Dalla Russia all'India

Ovvero dalla steppa alle piantagioni di tè

La scorsa settimana sono andata a vedere Moni Ovadia al parco di Modena, dove ha portato il suo spettacolo La bella utopia, in cui parla della storia dell'Unione Sovietica.
Non mi sto a dilungare su quanto, dopo parecchi anni che lo seguo, lui sia sempre così bravo e convincente. Quello che volevo dire qua è che lo spettacolo mi ha riportato alla memoria tutte le mie letture russe, tutte le notti bianche passate a leggere Dostoevskij, Pasternak, Solženicyn, Majakovskij, Bulgakov, Evtushenko, nelle strade immaginarie di San Pietroburgo, nella gelida steppa russa, negli ospedali sovietici, nei Gulag staliniani, sotto la neve fradicia di marzo.

Ma cosa c'entra con l'India? In generale, niente. Però per me c'entra tantissimo, anche se in effetti ci rifletto solo ora.
Prima di diventare una fanatica di libri indiani, ero una fanatica di libri russi, allo stesso modo. Chissà, se allora fossero esisti i blog avrei potuto aprirne uno sui romanzi russi.
Poi, un giorno, di colpo, basta. Ho smesso con la Russia e ho attaccato con l'India, mi sono ritrovata in mezzo alle foreste di palme, sotto i monsoni, nella giungla tropicale, nelle brulicanti metropoli indiane. E' evidentemente un chiaro caso di schizofrenia e disturbo della personalità, ma penso che qualcosa in comune ci debba pur essere, fra questi due paesi a prima vista così diversi.

Se penso ai libri letti, in effetti, generalizzando un po', ci sono delle similitudini: in entrambi i casi ci sono dei tomi di migliaia di pagine, con tanti personaggi diversi ma spesso uno o due principali e fortissimi, trame arzigogolate e ricche di digressioni, gusto per la prolissità e l'attenzione al dettaglio anche più insignificante, discussioni esistenziali, dialoghi lunghissimi, una certa religiosità sempre presente.
Poi a pensarci, c'è anche qualche parallelo storico: mi viene in mente l'amicizia fra Tolstoj e Gandhi, punto di contatto fra due mondi apparentemente diversi in nome della non-violenza.
Ma ci deve essere anche qualcosa di più profondo.

Ora che Moni Ovadia mi ci ha fatto pensare, il passaggio di testimone fra Russia e India, è avvenuto in modo subdolo, di cui mi rendo conto solo ora.
Anni fa, subito dopo aver conosciuto per email Prem, un amico indiano che mi ha introdotto all'India e alla letteratura indiana (e non solo), lui mi mandò come esempio di scrittura “autenticamente indiana” la sua traduzione in inglese di un racconto in lingua Malayalam di Thomas Joseph, uno scrittore esordiente del Kerala.
Il racconto descriveva Raskol'nikov, il protagonista di Delitto e castigo, in un turbine metanarrativo, preso da visioni oniriche, nella casa della vecchia megera che stava per uccidere, in un dialogo con il suo creatore Fedor Dostojevski, perso a un tavolo da gioco d'azzardo, con l'ansia di dover finire il suo romanzo al più presto.
Era l'India, nelle sue prime parole che mi rivolgeva, che mi parlava di Dostoevskij, il mio scrittore preferito. Fantastico. Ma come faceva a saperlo?

Dimmi, personaggio, compagno, che cosa vuoi, la vita o la morte?” chiedeva Dostojevski alla fine del racconto al suo personaggio.

Forse è proprio questo: questo senso di vita e di morte che pervade le pagine dei racconti russi e di quelli indiani. Questo senso di morte.
Mi sa che nei prossimi giorni mi rileggo Dostoevskij.

Commenti

  1. Hai proprio ragione è lo stesso senso di vita e di morte che pervade le pagine dei racconti russi e di quelli indiani.

    Ora che lo hai scritto lo sento anche io, anche se i romanzi russi li ho letti 30 anni prima di quelli indiani! In mezzo tra i libri russi e i libri non occidentali che leggo adesso ho avuto una specie di ossessione per la letteratura giapponese!

    Ero stata nel 1986 in Giappone 3 mesi per lavoro e quando sono tornata per 10 anni non ho letto altro, o quasi.

    Bellissimo post!

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  2. Cara Cristina,
    grazie per il tuo commento, interessantissimo perche' anche io ho avuto un piccolo periodo giapponese, in contemporanea al russo, mi ero letta tutto Mishima
    (in realta' non e' che non abbia mai letto altro, oltre a Russia e India, ma diciamo che ora leggo al 60% libri indiani e per l'altro 40% il resto del mondo, cosi' era per i russi).
    Ma ora sono in Cina e sono un po' di fretta, quando torno approfondiamo: mi dovrai raccontare del tuo periodo trascorso in Giappone!
    Un abbraccio.

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