Khasakkinte Itihasam (The legends of Khasak)
di O.V. Vijayan (1930-2005)
Khasakkinte Itihasam è un capolavoro.
Pubblicato dopo dodici anni di lavoro nel 1968 su un settimanale in lingua malayalam e nel 1969 in un libro vero e proprio, è una delle opere fondamentali della letteratura malayalam moderna.
Originariamente scritto in malayalam, O.V. Vijayan stesso lo tradusse o, meglio, lo riscrisse e reinventò, in inglese solo nel 1994, con il titolo The Legends of Khasak.
Khasak è il nome del paesino nel quale è ambientato il romanzo, che corrisponde al villaggio di Thasarak nell'interno del Kerala, dove realmente l’autore visse per un periodo.
A Khasak noi arriviamo insieme a Ravi, un ragazzo giovane e moderno mandato a insegnare nella prima vera scuola del villaggio.
Non che a Khasak non ci fossero scuole del tutto, ma le uniche presenti erano la madrasa per i musulmani e la scuola dell'astrologo indù, tanto che una scuola pubblica sembra una rivoluzione volta sconvolgere la vita tradizionale del villaggio, da cui tutto il disprezzo e l'apprensione della comunità.
Ma invece poi capiamo che questo arretrato villaggio, sprofondato nella superstizione e nell'ignoranza, è ben più tollerante di quanto si potrebbe immaginare: musulmani, indù, laici e fautori della modernità possono tranquillamente convivere trovando ogni volta soluzioni molto poco intellettuali, ma sempre pratiche e concrete.
L'emarginazione non esiste a Khasak, così come non esistono confini netti fra le diverse religioni, che si contaminano e si influenzano fra oracoli, templi, altari e moschee.
E' dunque Ravi, in cerca di espiazione per le colpe del suo passato, a portarci nel villaggio, ma solo per metterci davanti a tante storie e tanti personaggi diversi. Il giovane insegnante infatti smette quasi subito di essere il personaggio centrale per lasciar posto alle storie degli abitanti di Khasak: i bambini della scuola, lo "scemo del villaggio" che a giorni alterni è musulmano o indù, i comunisti che vorrebbero un mondo nuovo, il maulvi che ostacola la scuola di Ravi, il toddy tapper (ovvero colui che si arrampica sulle palme a raccogliere il latte di cocco per ricavarne il toddy, la bevanda alcolica) e i suoi problemi con le leggi proibizioniste.
Attraverso questi personaggi scopriamo che la vita rurale non ha proprio niente di idilliaco, costellata com'è di disgrazie, morti e malattie.
Ed è proprio di fronte alle malattie che abbiamo l'idea di come tutto possa coesistere: chi si affida a formule magiche, chi agli antibiotici, chi si è vaccinato contro il vaiolo e chi invece no (Ravi, il simbolo della modernità e del cosmopolitismo, paradossalmente no) e quindi si ammala.
Nel descrivere la vita di Khasak, l'autore riesce ad annullare il confine fra superstizione, credenze religiose, leggende e realtà con un frequente ricorso al realismo magico, a verità multiple, al dubbio, al surreale e al mito che sono indistinguibili dalla realtà.
Riesce a intrecciare spirituale e carnale, esistenziale e grottesco, passato e presente, sublime e terreno con una narrazione lirica che spesso intreccia lo spazio e il tempo, che procede (anche) per metafore e simboli.
In molti hanno sottolineato come il suo realismo magico, rimasto poco conosciuto al resto del mondo, sia in realtà contemporaneo a quello di Garcia Marquez e anticipi di parecchi anni quello di Rushdie. L'influenza di questo romanzo sulla letteratura malayalam è stata fortissima, tanto che spesso si divide la narrativa malayalam in pre-khasak e post-khasak.
A questo proposito e su Vijayan si può leggere questo interessante articolo su Frontline, scritto poco dopo la sua morte, nel 2005.
Fatto sta che questa rimane un'opera amatissima in Kerala, un bestseller letto con passione ancora oggi.
Io l'ho letto nella sua riscrittura in lingua inglese e l'ho trovato profondamente toccante, illuminante. Spero sempre che un giorno sia tradotto anche nella nostra lingua.
ciao Silvia,
RispondiEliminaho scoperto da poco il tuo bellissimo blog: sto cercando in questi giorni di recuperare il tempo perduto, divertendomi a leggere le tue recensioni e riflessioni. Amo moltissimo l'India anch'io, sono tornata da poco da un viaggio in Rajasthan e Gujarat per documentare un'importante esperienza in campo sociale per l'autonomia e il miglioramento delle aree povere (leggi: sono stata al Barefoot College di Bunker Roy a girare un documentario).
Ti seguirò con passione...
grazie, elisa
ciao
RispondiEliminapurtroppo non ho abbastanza dimestichezza con l'inglese da affrontare la lettura di un intero libro.
Quello che tu dici è veramente interessante e spero anch'io che possa essere pubblicato in italiano
Fabrizio
e'difficile da trovare?
RispondiEliminaElisa,
RispondiEliminaun grandissimo benvenuto in questo blog!
E' molto interessante quello che hai fatto, pensa che io in Gujarat invece non sono mai stata e mi piacerebbe tanto andarci.
Come faremo a vedere il documentario che hai girato? Facci sapere!
Fabrizio,
io ci spero sempre! Nel caso tu o qualche altro lettore vi trovaste meglio con francese o tedesco, è stato tradotto anche in francese e in tedesco: ma perché in Francia sí e da noi no? (domanda meramente retotica)
Sonia,
io l'avevo preso in India, ma lo dovresti trovare anche via internet, per esempio su Amazon:
http://www.amazon.co.uk/Legends-Khasak-O-V-Vijayan/dp/014015647X/ref=sr_1_5?ie=UTF8&s=books&qid=1266142678&sr=8-5
grazie per il benvenuto! quando sarà pronto ti avvertirò, credo andrà proiettato ad Internazionale Ferrara, festival che si tiene nella mia città ai primi di ottobre.
RispondiEliminaIl Gujarat è bellissimo, ci sono stata anche l'anno scorso, per un lavoro su Gandhi per le scuole. La prossima volta vieni anche tu?
buona giornata!
Sono sempre venuta al Festival di Internazionale a Ferrara - che fra l'altro è una città che amo tantissimo. Quindi sarà un motivo in più per venirci anche quest'anno (se riesco a farmi andar giù le code interminabili)!
RispondiEliminaVengo volentieri pure in India
(qui non si dice mai di no!), quando tornerai?
La prossima volta che vado (che spero essere quest'estate) devo essere contemporaneamente a Bangalore, Mumbai, Pune, Bhopal, Calcutta, Jammu, Calicut, Delhi. Quindi perché no anche in Gujarat?
Cara Silvia,
RispondiEliminaè abbastanza da poco che ho iniziato a manifestare una insana passione per i libri indiani (non sono mai stata in India e spero di andarci presto) e ho da poco anche scoperto questo blog , tramite il libro "Hotel Calcutta" che ho appena finito e che mi è piaciuto molto.
Ti volevo fare i complimenti, perché lo trovo molto, molto ben fatto, pieno di recensioni interessanti , originali e ben scritte, capaci di spaziare con agilità dai best seller a libri sconosciuti.
E grazie per questi sguardi su letterature che difficilmente da qui si conoscerebbero.
Continuerò a leggreti!
Vale
Ragazeeeee, che invidia mi fate! Io ci devo ancora andare in India, ma prima o poi ce la farò!!! :-D
RispondiEliminaComunque volevo fare un commento sul realismo magico: non è vero che l'ha inventato Garcia Marquez nè Rushdie, esisteva già, l'hanno usato un sacco di scrittori, solo che loro due l'hanno portato in occidente, dove prima eravamo poco attenti agli scrittori di altre parti del globo. Ora che lo siamo leggermente di più ci accorgiamo che ci sono tanti altri scrittori degni di nota che prima ignoravamo!
"Perché la Francia sì e noi no?" Tocchi un tasto dolente. Ma se non esistono traduttori malayalam-italiano anche una traduzione dall'inglese aiuterebbe! Giusto per far conoscere al pubblico qualche scrittore alternativo...
Valentina, benvenuta anche a te e grazie mille, sei troppo buona!
RispondiEliminaStefania, prima o poi ci andrai in India...
Anche non c'ero mai andata, prima di esserci andata! :)
Infatti intorno a questo libro c'è una certa polemica proprio per il fatto che, nonostante sia famosissimo in Kerala, non ha avuto i giusti riconoscimenti soprattutto rispetto all'uso del realismo magico. E si vorrebbe anche sfatare il fatto che il realismo magico (o "real maravilloso" ché "meraviglioso" mi piace di più) sia proprio dell'America latina: c'era anche in India, e ben prima di Rushdie.
Secondo me non ha molto senso fare la gara per chi l'ha usato per primo, ma sicuramente non sarebbe male conoscere altri scrittori oltre a Marquez e a Rushdie, magari di lingue meno "internazionali".
A proposito delle traduzioni a noi non concesse, quella francese è direttamente dal malayalam (la traduttrice francese, Dominique Vitalyos, si è innamorata della letteratura malayalam e ha tradotto anche altri libri malayalam fra cui anche quello di Basheer di cui parlavamo), quella tedesca invece è fatta dall'inglese, anzi, dall'"Indian English", come dicono nella presentazione del libro.
In questo caso poi non è una doppia traduzione, perché la versione inglese è una reinvenzione in un'altra lingua da parte dell'autore stesso (che fra l'altro era laureato in letteratura inglese).
Quindi, lo vogliamo tradotto anche noi!
bel post, cara Silvia. E grazie della segnalazione di questo libro ce non conoscevo.
RispondiEliminaTu ci sei stata nel Kerala?
Potremmo cercare un po' di tracce del realismo meraviglioso (hai ragione, molto meglio di magico) nelle letterature non occidentali. Che ne dici?
un abbraccio, cris
Sì, Cristina, ci sono stata due volte. Entrambe le volte sono stata a casa di una famiglia indiana, nel Kerala del nord, in un paesino (Edappal).
RispondiEliminaLa prima volta ho anche fatto tutti i "must" turistici keraliti del caso.
La seconda volta, non avendo imperativi turistici da seguire, mi sono un po' cullata fra amici, incontri con scrittori e poeti, pomeriggi al cinema, visite di librerie e di templi. E' per questo che sono così fissata con questi libri in malayalam!
Il Kerala spesso è visto appunto nella sua veste più turistica, mentre c'è tutto un mondo culturale che non si conosce.
Quello che a me affascina - e che non a caso è già presente in questo libro degli anni '60 - è la sintesi fra un mondo più "moderno" e uno più "tradizionale" (a proposito: il contrasto modernità/tradizione ormai aleggia ovunque sui libri indiani, questo secondo me si aggiudica a pieno titolo il ruolo di stereotipo), senza però che ci siano due fazioni contrapposte come invece spesso viene descritto: rispetto al resto dell'India, il tenore di vita è più alto, la gente è istruita e cosmopolita (come letture o conoscenze), ma spesso non è mai uscita dal proprio paese e la struttura della società e della famiglia è molto tradizionale, dettata dalla casta o dalla religione.
Direi che il realismo magico (o appunto "meraviglioso", secondo la definizione di Alejo Carpenter) è, o è stato, diffusissimo a livello mondiale, anzi si dice spesso che è caratteristico delle letterature post-coloniali.
Direi che si conoscono bene gli scrittori "non occidentali" che però scrivono in lingue "europee": sì, sarebbe bello scoprire autori come Vijayan che ne hanno fatto uso anche in lingue non europee.
Grazie di questa bella segnalazione!
RispondiEliminaSai per caso che cosa si sta preparando al Salone del Libro di Torino?
ciao, Marco
@Elisa: molto interessante , mi piacerebbe conoscere melgio il tuo lavoro di documentarista.
RispondiEliminaIo conosco piuttosto bene il Gujarat e ci ho studiato sia la presenza gandhiana (l'università, la fondazione, etc>) sia la sua eredità socio-politica (il sindacato della donne Sewa, di cui sto accingendomi a scrivere proprio ora).
Temniamoci in contatto, Elisa, e se fai delle proiezioni pubbliche dei tuoi documentari fammelo sapere, le segnalerò sul mio blog MilleOrienti (che Silvia, bontà sua, ha linkato qui).
ciao!
Marco/MilleOrienti
oh! grazie ragazzi, certo che vi tengo informati sulle proiezioni del documentario, in questo momento in effetti lo stiamo ancora montando. Se avete voglia di leggere qualcosa in merito, vi consiglio 'Raggiungere l'ultimo uomo' di Maria Pace Ottieri, che ha scritto un bel libro sul Barefoot College di Tilonia (soggetto del mio documentario) oppure, su SEWA (Self Employed Women Association), sindacato autonomo di donne del Gujarat fondato da Ela Bhatt, il bellissimo libro di Mariella Gramaglia 'Indiana. Nel cuore della democrazia più complicata del mondo'. Entrambi i libri scritti dopo un lungo periodo di soggiorno in India e con una sensibilità e competenza -e delicatezza- ammirabili.
RispondiEliminaCiao Marco, non so molto di più di quel che si dice nelle pagine "ufficiali" del Salone in cui si descrive l'India come paese ospite (che avrai già sicuramente visto):
RispondiEliminahttp://www.salonelibro.it/en/salone/paese-ospite.html
Non ho ancora visto un programma dettagliato. Lo aspetto per sapere quando andare (sempre se non sarò in viaggio in quei giorni di maggio).
Tu ci andrai?
Elisa, allora tienici informati!
Ciao Silvia
RispondiEliminacomplimenti per il tuo blog. Anch'io ho l'India nel sangue. Ho provato, invano, a proporre la traduzione di questo stupendo libro in Italia. Ahimè, nessuno l'ha mai preso in considerazione. Ma è un libro magico, concordo!
Clara
Ciao Clara,
RispondiEliminaci conoscevamo già, vero? E' con te avevo scambiato delle email su Yeti Books qualche anno fa? e sei tu che ha tradotto Hotel Everest?
Io da allora ho cambiato indirizzo email e ho maldestramente perso tutte le vecchie email e indirizzi...
Se sei tu, piacere di ritrovarti!
E' vero, le storie di Khasak sono veramente magiche, è veramente un peccato che nessuno voglia tradurlo.
A presto!
Sì, sì, sono io! Leggendo il tuo blog e il tuo nome... che bello ritrovarti. Anche io ti avevo perso. Ti lascio l'indirizzo del mio blog.
RispondiEliminahttp://tabaccherieorientali.blogspot.com/
Keep in touch. Buona giornata!
ah, che bello, evviva!
RispondiEliminaGrazie per il link, vado a farmi un giro nelle tue tabaccherie orientali.
a presto!