La morte di Vishnu

di Manil Suri

Nelle sue pagine sono riecheggiate le notizie degli attentati a Mumbai dei giorni scorsi. Se non ci fossero stati, probabilmente l'avrei letto in modo diverso, con più attenzione alla speranza e meno ai conflitti.

Ma l'ho letto così. E forse mi è piaciuto per questo, per il suo saper trattare questi conflitti con il senso della quotidianetà, con le parole dei sogni e della fantasia, per il suo saper far riecheggiare i miti e le leggende dell'induismo nel realismo della vita quotidiana. 

Con La morte di Vishnu, viviamo per 24 ore in un caseggiato di Bombay. Un microcosmo simbolo di una città enorme e contraddittoria. Ai suoi piani, abitanti diversi: due famiglie indù in lotta fra di loro, perse nelle meschinità quotidiane fatte di litigi sui presunti furti di pochi cucchiai di ghee, di cisterne dell'acqua, di partite di carte con la (presunta) meglio società. Una famiglia musulmana, con un marito indeciso fra razionalismo e desiderio mistico di illuminazione. Due giovani innamorati, lui musulmano, lei indù, pronti a scappare insieme. Più si sale, più ci si eleva come classe sociale e come dimensione spirituale: in alto, all'ultimo piano, un vedovo triste e solo, perso nel suo passato.

Al piano terra invece vive lui, Vishnu, che si è conquistato un posto letto sul pianerottolo in cambio dei favori che svolge per i condomini: far le code, portare il latte. Che sogna, sogna della sua sensuale Padmini, della baracca dove viveva da bambino con la madre che gli ha dato il nome di un dio. Ma chi è Vishnu? Un disgraziato, un poveraccio, un ubriacone, un impiccio ora che è malato e che passa le sue giornate disteso lì per terra, ora che bisogna pagargli l'ambulanza per portarlo all'ospedale. Oppure un dio?

Chi gli dà dei chapati raffermi, chi una banconota perché porti fortuna, chi lo guarda male ma non troppo (non sia mai che altrimenti porti il malocchio), chi gli si sdraia accanto preso da un desiderio di espiazione e spiritualità.

Vishnu, che, senza far nulla, tesse il filo che collega tutti i personaggi, il filo che fa alleare i mariti delle mogli petulanti, che unisce gli amanti, che ripercorre i ricordi e il passato, quello stesso filo che porta sia all'illuminazione sia alla guerra religiosa.

E se fosse davvero un dio? Vishnu, il dio conservatore della trimurti indiana.
 Se lo fosse veramente? Vishnu, un poveraccio che dorme sul pianerottolo.
Il conservatore del mondo, di questo mondo un po' folle e un po' sognante. E sempre un po' cattivo.

Commenti

  1. Sono d'accordo con i primi due righi del tuo posto. Questi giorni abbiamo un diverso punto di vista per conoscere il mondo.
    Sembra una storia triste.

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  2. Si', i fatti esterni cambiano il punto di vista delle cose.
    In realta' non e' triste, a tratti ci sono momenti anche divertenti. E' solo che fa capire quanto sia difficile (ma anche bello) convivere insieme.

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  3. Mi è talmente piaciuto che sono corso a comprare il secondo capitolo della trilogia "L' età di Shiva" (nonostante le critiche non proprio esaltanti). Mi ha affascinato questo tentativo (riuscito) di inserire elementi della mitologia hindu (in particolare della figura di Vishnu), nell' intreccio prima leggero e via via più drammatico del racconto. Questo straccione che sta morendo sul pianerottolo e che porta il nome di un Dio, forse non è solo un disgraziato qualunque della metropoli che ne vanta forse di più al mondo, forse è proprio un Dio, forse addirittura Kalki, l' ultima reincarnazione di Vishnu ... ancora attesa dall' umanità. Il tutto, in una giornata qualunque, in un condominio qualunque di Mumbai, una giornata di ordinaria follia simbolo dei pregi e dei difetti di questa immensa nazione. E poi ... è straordinaria la costruzione dei vari personaggi e l' introspezione di ciascuno. In particolare, indimenticabili sono il sig. Ahmed Jalal e Vinod. Bello, bello, bello.

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  4. Sì, bello bello!
    Bello come descrizione di Bombay (per me è il massimo che sia riuscito a descrivere un'intera città senza uscire dal condominio), come intreccio e come personaggi. E poi la mitologia, che comunque non è invasiva: si può anche ignorare o non cogliere e il romanzo risulta lo stesso completo (certo è una chiave di lettura in più, e non da poco...).

    Io, parlando un po' in giro, sono arrivata alla conclusione che chi ha amato Vishnu ha trovato deludente Shiva, mentre chi non è riuscito a leggere Vishnu ha poi amato Shiva...
    Vediamo se confermi o smentisci questa teoria!

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