Un blog sull'Indian Writing in English

Ovvero l'IWE indegnamente scopiazzato da un altro blog

Eccomi allora qui con il riassunto del blog sull'Indian Writing in English.

1. Che cos'è l'IWE?
"Qualsiasi testo di tipo letterario e non saggistico in lingua inglese scritto da un autore abbastanza indiano (sufficientemente famoso, non il racconto nel cassetto)."
Su quell'abbastanza indiano nascono molti problemi: indiano che vive in India, che è nato in India, indiano di nazionalità, indiano di origini? Diciamo "culturalmente" indiano (e così il problema non solo è spostato, ma peggiorato).

2. Ha senso l'IWE?
Ha senso discutere sul senso dell'IWE perché l'IWE potrebbe non avere senso. Chi sa scrivere in inglese in India è un'elite, lontanissima dalla vita del miliardo di indiani.
Come può quindi pensare di rappresentare l'India, per esempio facendo parlare i propri personaggi in inglese quando loro parlerebbero in hindi o in tamil?
Ma nella letteratura c'è sempre il tacito accordo fra lettore e scrittore che quello che si scrive e si legge non è tutto vero, che è un sogno. Quindi, l'IWE è un sogno dentro un sogno, una bolla dentro un'altra bolla. Ha senso?

3. Lingue locali contro inglese
Non c'è niente da fare: chi scrive in hindi, tamil ecc ecc è per definizione più vicino alla gente dell'India. Scrive nella lingua che parlano i suoi personaggi. Eppure non ha rilevanza nè nazionale (in India, al di fuori del suo stato) tantomeno internazionale.
C'è poi chi dice (tipo Rushdie, non l'ultimo arrivato) che la produzione letteraria in inglese è molto meglio di quella nelle lingue locali.
Il divario resta: più autentico, meno successo. Meno autentico, best-seller internazionale.

4. Autore che vive in India contro autore che vive all'estero
Nell'ambito di chi scrive in inglese, lo stesso discorso di chi è più indiano si pone fra chi in India ci vive e chi invece è un NRI (Non Resident Indian, anche qui le sigle impazzano!), ovvero vive all'estero.
L'autore NRI tende a esotocizzare, ovvero a parlare apposta di manghi e spezie per dare il gusto dell'esotico al lettore occidentale (ma per esempio Ghosh si salva, perché descrive sì dettagliatamente scene indiane, ma non allo scopo di esoticizzare bensì di localizzare precesamente una scena).
L'autore che risiede in India, invece è più portato ad essere autentico.

5. La faccenda dell'autenticità
L'IWE non è in grado di descrivere l'India, perché non può, per la sua stessa natura, descrivere la vita di un contadino indiano.
Potrebbe essere autentico solo nella sua descrizione di un'elite.
Quindi, è autentico l'IWE? Sì, ma solo nel suo limitato "setting".

- Fine del riassunto. -

E ora dico la mia opinone. Non mi piacciono le etichette letterarie (e anche quelle non letterarie - le uniche etichette che mi piacciono sono quelle che metto ai post di questo blog...) e quindi abolirei l'etichetta di IWE.
Penso che nessun pezzo di letteratura si possa dire autentico, se no sarebbe un articolo di giornale o un saggio, non sarebbe più letteratura. Come dice lui, è tutto un sogno. Che poi sia un sogno dentro un sogno, sempre un sogno è. E poi nessun contadino, indiano o no, ha mai scritto della sua condizione di contadino: da che mondo e mondo gli scrittori della letteratura mondiale sono sempre stati un'elite.

Sul fatto poi che gli scrittori IWE fanno parlare in inglese personaggi che nella vita reale mai parlerebbero in inglese, ho riflettuto che in effetti nelle varie letterature mondiali i personaggi parlano spesso (circa) nella stessa lingua in cui l'autore scrive, ma la lingua letteraria scritta è lontanissima dalla lingua realmente parlata dai personaggi. (Nella letteratuta italiana, poi questo è evidente ancora di più, con la faccenda dell'italiano scritto e dei dialetti parlati.)

Ma di controesempi ce ne sono tanti. Hemingway fa parlare gli spagnoli in inglese.
E poi, un controesempio illustre: Shakespeare scrive di re danesi, ebrei veneziani, imperatori romani, che notoriamente non parlavano in inglese. Forse ha ragione lui: Shakespeare non era per niente autentico, anche lui esoticizzava, ma Amleto, nella sua non-autenticità, rimane un capolavoro della letteratura mondiale.

Detto ciò (che quindi giustifica e assolve l'IWE, per quanto mi riguarda), io invece poi simpatizzo con gli scrittori nelle lingue indiane. Anzi, è questo lo scopo occulto del blog e mi riprometto di parlarne ampiamente più avanti per quel poco che ho so.
Ora però, in questo venerdì sera che sta diventando notte, invece scrivo a Paritosh: devo fargli tutte le domande che mi sono appuntata...

Commenti

  1. bell'approfondimento!

    posso fare una domanda?! una richiesta direi?

    nomi e cognomi

    perdona la mia ignoranza, leggendo - purtroppo!!! - solo in italiano, sono 'gnurante delle lingue originali.

    grazie

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  2. Intendi nomi e cognomi di autori in lingue indiane?
    Per il momento ti segnalo qualcosa tradotto in italiano e che puoi facilmente trovare in giro.

    Hindi: Alka Saraogi (per esempio Bypass al cuore di Calcutta)
    Bengali: Mahasweta Devi (La preda)
    Malayalam: Vaikom Muhammad Basheer (Mio nonno aveva un elefante).

    Comunque ti prometto che non mancherò di scrivere di loro e di altri!

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  3. :)
    grassie!

    ora sono presa dall'onda giappone, mi sento in dovere di informarmi un po'... ma solo un po'! :)
    a presto

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  4. Giappone che bello!
    Poi mi dovrai raccontare...
    Io sono (o meglio ero, perché ormai ho letto quasi tutto ciò che ha scritto!) una entusiasta lettrice di Mishima.
    Comunque, tornando in India, come vedi mi sono data da fare: ora trovi un post su Alka Saraogi!

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  5. People should read this.

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