Il Bangladesh al di là del fiume

Taki è una piccola città indiana sull'Ichamati, il fiume che segna il confine fra India e Bangladesh.
In sé non ha vere e proprie attrazioni turistiche, ma visitarla con Pradeep, un pittore amico di Dhananjay, è stata un'esperienza memorabile, alla scoperta del busto di Chandra Ray (lo scienziato bengalese), del crematorio e dei chioschi di chai, della scuola dove tutti mi chiedono se per favore possiamo parlare per 5 minuti in inglese, delle barche di pescatori lungo il fiume.

Per poi addentrarci nei dintorni: rurali, verdissimi e poveri, dove piccoli tempietti dedicati a Kali e a Durga spuntano come funghi sotto gli altalenanti scrosci del monsone, e dove gli uomini si lavano nella fitta ragnatela di ruscelli che imprigiona e nutre la vegetazione. Per chi l'ha visto, sembra di essere dentro Pather Panchali, lo splendido film di Satyajit Ray (e per chi non l'ha visto, consiglierei di farlo - intanto mi sto leggendo il libro).

Per Pradeep questo luogo è particolarmente importante: è il suo villaggio natale e da qui si vede il Bangladesh, il paese da cui viene sua moglie. Sull'altra sponda ci sono i "fratelli" bangladeshi (fratelli, non cugini): parlano la stessa lingua, hanno le stesse tradizioni, per lui sono amici e vicini di casa.
Una volta all'anno aprono il confine invisibile che taglia per lungo il fiume, durante un festival religioso locale: il fiume si riempe di barche, indiani e bangladeshi festeggiano insieme, in barca, lungo il fiume. 

E' la prima volta nella mia vita che vedo il Bangladesh. Guardare ma non toccare, dal momento che l'ho solo salutato da lontano, al di là del fiume. Mi è rimasto il desiderio di conoscerlo meglio e, per iniziare, mi sono ripromessa di iniziare a leggere qualche scrittore che scrive da quella terra.

Per i miei amici di Calcutta la letteratura bengalese è una sola: il fatto che in mezzo ci sia un confine è solo un brutto scherzo della Storia. Penso agli scrittori in lingua bengali che conosco, come Mahasweta Devi, Buddhadeva Bose, Sunil Gangopadhyay, nati in quello che oggi è il Bangladesh e, prima o dopo, passati in India.
Mi chiedo però di cosa parlino, oggi, gli scrittori di Dacca e di quella terra fatta di fiumi e cielo, al di là di questo confine che la Partizione del 1947 ha creato e che la guerra di indipendenza del 1971 ha ancora una volta insanguinato.


Di Dacca racconta Amitav Ghosh nel suo bellissimo Le linee d'ombra: è una città del ricordo, della memoria. 
In italiano sono stati pubblicati i romanzi Come un diamante nel cielo di Shazia Omar e I giorni dell'amore e della guerra di Anam Tahmima.
Sono scrittrici che hanno studiato all'estero e che scrivono in inglese.
So della drammatica storia della scrittice Taslima Nasreen (e del suo romanzo Vergogna, tradotto anche in italiano), esule dal Bangladesh dopo gli attacchi e la condanna a morte da parte di fondamentalisti islamici.

Ho iniziato però questo viaggio con i racconti pubblicati in India di Killing the water di Mahmud Rahman, un autore nato a Dacca e poi emigrato negli Stati Uniti. 
Di questo libro interessante e sincero parlerò presto. Intanto resto affacciata a guardare quella sponda, un mondo ancora ignoto, ancora tutto da sognare.

Commenti

  1. Pieno d'atmosfera il tuo post. Io è da tanto che vorrei leggere questo libro, sempre sul Bangladesh:
    Stefania Ragusa, Bangladesh Inferno di delizie (Vallecchi editore). Stefania scrive: è un paese che non è «né bello né brutto, ma semplicemente doloroso». Oh, se potessi passare la vita a leggere e viaggiare ;-) un caro saluto, Silvia, e grazie per i tuoi bellissimi post che ogni volta mi riportano in India.

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  2. Grazie a te, Klara. Non conoscevo il libro di cui parli, grazie quindi due volte perché lo leggerò senz'altro.

    Un paese doloroso.
    Lungo il confine con l'India c'erano alcuni soldati a sorvegliare il confine, soldati (a prima vista e nei nostri confronti) dai modi molto gentili e sorridenti, che ci hanno fatto passare dove non dovevamo per vedere questo o quel tempietto. Erano lì a sorvegliare il contrabbando di merce umana di Bangladeshi che cercano di emigrare in India.

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  3. Ennesima dimostrazione di quanto i confini siano arbitrari.
    Tra gli scrittori che hai nominato vorrei tanto leggere Mahasweta Devi.

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  4. Mahasweta Devi è veramente brava. I suoi racconti sono duri, spietati e brutali, un po' come la realtà che cerca di rappresentare.

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  5. Affascinante questo giro di giostra in questa terra conosciuta, solo in parte, attraverso i nomi dei suoi scrittori...
    Non so molto sul Bangladesh, nè ci sono mai stata, sento però un'attrazione spontanea per le terre di confine, per le paludi e per le maree, le superfici piatte, i fiumi che le attraversano.
    So che ce ne parlerai presto e quindi aspetto volentieri le tue impressioni!
    A Calcutta però ci sono stata e mi è piaciuta molto: sa un pochino di Europa, ma credo che dovrei vedere di più e più a lungo. Chissà...

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  6. Il Bengala è uno solo, certo. Il fiume separa due terre che sono una, proprio come è accaduto per il Panjab e per il Kashmir. (Che gli dei stramaledicano la partition, aveva ragione il Mahatma, come sempre).
    Non solo le due letterature bengalesi sono una, ma il discorso vale anche per il cinema.
    Uno dei più eterodossi e originali cineasti indiani, Ritwik Ghatak, era bengalese, sì, ma di Dacca.
    Morì a Calcutta pieno di rimpianti (e di alcool).
    La partition ha ferito il cinema, la letteratura, e peggio, la sensibilità di un popolo costretto a essere due.

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  7. (Che gli dei stramaledicano la partition, aveva ragione il Mahatma, come sempre).

    Condivido quello che scrive Marco/Mille Orienti... Mahasweta Devi è una grande scrittrice, anche attivista per i diritti dei tribali. Ho letto molte sue opere (purtroppo in traduzione inglese) ed è chirurgica, incisiva, realista, scioccante.

    Vi riporto alcune sue affermazioni, anche se nn voglio rubare troppo spazio al blog di Silvia, ma credo interessino a tutti:

    "I think and I believe of my self as an Indian writer, not as a Bengali writer at all. I am proud of this. [...] An anger - luminous, burning, passionate - directed againts a system that has failed to liberate my people from these horrible constraints, is the only source of inspiration for all my writing"

    E ancora è stata la voce dell'altra India, quella dei tribali, dei naxaliti (non come vengono dipinti oggi dal governo indiano) delle mille rivolte. Grande scrittrice, insomma. Buona giornata a tutti :-)

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  8. Klara,
    non rubi spazio, anzi ben vengano qui tutte le discussioni che volete: scrivete, scrivete, scrivete!
    Anzi grazie mille per le righe di Mahasweta Devi, molto interessanti.
    Per chi volesse leggerla, sono stati pubblicati anche libri in italiano (per esempio, i racconti di "La preda" da Einuadi e "Invisibili" e la "Trilogia del seno" da Filema). Sono racconti durissimi, ma come dice lei da qualche parte, è la realtà delle popolazioni tribali a esserlo.


    Mi piacerebbe molto visitare sia il Bangladesh sia il Pakistan, questi pezzi d'India tagliati via, chissà quando verrà il momento giusto di varcare questi confini.

    Marco, cosa mi consigli di Ghatak?

    Elisa, a me la cosa che è piaciuta di più di Calcutta è stata la gente. Più di altre città indiane. Stando in periferia, ho passato molto tempo per le strade di periferia e sui mezzi pubblici, e forse per questo a me l'Europa è sembrata molto lontana!
    Mi piacciono le periferie delle città, sono come terre di confine, in cui però avviene spesso la vita "vera" della città, soprattutto quando sono dei quartieri che vivono di vita propria, come quelli di Calcutta.

    Ma è vero che la vita culturale di Calcutta rispecchia quelle di certe città europee, sono stata a qualche mostra di pittura e lì sì che l'Europa sembrava più vicina...

    Buona giornata a tutti!

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  9. Pakistan, a me piacerebbe tantissimo. I ghazal, l'urdu. Chissà quando sarà possibile.
    Di Bombay, ho amato e amo la periferia, dove ho vissuto dove ho intessuto la mia storia alle mille Bombay/Mumbai che spuntavano fuori ogni giorno. Scriverò ancora di Mahasweta Devi, allora. Grazie Silvia!

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  10. "There is the worst production of post-coloniality, the Indian who uses the alibis of Development to exploit the tribals and destroy their life-system" (Mahasweta Devi)

    Sempre Mahasweta Devi. La realtà dei tribali in India è un mondo interessante e agghiacciante, perchè vengono sistematicamente "cancellati" dalla loro stessa terra, e Mahesweta Devi è grande proprio perchè ha dato voce alla loro sofferenza, alla loro incredibilie saggezza e bellezza.

    Sempre a proposito di "tribal literature" (anche se qs definizione è impropria) segnalo a te Silvia e a tutti i tuoi lettori quest'antologia.

    "Painted Words: an Anthology of Tribal Literature" a cura di G. N. Devy (2002) New Delhi: Penguin India.

    Peccato essere tutti sparsi per il mondo e non potersi scambiare i libri, sarebbe bellissimo creare una nostra biblioteca indiana itinerante!

    Buon sabato a tutti!

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  11. Ieri in libreria di Mahasweta Devi ho visto "The Queen of Jhansi", in inglese. Sono stata tentata di comprarlo, ma ero di fretta e sono passata oltre. Vale la pena? Il personaggio è tra i più interessanti della storia indiana.

    Riguardo alla biblioteca indiana itinerante... io sto cercando l'autobiografia di Kamala Das in inglese. Su amazon sembra di difficile reperibilità, sul catalogo dell'OPAC c'è solo, forse, in una biblioteca universitaria torinese. Cosa faccio, metto in moto i potenti mezzi (ironico) dell'università? Anche in italiano è fuori stampa, quindi se devo fare un prestito inter-bibliotecario tanto vale che me la procuri in inglese. Avete qualche suggerimento?

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  12. Che bel post e bei commenti!
    grazie a tutte/i
    vado subito a cercarmi Bangladesh Inferno di delizie e Trilogia del seno. I racconti de La preda li ho letti e sono molto interessanti.

    l tuo viaggio al di là del fiume è bellissimo Silvia e a proposito di fiume sto leggendo Fiume di fuoco di Qurratulain Hyder che avevo comprato dopo aver letto il tuo post di luglio. grazie è bellissimo.

    Un saluto,
    cris

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  13. Klara,
    grazie per l'indicazione del libro! Anche a me la definzione "letteratura tribale" mette un po' a disagio, come se non fosse letteratura, ma una cosa un po' di serie B.
    A proposito, di Mahasweta avevo scritto un post proprio nei primi mesi di vita del blog:
    http://indian-words.blogspot.com/2006/06/mahasweta-devi.html

    Eh, già, peccato di non poter scambiarci i libri e formare una biblioteca itinerante, sarebbe bellissimo! E anche fare qualche incontro di lettura ogni tanto non sarebbe male...

    Stefania, non l'ho letto "The Queen of Jhansi", ma sicuramente mi piacerebbe molto leggerlo! Se poi decidi, facci sapere.
    Io ho "La mia storia" in italiano nella mia libreria genovese... il che non è molto pratico. Dal catalogo bibliotecario sembra ci sia (in italiano) anche a Vicenza, magari il prestito interbibliotecario da Vicenza è più facile.

    Cristina,
    se ben ricordo, nella Trilogia del seno c'è un racconto che hai letto nella Preda (Draupadi, quello più forte di tutti).
    Mi fa un immenso piacere che tu stia leggendo Fiume di fuoco. E' stupendo!
    Poi dimmi le tue impressioni, ci tengo molto. Se puoi vuoi continuare con quel mondo urdu, ti suggerisco di proseguire con i racconti di Manto. Sono molto diversi rispetto al fiume: sono molto corti e incisivi nella loro brevità, ma hanno la stessa forza del Fiume in piena.

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  14. Draupadi è crudele, agghiacciante, ma purtroppo vero. Bella anche l'idea degli incontri di lettura... belle le ns idee! Buona giornata a tutti! :-)

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  15. Come da commento al tuo post più recente, provate Come un Diamante nel Cielo, di Shazia Omar, Metropoli d'Asia. E poi datemi un parere.

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  16. Ma certo, Andrea! Ce l'ho proprio qui che aspetta di essere letto. Poi ti/vi dico...

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