Narcopolis

di Jeet Thayil

"Bombay, la città che ha cancellato la sua storia cambiando nome e alterando chirurgicamente il proprio volto, è l’eroe o l’eroina di questo racconto, e siccome sono io a narrarlo e voi non sapete chi sono, diciamo che arriveremo al dunque, ma non subito, perché adesso possiamo prendercela comoda, c’è abbastanza tempo, possiamo accendere la lampada e aprire la finestra alla luna e sognare per un momento una città grande e distrutta, perché sul fare del giorno dovrò smettere, questi sono racconti notturni che svaniscono alla luce del sole come polvere di vampiro – aspetta, accendi come si deve, sì, tienimi ferma sulla lampada, con calma, innanzitutto un bel tiro, spingi il fumo in fondo ai polmoni, bene così, santo cielo, e un altro tiro per le narici, e qualcosa di dolce per la bocca, e adesso possiamo cominciare dall’inizio, la prima volta da Rashid, quando i ricami di fumo azzurro della pipa sono passati dal sangue agli occhi, dentro di me poi fuori, nel mondo azzurro, e ora stiamo arrivando al dunque..."


Se non vi siete mai fatti di oppio, la cosa più vicina che potete provare è leggere Narcopolis.
Non pensate però di arrivarci, al dunque di questa storia: d'altra parte una volta che si inizia a leggere forse non ci si pensa neanche, che ci possa essere un dunque.

In questa storia quello che si fa è seguire il narratore, e con lui finire subito dentro in un khana, una fumeria in Shuklaji Street, a fumare oppio di alta qualità. In mezzo a vicoli, bordelli e canali di scolo, in una Bombay oscena e carnale.
Ed è qui che il nostro narratore, dopo averci accompagnati (poi, sì, verra a ripendrenci), ci lascia in  compagnia di personaggi particolari.
Conosciamo così la bella e femminile Dimple, un eunuco che prepara le pipe, e poi Rashid, il gestore della fumeria anche lui dipendente da droghe. E poi Xavier, un pittore sempre ubriaco, e Rumi, folle e violento. Cristiani, musulmani, hindu.

Come in una serie di racconti paralleli e intrecciati fra loro, seguiamo le loro storie: sono personaggi tutti accomunati dalla dipendenza di sostanze stupefacenti, che ci portano nei bassifondi di Bombay, e fino in Cina, da dove arrivano le pipe da oppio di Rashid e i ricordi di altri che poi diventano i nostri.

Viviamo così quel periodo a partire dalla fine degli anni Settanta in cui si fumava nei khana, in un mondo febbrile, squallido, onirico e splendido. Ma a poco a poco gli anni passeranno per tutti, ognuno con un la sua disperazione, e pian piano l'eroina, più veloce, brutale e facilmente consumabile, prenderà il sopravvento sull'oppio, su quel mondo fatto di lente spirali di malinconia.

L'autore, un ex tossicodipendente, poeta e musicista, è davvero bravo a descrivere una città sfatta ma vitale, un mondo surreale e feroce, dove un burqa è più sensuale di una sari, dove un eunuco è più femminile di una donna, dove una dose ha più importanza anche di te stesso, e dove alla fine noi arriviamo a provare lo stesso dolore che provano i suoi protagonisti, e i suoi fantasmi.

Anche se c'è qualcosa in questo dolore che non arriva fino in fondo, nel profondo, e c'è qualcosa che non mi ha convinto fino alla fine.
Io adoro i libri che mettono a dura prova il lettore (sempre se alla fine si guadagna qualcosa), ma qui come lettrice mi sono sentita abbandonata, disorientata: i personaggi scompaiono sul più bello, e ricompaiono ormai già troppo sfioriti, ormai già troppo indifferenti. 

Come se a un certo punto ti dicessero: ehi, aspetta, ora devo farmi una pipa, o una dose di eroina, ora basta, lasciami stare.

Ma poi forse è proprio questo il suo bello: la desolazione in mezzo a un mondo così pulsante di vita, e di morte.


Jeet Thayil, Narcopolis, Neri Pozza 2012
Traduzione di Vincenzo Mingiardi
pp. 304, € 16,50

Commenti

  1. Ciao Silvia, Narcopolis l'ho letto in inglese, mentre ero a Bombay, e seppur trovando alcune pagine vivide descrizioni di una Bombay perduta, mi sono sentita come te: abbandonata, delusa, e come dire... tradita? Manca qualcosa, è indubbio. Un abbraccio dalle colline

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  2. Ciao Clara, le descrizione sono molto belle, ma quel senso di abbandono, di mancanza rimane. Alla fine è come se avessi fatto molto strada per arrivare in un posto in cui non c'è niente da vedere. Mi sono chiesta se fosse forse questo il senso, se fosse voluto.
    Ho letto oggi che è nella longlist del Booker Prize.
    Un abbraccio!

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  3. Ciao Silvia, allora ho fatto bene a non prenderlo il libro...

    Ma forse è come dici tu, forse è voluto questo farti arrivare in un posto dove non c'è niente da vedere, perché mi sembra qualcosa di molto legato alla tossicodipendenza.
    Ma il libro non l'ho letto...
    Questa estate solo libri cinesi e giapponesi.

    Cari baci anche a Clara e cerchiamo di vederci presto.

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  4. Ciao Cristina,
    come va?
    Però non volevo dire che non valesse la pena di leggerlo: secondo me vale la pena, anche se alla fine mi è sfuggito qualcosa...

    Che cosa stai leggendo di cinese-nipponico?
    Anche io sto leggendo moltissimo Giappone (in realtà moltissimo Murakami), dopo il viaggio in Giappone mi sono molto intrippata! Ah, e poi ho letto anche due libri di Anilda Ibrahimi, visto che ero in Albania!
    (ne stavo giusto scrivendo in questo momento, anche se non c'entra niente!)

    Sì, vediamoci! Si pensava a ottobre e Ferrara al Festival di Internazionale...

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  5. Murakami è uno dei miei scrittori preferiti! Negli anni ho letto quasi tutto di lui e adesso sto per finire "1Q84". Di Anilda Ibrahimi ho letto "Rosso come una sposa" e "L'amore e gli stracci del tempo" di cui ho parlato su globalstories: http://www.globalstories.it/category/scrittori/anilda-ibrahimi/ e ho riletto con piacere molti tuoi commenti... (gli anni passano velocemente, n'est pas?). Non ho ancora comprato il suo ultimo libro. Tu hai lo hai letto? Aspetto di leggere il tuo post...

    Questa estate ho letto due libri di Gao Xingjian: la raccolta di racconti "Una canna da pesca per mio nonno" e il romanzo "La montagna dell'anima". E' uno scrittore notevole e spero di scriverne presto su globalstories. E poi ho riletto "La donna guerriera" di Maxine Hong Kingston che mi era piaciuto di più quando l'avevo letto tanti anni fa.

    Allora a ottobre...

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  6. Ma dai, anche io sto per finire 1Q84, mi mancano pochissime pagine!
    Che poi mica finire, perché bisogna aspettare che esca il libro 3 in italiano... uffa, questi libri a pezzetti!

    Anche io ho letto quei due libri di Anilda Ibrahimi e non l'ultimo, e mi ero pure dimenticata che ti avevo scritto a proposito (mentre i post che avevi scritto tu li ricordavo benissimo): il tempo passa e io dimentico, sto decisamente invecchiando! Però bello vedere che la nostra blog-amicizia va avanti da tanti anni!

    Di Gao Xingjian e Maxine Hong invece non ho mai letto niente!

    ci vediamo presto!

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