Poesie scelte

di Kishwar Naheed

Dopo quello di Moniza Alvi, ecco un altro bellissimo volumetto di poesie pubblicato dalla casa editrice Fuorilinea, che libro dopo libro stimo sempre di più (e di cui vi invito a sfogliare l'interessante catalogo, anche non indiano).

Questa volta le poesie sono della poetessa Kirhwar Naheed, anche lei nata indiana (nel 1940) e diventata pakistana in seguito alla Partizione del 1947. Proprio come Manto, lo scrittore "nato indiano e morto pakistano" di cui ho tanto parlato in questo blog. 

E come quelle di Manto, queste poesie sono scritte in lingua urdu, e in questo volumetto tradotte per la prima volta in italiano (da Cecilia Bisogni, che ha anche scritto l'interessante introduzione che inquadra la vita e le opere di Kirhwar Naheed). 

Dopo aver assistito a soli sette anni agli orrori della Partizione, Kirhwar Naheed si trasferisce a Lahore nel 1949 insieme alla famiglia. Studia economia, ma sono i suoi interessi letterari a guidare le sue scelte di vita, nonostante l'opposizione della sua famiglia e di quella del marito. 


Le sue poesie sono, come scrive Mara Matta nella presentazione del libro, "la voce lirica, vibrante e temeraria di una donna che ha scelto di parlare per sé e, nell'utilizzare la parola come una spada, ha incalzato, combattuto e ferito una folta schiera di di benpensanti, bigotti e ottusi moralisti di regime". 

Di tutto questo abbiamo bisogno anche noi "in un momento difficile dove, come direbbe Arundhati Roy, abbiamo sempre più bisogno di un urlo ferino, o della potenza trasformatrice e della reale precisione della poesia".

Sono poesie che alcuni hanno definito "femministe", etichetta che Naheed ha sempre rifiutato: "non mi sono mai definita femminista, è stato il mondo a definire femminista la mia poesia".

Le poesie scelte in questa raccolta alternano la dimensione pubblica e quella privata, spesso in contraddizione fra loro in un Paese che non accetta pubblicamente ciò che nel privato si fa senza porsi grandi problemi. 

Alcune poesie sembrano voler rompere il purdah che separa gli uomini dalle donne e svelare tutta l'ipocrisia nei rapporti fra uomini e donne, anche all'interno della propria casa. 

Dentro te c'è un altro uomo 

Che ama un'altra donna oltre a me

Dentro a me c'è un'altra donna che ama un altro uomo oltre a te

Ci disgustiamo a vicenda 

E stiamo insieme sotto lo stesso tetto

Ma non sono (solo) poesie di denuncia: nei versi di Naheed convivono le molte sfaccettature di problemi complessi, che coinvolgono l'identità culturale a cui la poetessa appartiene. L'esperienza personale entra a pieno titolo nella sua poesia a testimoniare anche debolezze e fallimenti: è lei stessa la prima a essere vittima consapevole di una società che nega i diritti delle donne e che intraprende battaglie politiche sui loro corpi. 

In altre poesie Naheed denuncia l'ottusità di uno Stato reazionario e antidemocratico che vuole annientare chi la pensa diversamente: lo fa esplicitamente ma anche con metafore raffinate e potenti. 

Puniscimi

Perché ho scritto col mio sangue l'interpretazione dei sogni

Libro mutilato

Puniscimi

Perché ho dato vita per la purezza dei sogni di domani

Ho passato il tempo con coloro che sono nati nella grazia della notte

Puniscimi

Perché ho insegnato al boia il valore di spada e conoscenza 

Ho insegnato a chi comanda la dignità della penna

Sono tutte poesie molto potenti, caratterizzate da un linguaggio moderno che richiama però i simboli della poesia urdu e la musicalità dei ghazal, e che con le forme classiche si fonde per trovare nuovi mezzi espressivi. 

Per approfondire, qui trovate un'intervista all'autrice.

   


Kishwar Naheed,  Poesie scelte, Fuorilinea 2018
Traduzione di Cecilia Bisogni
72 pagg.,  13 

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