Baulsphere

di Mimlu Sen

Parigi, 1982. Mimlu Sen, l'autrice di questo libro, assiste al concerto di un gruppo di Baul, i menestrelli bengalesi approdati per quell'occasione fino alla capitale francese.

La loro musica è per lei quasi magnetica: quelle canzoni la riportano immediatamente alle sue origini indiane, alla casa natale di Shillong quando sua madre le cantava le stesse melodie, a tutto il mondo bengalese che si è lasciata alle spalle per vivere una vita diversa e anticonformista a Parigi.


E' da qual momento che inizia il suo viaggio nel mondo di questi menestrelli vagabondi e liberi come il vento, a fianco di Paban, uno dei musicisti conosciuti a Parigi. Un viaggio che durerà per il resto della sua vita e la porterà in giro per il Bengala rurale, seguendo festival religiosi, fiere agricole e visite agli ashram, sulle orme erranti della musica dei Baul.

La narrazione che esplora il mondo dei Baul attraverso le esperienze personali ricorda alla lontana La stanza della musica, in cui Namita Devidayal raccontava la musica classica indostana attraverso il suo vissuto: anche in questo caso il libro è una via di mezzo fra autobiografia, un libro di memorie e un reportage sui Baul.

Uno dei primi passi del viaggio di Mimlu è quello che la porta ad attraversare la "linea della povertà" per conoscere la famiglia di Paban che vive decisamente al di sotto di quella linea. E' proprio lì sotto, fra le caste più povere, che troverà un mondo fatto di condivisione e di tolleranza, dove la privacy non esiste, dove la porta di casa è sempre aperta per tutti.
E' un mondo profondamente spirituale, senza confini fra le diverse fedi religiose. I Baul venerano la dea Kali e altre espressioni della potenza femminile; molti di loro non sono solo cantanti ma anche sadhu che praticano riti tantrici e tradizioni esoteriche.
  
Malvisti dalla gente "rispettabile", ammirati da Tagore che tanto ne fu ispirato nelle sue canzoni, i Baul suonano le loro melodie con strumenti di legno e terracotta, e portano sollievo ai poveri, alle contadine o alle prostitute che trovano speranza nei testi che parlano dell'anima divina che risiede dietro di noi, e liberazione nei ritmi frenetici della musica.

Nel descrivere la vita dei Baul, Mimlu Sen ne descrive luci e ombre, senza mai lasciarsi andare a una descrizione romantica: la vita dei Baul è anche dura e povera, è anche fatta di pregiudizi e di prevaricazioni.
Il loro spirito libero, che rifiuta le caste, la discriminazione nei confronti delle donne e le differenze religiose, deve comunque cantare per una società maschilista, dominata dai bramini e intrisa di intolleranza religiosa.
Inoltre, è giusto chiedersi che cosa succederà a queste tradizioni con l'avanzare di un mondo globalizzato - domanda aperta che rimane, per ora, senza risposta.

Ho apprezzato Baulsphere soprattutto perché mi ha aperto una finestra sul mondo dei Baul, un mondo che mi ha enormemente affascinato durante il mio recente viaggio in India (come forse si era capito).

Proprio per questo, talvolta avrei preferito avere più spazio dedicato ai Baul che non alle vicende personali a familiari dell'autrice, ma penso che Baulsphere sia un'ottima introduzione di piacevole lettura a chiunque volesse addentrarsi nel mondo dei Baul, oppure anche farne solo un giro turistico, così per cominciare. (A proposito: se qualcuno lo volesse leggere è stato pubblicato con il titolo The Honey Gatherers anche in Inghilterra e quindi è facilmente ordinabile online).

La narrazione appassionata non riesce invece a comunicare pienamente la bellezza e la potenza della musica, ma in realtà neanche ci prova, giustamente: non è qualcosa che si possa comunicare tramite le sole parole scritte. Qui sì che ci vorranno spiriti vagabondi e  appassionati viaggiatori.

Commenti

  1. Silvia, ogni tuo post è un piccolo viaggio. Io sono reduce da una bellissima serata indiana, santoor recital a Bruxelles, e ieri mi sono sentita a casa fra gli indiani. Ogni volta è come tornare a casa. Lo leggerò di sicuro questo libro, anzi vado subito su amazon. Baci e buon weekend.

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  2. Che bello il suono del santoor!
    Ogni tanto una serata indiana ci vuole proprio...
    Se poi veramente leggi il libro (o parti per il Bengala alla ricerca dei Baul), fammi sapere.

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