Ritratto del funzionario indiano da giovane

di Chatterjee Upamanyu

Il titolo di joyciana memoria di questo romanzo pubblicato con grande successo in India nel 1988 è tutto italiano: quello originale era English, August.

Di joyciana memoria, non so quanto consapevolmente, sono anche il lato autobiografico della storia e la disarmante sincerità di certe affermazioni (in terza persona ma molto soggettive) del protagonista nel bel mezzo di un ambiente ostile che offre solo la fuga come possibile soluzione.
Ma qui altro che artista, il giovane in questione è un tirocinante della diabolica macchina amministrativa indiana, svogliato ed eternamente annoiato.


Agastya Sen infatti è un venticinquenne bengalese di buona famiglia appena laureato in letteratura inglese che entra a far parte dell'Indian Administration Service (Ias): lavoro sicuro, indubbi privilegi e cazzeggio assicurato, da vero fannullone dedito all'ozio e al vizio fra la burocrazia della pubblica ammistrazione. 

Unico prezzo da pagare è quello di essere spedito a Madna per il tirocinio, una città immaginaria nel profondo Sud, uno squallido avamposto del progresso in mezzo a un mondo rurale, tribale e arretrato, fatto di goffi tentativi di urbanizzazione e di sviluppo malriuscito ("ci deve essere qualcosa di sbagliato nello sviluppo, se crea dei posti come Madna", dice un funzionario al nostro protagonista).

Agastya, August per gli amici, detto talvolta anche English, è abituato vivere nelle grandi città come Delhi e Calcutta in un mix di cultura bengalese e americana (i suoi amici hanno studiato a Yale), e in quel di Madna trova invece un caldo infernale e insopportabile, una stanza infestata da zanzare, una lingua incomprensibile, una popolazione che ha l'abitudine di defecare lungo strada, statue e arredi di pessimo gusto, merda di bufalo che schizza addosso ai passanti,  acqua infetta che chissà se il suo cuoco fa bollire veramente, cibo immangiabile, e una totale mancanza di senso.

Insomma, proprio quelle "Tenebre" della Tigre bianca (anche se un po' più a sud), di cui scriverà Aravind Adiga 20 anni dopo vincendo il Booker Prize. Ma tutto questo cuore di tenebra rimane sullo sfondo: questo non è un romanzo che parla di quel mondo, ma di un giovane anni Ottanta che in quel mondo si ritrova, senza saperne né capirne niente, lontanissimo da ogni forma di "integrazione nazionale" che dovrebbe rappresentare. 

I suoi contatti umani sono infatti quasi esclusivamente con altri membri dell'Ias, capi della polizia, vignettisti, altri come lui finiti in quella fogna di Madna/madness, altri mediocri dediti a cene di società, incontri al Club, picnic e bottiglie di whisky.
D'altra parte il lavoro non lo impegna più di tanto e la cosa più difficile è individuare al volo lo spazio da firmare sulle centinaia di scartoffie incomprensibili. 

August allora sprofonda nel buio della sua camera con tutte le finestre chiuse per lasciar fuori il calore e il mondo esterno, a rollarsi una canna dopo l'altra, a masturbarsi, a leggere le meditazioni di Marco Aurelio, a fare ginnastica e jogging notturno e a fissare il soffitto. Perché, come lui dice, "non c'è molto altro da fare". 

Per descrivere questo senso di noia, questa mancanza di interesse, questa visione di un futuro che è solo "un prevedibile prolungamento del presente", insomma questo niente, 350 pagine potrebbero sembrare molte, ma c'è da dire che il romanzo è ricco di episodi divertenti, personaggi vivaci e il tono cinico, irriverente e sarcastico lo rendono una lettura molto spassosa, anche grazie a un intelligente mix linguistico. 

Tanto per dare un'idea del tono, della filosofia di vita di August e anche per permettervi di accertare se  questo libro faccia per voi (anche se, giuro, non è che sia proprio tutto così), ecco un esempio:
"forse la sua mente avrebbe alla fine capito che la sua agitazione era solo un segno di immaturità, un inconveniente della crescita inevitabile quanto la prima eiaculazione involontaria, universale come gli escrementi, e quasi altrettanto degna di nota."

Vista la grande popolarità in India (ne è anche stato tratto un film), che fra l'altro consentì all'autore di smettere di lavorare come funzionario dell'Ias per fare lo scrittore a tempo pieno, ero sorpresa che nessuno lo avesse ancora tradotto in italiano. Ora eccolo qua, altro simpatico e intelligente tassello fra le nostre letture indiane. 

Commenti

  1. Chissà perché a leggere il titolo italiano non mi ispirava per niente. Non mi piace per niente quando ci si prende queste libertà, specialmente quando non ce n'è motivo. Che male c'era nel lasciare il titolo "English, August"? E' vero, sono parole inglesi ma comprensibili, credo, ormai da tutti gli italiani (o almeno da quelli che comprerebbero questo libro). Ritratto del funzionario da giovane lo potevano mettere come sottotitolo...

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  2. Neanche io avrei cambiato il titolo, (anche perché è così famoso e rinomato), ma capisco che potrebbe non dare l'idea di che cosa parla in realtá il libro.
    Anche i francesi comunque non sono stati da meno, l'hanno intitolato "Les après-midi d'un fonctionnaire très déjanté".

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  3. Secondo me c'è una visione un po' miope, banale, di queste case editrici italiane (ma non solo), per cui s'illudono che la gente non conosca (o non abbia gli strumenti per conoscere) a monte un libro nella sua versione originale, il suo autore, la storia dell'autore, ecc.

    Invece ora c'è internet.
    La gente legge articoli, anche in lingua originale, legge libri in lingua originale, si scambia informazioni attraverso blogs e social network.

    Non siamo più nell'epoca in cui si italianizzavano anche i nomi propri!!!!!

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  4. Ciao a tutti,
    scusate se mi intrufulo nella discussione sul titolo (ma prima di palare del titolo: il post mi ha molto invogliato a leggerlo, grazie della recensione!).
    Sono d'accordo che e' veramente brutto cambiare un titolo rispetto alla versione originale (ma non sottopongono il titolo comunque all'autore?).
    In questo caso devo ammettere pero' che quando l'ho visto in libreria, e' stato proprio il titolo "Ritratto del ..." a incuriosismi e a farmi poi venire a cercare in questo blog se Silvia lo aveva gia' letto.
    Penso che se il titolo fosse stato English, August probabilmente non lo avrei neanche notato, perche', nonostante la popolarita' in India, da noi non e' conosciuto (o almeno io non ne avevo sentito parlare!).
    Forse sono la lettrice ignorante a cui si rivolgono appunto le case editrici... ma non sono proprio cosi' tanto ignorante, giuro!

    Consideriamo anche che in Italia si legge veramente poco e che non deve essere facile fare delle proposte editoriali "coraggiose".

    Insomma, hanno fatto male a cambiarlo dal punto di vista filologico, ma dal punto di vista del marketing hanno avuto ragione, almeno in un caso, nel mio! :)))

    ciao (comunque ora vado a leggerlo!)
    Vale

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  5. rimango della mia idea, i libri non sono patate....nel quale caso mettiamo sopra quelle dall'aspetto migliore per invogliare il passante distratto che non si sofferma a guardarle attentamente, prenderle in mano, sentirne la consistenza....

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  6. @Valentina: Il motivo che ti ha fatto prendere in mano il libro è forse (e in parte) il fatto che il titolo richiama il titolo del famoso libro di Joyce (e le mille versioni di quel titolo che ne sono state fatte). Perciò certo non puoi essere considerata ignorante.
    Tra l'altro neanch'io conoscevo quest'autore, sebbene (dice Silvia) sia famoso in India. Io, a differenza tua, avrei preso in mano più volentieri un libro intiltolato "English, August" che uno intitolato "Ritratto del funzionaria indiano da giovane", quindi la cosa è molto soggettiva.

    @Jaska: Bella la metafora delle patate! Purtroppo però per quelli che lavorano nel campo dell'editoria credo che i libri siano proprio patate... (però la metafora funzionerebbe meglio con le mele, perché le patate vengono spesse vendute a sacchi!)

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  7. Ciao Jaska, grazie per i tuoi commenti e ben arrivato in questo blog!

    Vedo che ci sono idee discordanti sul titolo: a Stefania non è piaciuto particolarmente, mentre a Valentina è piaciuto più di quello originale.
    Io sarei sempre propensa a considerare come prioritario l'aspetto "filologico" (e quindi a usare il titolo originale, anche se quello italiano in questo caso non mi dispiace troppo).
    Fra l'altro in questo caso l'aspetto "di marketing" ha funzionato per una di voi ma non per l'altra, quindi non è neanche detto che sia stata una scelta univocamente vincente.
    Comunque sarebbe interessante sapere come è venuto fuori il titolo!

    Per quanto riguarda l'aspetto commerciale dell'editoria, sì, i libri non sono patate, e neanche mele... :)
    Penso che in giro ci siano i lettori più disparati, chi legge un po' di tutto, chi legge solo polizieschi o simili, chi invece si documenta sul web e dà valore alla qualità della traduzione (penso che questi siano comunque una minoranza...).
    Penso che le case editrici debbano tener conto di tutti (non è facile...).

    Io nell'editoria ci lavoro (anche se non mi occupo di libri di narrativa) e devo dire che lavorandoci si perde sicuramente un po' della sacralità del libro e si ha più consapevolezza dei risvolti economici e anche di quanto costa "fare" un libro (almeno quelli fatti bene e non in una notte di lavoro!) anche in termini di lavoro umano, il che alla fine te lo fa anche apprezzare molto di più nei minini dettagli.

    Per me i libri non mai diventati sono patate, sono invece la mia fonte di nutrimento spirituale e culturale, ma so benissimo che per poter continuare a farli bisogna anche venderli.

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  8. Ciao a tutti, lo leggerò in traduzione. Io avevo fatto una scheda anni fa qualche casa editrice, ma mi sembrava difficile traghettarlo in italiano.

    Comunque sui titoli ci lavorano espertoni di marketing e ci piaccia o no - io faccio la traduttrice e lavoro con vari editori di narrativa da vent'anni - i titoli li scelgono loro. Ogni tanto chiedono consiglio a noi traduttori, ma poi non sempre ci ascoltano. Io ormai non ci bado più di tanto, mi concentro sul contenuto, però capisco i dubbi e le argomentazioni. Non patate, ma business is business.

    Grazie e buon lavoro

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  9. @Gioia: grazie per il chiarimento.
    Tu sei la traduttrice di Tishani Doshi!! (E di chissà quanti altri autori)

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  10. Ciao Silvia, e grazie per i bei post! Sei così preziosa :-) io comprai "English, August" più di dieci anni fa in India e preparai scheda di presentazione e contattai vari editori, senza ricevere risposta. I titoli, purtroppo, non li scegliamo quasi mai noi traduttori, e spesso gli editor manco ci ascoltano. Al di là delle logiche commerciali, credo che sia anche una questione di sensibilità. Il traduttore, al di là di tutto, scava dentro l'anima o la pancia del libro che traduce... Ma non voglio addentrarmi in discorsi prolissi o noiosi. Leggere è una funzione vitale per molti di noi, e forse è questo che ci accomuna. Buone cose!

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  11. Ciao Gioia e Klara,
    fra l'altro, se lo rileggete in italiano, la traduzione (di Chiara Gabutti) è ottima.
    Io ho pensato che abbiano deciso di pubblicarlo ora dopo anni e anni visto il recente interesse nei confronti degli autori indiani (ancora devo capire se è sincero interesse o se è una moda... ma forse poi è la stessa cosa...)

    Stefania: probabilmente con Gioia vi siete anche viste a Venezia a Incroci di civiltà!

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  12. Nooo ci siamo viste?
    comunque lo leggerò perché la Gabutti è proprio brava.
    Di sicuro è stato pubblicato quest'anno in vista del salone, e in pochissimi mesi (me l'avevano offerto a dicembre o qualcosa del genere), quindi temo che chiara abbia dovuto fare anche una corsa.
    Stessa cosa è successa a Piccolo soldato di Dio (che non ho tradotto io). buona giornata.

    Gioia

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  13. Sì, ho sentito la storia di Piccolo soldato di Dio, che è stato fatto giusto in tempo per il Salone (e che ancora non ho letto nonostante la contagiante simpatia di Kiran).

    E fra l'altro, io English August al Salone non l'ho minimamente visto, me ne sono accorta solo dopo che era stato pubblicato!

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  14. Al di la' del titolo devo dire che a me è piaciuto molto ... il ritmo sonnolento di questa provincia sperduta nel Sud dell' India, dove nulla appare attraente al protagonista e forse ai lettori. Pure l' indecisione di Agastya mi sembra un tema molto attuale, non solo in India. La prosa restituisce il clima afoso di Madna e l' indolenza del protagonista e di tutti gli impiegati della IAS ed è perfetta per il romanzo. L' ironia latente ed efficace.
    Chiaramente per un malato dell' India come me, anche Madna è attraente.

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  15. Ciao Graziano,
    ti rispondo al ritorno dall'India (devo ancora disfare lo zaino...), già malinconica per la distanza.

    Madna ha il suo fascino tutto indiano (ma per un anno avrei problemi a starci), così come l'indolenza di Agastya ha tutto il sapore globale del giovane indeciso e insoddisfatto.
    Per fortuna l'ironia resta sempre una delle armi migliori, a Madna come a Delhi, come a Bologna (solo perché ora sono a Bologna...).

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  16. Siamo un gruppo di volontari e di partenza una nuova iniziativa in una comunità. Il tuo blog ci ha fornito preziose informazioni su cui lavorare. Avete fatto un lavoro meraviglioso!

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