The Story of my Experiments with Truth

di Mohandas K. Gandhi

La mia autobiografia preferita

Proprio ieri ho risposto a un commento su Shantaram dicendo che non mi piacciono le autobiografie. Bene, mi contraddico subito. Dopo aver rivisto alcune scene del film su Gandhi, ho ripreso fra le mani la sua autobiografia, letta un bel po' di anni fa, e ho riassaporato il gusto delle sue parole.

Il titolo italiano è "La mia vita per la libertà", ma Gandhi aveva invece scritto una cosa profondamente diversa: "La storia dei miei esperimenti con la Verità". Tutto un'altra cosa, considerando che per Gandhi la Verità era Dio.


Gandhi la scrisse in gujarati, la sua lingua madre, negli anni Venti del Novecento, raccontando della sua infanzia, dei suoi studi in Inghilterra, della sua attività in Sud Africa e poi in India. Più che il racconto della sua attività politica e delle sue battaglie civili, quello che mi aveva impressionato erano proprio i suoi esperimenti con la Verità.

In questi esperimenti c'è sicuramente molto di quella pratica non-violenta di cui è diventato simbolo (esperimenti su se stesso nei periodi del carcere, nei digiuni, nella resistenza passiva, nel boicottaggio, nella dignità estrema e nel coraggio).

Ma sono gli esperimenti di rinuncia agli aspetti materiali dell'esistenza che mi hanno colpito ancora di più. Che poi per Gandhi erano forse un tutt'uno, in quanto non voleva costruire solo l'indipendenza politica dall'Inghilterra, ma una libertà più ampia, generale, profonda, spirituale.

Gandhi racconta di tutte le sue rinunce: a ogni tipo di comodità, al cibo come vizio se usato per soddisfare il palato e non la fame (in realtà, rinuncia quasi del tutto al cibo), all'attaccamento alle cose materiali, alla sessualità con il suo voto di castità.
Rinuncia anche, rifiutandoli, al progresso, alla scienza, alla medicina.

A tratti può addirittura apparire un fanatico, nel suo più rifiuto totale di compromessi, nella sua inflessibilità. Sul vegetarismo riuscirebbe a far sentire in colpa il vegano più convinto (a un certo punto si nutriva esclusivamente di frutta secca oppure digiunava) ed è impressionante quanto posto la questione dell'alimentazione, territorio ideale per i suoi esperimenti, occupi nei suoi scritti.

Leggendo di questi suoi esperimenti, si arriva a pensare a Gandhi come un uomo al di fuori del mondo, una creatura eccezionale ma impossibile da prender come esempio, se non addirittura dannosa per certi suoi comportamenti.

Ma ora, rileggendo, ritrovo quella determinazione estrema, quei rifiuti incondizionati, quella testardaggine inconciliante che, seppur lontanissimi dalla mia stessa vita quotidiana, mi infondono forza e speranza.

Commenti

  1. ...come si possa fare a rinunciare al gusto del cibo mi è proprio oscuro :)

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  2. Capisco perfettamente la tua perplessità, ma quando si parla di Verità suprema...
    :)

    Pensa che quando leggevo di questi digiuni, di questi voti continui in cui ogni volta c'era un alimento nuovo da eliminare dalla dieta, abitavo con un cuoco che ogni sera si divertiva anche a casa a prepare elaboratissimi banchetti... anche da questo contrasto pensavo che lo stile di vita proposto da Gandhi non fosse applicabile ai comuni mortali...

    D'altra parte il digiuno è una pratica religiosa comune a molte culture, evidentemente il senso sta proprio nel riuscire a rinunciare a uno degli istinti più primordiali, a una delle attività più piacevoli e anche più naturali dell'uomo!

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  3. Oggi 2 ottobre è il giorno del suo compleanno e anche la giornata internazionale della "non violenza".
    In India è festa Nazionale.

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  4. Buon compleanno Gandhi (in ritardo)!
    In effetti ieri volevo scrivere qualcosa, ma ieri sera mi hanno "requisito" il computer!

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  5. comunque - per quelle pochissime volte che mi è capitato - ho verificato che a pancia vuota si pensa meglio, le energie sono tutte nei pensieri :)
    ovvio che non deve essere una sofferenza della fame, ma una volontà :)

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  6. Sembrerebbe proprio così, che a pancia vuota si pensa meglio (dico sembrerebbe perché io non ho mai fatto questi esperimenti...).
    Trasformare un disagio in una volontà (della serie "facciamoci del male") non è mai facile, eppure forse sta proprio tutto lì... "basterebbe" saperlo fare.

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