama".. Un Sartaj in versione erotica! ;))

    Ciao

    DUDU

    RispondiElimina
  10. Sì, il nostro Sartaj già era nato prima di Giochi sacri!
    Amore e nostalgia a Bombay è un bel libro di racconti: anche a me era piaciuto (e ancora non sapevo che cosa sarebbe capitato in seguito a Sartaj!).

    RispondiElimina
  11. Giochi Sacri è davvero un bel libro che mi ha appassionato tantissimo. Parte subito con un ritmo incalzante e le 1200 pagine scorrono (troppo) velocemente.
    L’ho letto quasi tutto in treno, nei viaggi di lavoro tra la mia città e Milano, circondato da un sacco di gente indaffaratissima a fare cose importantissime con il portatile, il blackberry, l’iPad… Io invece ero totalmente sprofondato in una lettura che mi ha estraniato e portato in un altro mondo, con una full immersion a Mumbai, che è il centro di tutto il libro(mi è venuta una gran voglia di tornarci!).

    E’ vero Silvia quello che scrivi sul linguaggio. In giro per internet avevo trovato qualche commento stizzito contro le troppe parole in hindi o marathi che invece sono davvero una ricchezza perché questo libro non è didascalico: ti porta direttamente in situazioni che altri si limitano a spiegare. E alla fine ti viene da dare del maderchod a qualcuno che ti fa arrabbiare, senza neanche rendertene conto.
    E poi neanche a me piace molto il poliziesco, ma bisogna riconoscere che qui il plot è appassionante. Gaitonde e Sartaj mi mancheranno!

    RispondiElimina
  12. Ciao Gianni,
    mi fa molto piacere che tu l'abbia finito e soprattutto che ti sia piaciuto!
    Anche io l'ho letto principalmente in treno, da pendolare, e ho spesso pensato come te quante ore di vita guadagnassi a leggerlo rispetto a mandare email o messaggini come ormai fanno tutti in treno... una vera propria immersione in un altro mondo.
    E' verissimo che certe espressioni diventano tue, tipo maderchord o randi (in effetti principalmente le parolacce...).
    E ora cosa leggi?

    RispondiElimina
  13. Ciao Silvia,
    sto leggendo La Tigre Bianca. Ammetto che dopo un libro come Giochi Sacri è difficile trovare qualcosa di altrettanto appassionante, ma la tigre per ora si lascia leggere e niente più.
    Per la prossima lettura mi ispira molto Fiume di Fuoco, per cambiare stile e leggere qualcosa di più ampio respiro. Mi è piaciuto molto il tuo post di qualche tempo fa e adesso credo sia il momento di leggere quel libro. Unico problema: da qualche parte ho letto che l'autrice ha uno stile simile a Rushdie che... non sopporto.
    Che ne dici?
    Grazie ancora per tutto!

    RispondiElimina
  14. Eh, la Tigre anche secondo me non è appassionante come i Giochi, soprattutto perché nei Giochi ci sono dei personaggi formidabili mentre nella Tigre i personaggi praticamente non ci sono (ma penso che non fosse questo il punto forte dell'autore).
    Però secondo me la Tigre ha qualcosa da dire, anche se su tutt'altro piano.

    Fiume di fuoco è un capolavoro! Rushdie ha preso molto, ma se di Rushdie ti dà fastidio lo stile di scrittura (tipo le frasi che rimangono a mezz'aria o che si contorcono l'una dentro l'altra), puoi tranquillamente leggere il Fiume, che ha una scrittura complessa ma non "artificiosa" come quella di Rushdie (lo dico io che invece adoro il suo stile).

    Se invece di Rushdie non ti piacciono i riferimenti storici contorti, gli aspetti più postmoderni, i molti personaggi, i riferimenti a tutto e di più, allora forse non ti piacerà neanche il fiume...

    Mi sembra che di Rushdie ti desse fastidio anche la tendenza a stupire, bene, quella non c'è nel Fiume, almeno così com'è in Rushdie.
    Penso che per noi comunque sia un libro molto complesso, perché i riferimenti storico-culturali indiani sono molti e spesso per "noi occidentali" non molto noti.
    Ma anche se non si capisce tutto si può leggere lo stesso, e si impara comunque molto!
    ciao!

    RispondiElimina
  15. Ciao Silvia, ti ringrazio molto per questi consigli preziosi. Finita la Tigre, ti farò sapere...
    Ciao a presto

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Il miracolo della letteratura indiana contemporanea

Dove la mente non conosce paura

Shantaram