Aftertaste

di Namita Devidayal

È tutta una questione di soldi

Non so se questo libro sia poi diventato un bestseller. Nelle librerie di romanzi in lingua inglese, questa estate a Mumbai come bestseller troneggiavano i libri di Chetan Bagat, ma Aftertaste è stato sicuramente il libro più venduto durante le ore che io ho passato a spulciare le pile orizzontali di libri della Strand Book Stall, tanto che il commesso continuava a portarne nuove copie giù dalle scale e che alla fine l'ho comprato anche io.

Aftertaste è il secondo libro di Namita Devidayal, autrice della Stanza della musica.
Non è (ancora) stato tradotto in italiano ed è molto diverso dal primo: La stanza della musica era un libro a metà fra autobiografia e reportage sulla storia della musica, fatto di magica intimità e di canto sublime, Aftertaste è un romanzo vero e proprio, che descrive le relazioni, tutte basate sui soldi, di una famiglia indiana benestante. 


Si apre in una stanza di ospedale nel 1984, durante Diwali: Mummyji, vedova e madre di quattro figli, si trova ricoverata per un ictus. La guardia dell'ospedale osserva le strane dinamiche che tengono uniti i membri della famiglia e si chiede se sia proprio vero quello che non può fare a meno di notare: tutti vogliono che Mummyji muoia.

Da qui iniziamo a seguire tutta la storia della famiglia andando indietro di qualche decennio: la loro è una familia di baniya, riconosciuti per il proverbiale senso degli affari e l'attaccamento al denaro, originaria del  Punjab e ora residente a Bombay, città ideale per fare soldi.

Al centro della famiglia, c'è Mummyji, che muove tutte le trame del mondo che la circonda, tutto il business del negozio di mithai (dolci) che è riuscita ad avviare e far diventare un impero commerciale, tutte le vite dei suoi figli. È lei a decidere che cosa è meglio per loro, a calcolare e manipolare i rapporti con le nuore e i nipoti, i matrimoni e le relazioni fra tutti gli altri membri della famiglia. Madre e distruttrice, detentrice del potere e del controllo su tutto e su tutti.

Seguiamo così le storie dei quattro figli: Rajan Papa, intellettuale e inconcludente, del tutto incapace di fronte alle sfide del business, Sunny, dinamico, impulsivo e senza scrupoli, Suman, bellissima, viziata e irragionevole e infine Saroj, a cui toccano tutte le sfortune della vita. Veniamo così a conoscenza dei loro mariti, mogli, amanti, figli e amici, fino a che non si incontreranno tutti al capezzale della madre, ognuno pronto ad arraffare il più possibile dei suoi soldi, diamanti, proprietà e gioielli.

Namita Devidayal è brava a delineare esplicitamente tutte queste relazioni, ma un po' meno nella descrizione dei personaggi, caratterizzati in modo clinico, schematico e sempre attento a svelare ogni minimo dettaglio della loro vita per spiegare quello che sono diventati, anche con l'aiuto di qualche breve inserto per chiarire come funzionano le famiglie allargate in India o il giro di soldi in nero fra i baniya.

In questo senso, la trama manca di ritmo e di energia e, nonostante i personaggi siano del tutto "normali", è praticamente impossibile provare simpatia nei loro confronti, perché, diciamolo, non se ne salva nessuno.

Alla fine il romanzo è una riflessione su che cosa tiene unite le famiglie: non a caso, tutte le indicazioni temporali sono riferite a Diwali ("quattro giorni prima", "due giorni dopo" ecc.), che è proprio il tempo della famiglia, del cibo e dei dolci (se fosse ambientato da noi, potrebbe essere Natale).

E non a caso, proprio il business familiare basato sui dolci lascia un senso di cinica rassegnazione, un retrogusto decisamente amaro.

Commenti

  1. be' allora mi viene in mente 'parenti serpenti' del grande Mario Monicelli scomparso -tragicamente- l'altro ieri.
    Lì la famiglia ha fatto fuori entrambi i genitori e la storia si svolge proprio nel giorno di Natale. Molto humor nero, cinico e amaro.
    Il film mi era piaciuto, il libro chissà... (aspetto la traduzione, sono pigra)

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  2. Sì, in un certo senso potrebbe essere un parenti-serpenti indiano!
    Anche se il film secondo me è meglio (i personaggi del libro proprio non mi hanno esaltato e lo humor nero di monicelli non c'è...)!

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